Dal noir classico al post noir: La fiamma del peccato e Brivido caldo
14/12/2023
Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo questo contributo di Martina Cossia Castiglioni, realizzato a seguito del corso dedicato al Noir tra la storia dei generi che abbiamo toccato.

Nel 1944 esce nelle sale uno dei più celebri noir del cinema americano, Double indemnity (in Italia La fiamma del peccato) di Billy Wilder, tratto dall’omonimo romanzo di James M. Cain. La sceneggiatura è firmata dallo stesso regista e dallo scrittore Raymond Chandler. Troviamo nel film tutti gli stilemi del genere noir, sia da un punto di vista estetico sia narrativo: molte scene notturne, giochi di luce e ombre che sembrano riflettere l’animo dei personaggi, una dark lady, Phyllis Dietrichson, (Barbara Stanwyck). Di lei si innamora l’assicuratore Walter Neff (Fred MacMurray), e insieme uccideranno il marito per intascare i soldi di una polizza. 

Non c’è un investigatore alla Philip Marlowe ma un personaggio con un ruolo molto simile, Barton Keyes (Edward G. Robinson), collega di Neff, il più rigoroso e onesto della compagnia assicurativa. Sarà il primo a capire in che modo la vedova e il suo complice hanno ucciso il marito. Ed è proprio a Keyes che Walter si confessa attraverso un dittafono. Come spesso accade nel cinema noir, infatti, la storia inizia dalla fine: ferito a una spalla, l’uomo rievoca l’accaduto in una sorta di lungo flash back.      

Quasi 40 anni dopo la pellicola di Wilder, nel 1981, esce Body Heat (Brivido caldo) di Lawrence Kasdan. Nato come sceneggiatore (L’Impero colpisce ancora, I predatori dell’arca perduta), Kasdan è qui al suo esordio come regista. Il film mescola il noir con l’erotismo (che nel cinema classico non veniva mai mostrato esplicitamente) e con elementi più legati al thriller. In questo senso l’ossimoro del titolo italiano, Brivido caldo, funziona piuttosto bene.

In una delle prime sequenze della pellicola il protagonista, l’avvocato Ned Racine (William Hurt), osserva dalla finestra della sua casa il fumo di un incendio lontano, quasi un presagio del fuoco della passione che presto lo travolgerà. Ma il calore, nel film, non è soltanto metafora del trasporto fisico: è anche un elemento concreto, quasi tangibile per lo spettatore, perché l’azione si svolge durante una torrida estate in Florida. 

Ned incontra presto la sua femme fatale, Matty Walker (Kathleen Turner, al suo esordio cinematografico). Una dark lady che compare (in gonna e camicetta) tutta vestita di bianco, colore simbolo di purezza, qui solo illusoria. Indosserà un abito nero molto più avanti, nel film, perché è diventata vedova, certo; ma è in quel momento che Ned scoprirà che Matty gli ha nascosto un particolare importante, un nuovo testamento che viene annullato per un difetto di forma, consentendole di avere l’intera l’eredità. Da questo istante in poi l’uomo inizia a diffidare di lei, fino a scoprirne tutti i lati oscuri. 

Mentre Billy Wilder indica sin dai titoli di testa di essersi ispirato al romanzo di James M. Cain per il suo film (oltre ad averne seguito la trama con una certa fedeltà), Kasdan non ha mai parlato di Double indemnity come possibile fonte letteraria di Brivido caldo.

Lo schema è molto simile: una donna infelicemente sposata, un amante (là un assicuratore, qui un mediocre avvocato), il marito, e un omicidio. È probabile che Kasdan abbia letto il libro, e di certo deve aver visto (e amato) La fiamma del peccato. E non sono pochi i cortocircuiti tra le due pellicole.

Phyllis Dietrichson compariva per la prima volta allo sguardo di Walter Neff avvolta in un asciugamano bianco. 

In Body heat, Ned Racine ha due amici, l’avvocato avvocato Peter Lowenstein (Ted Danson) e il detective della polizia Oscar Grace (J.A. Preston). Quest’ultimo è assimilabile al personaggio di Keyes de La fiamma del peccato, col quale ha in comune il rigore e il senso della giustizia. Oscar mette in guardia Ned, sospettando che sia coinvolto nel delitto, ma continua comunque a indagare perché, come dirà Lowestein: «Oscar vuole fare una sola cosa: la cosa giusta». 

Nel film di Billy Wilder un possibile testimone, il signor Jackson (che ha incontrato il presunto assassino sul treno) viene convocato da Keyes nel suo ufficio, in presenza di Neff. Nonostante gli sembri di averlo già visto da qualche parte, l’uomo non riconosce in Walter il falso Dietrichson.

In Brivido caldo, la nipotina del marito di Matty sorprende la zia con l’amante sulla veranda in un momento di intimità. Quando viene convocata con la madre nell’ufficio del procuratore, Ned le si avvicina per parlarle, e la bambina non lo riconosce.

Ne La fiamma del peccato i giochi di luci e ombre (tipici del noir) sono realizzati grazie alla fotografia di John Seitz. L’espediente delle strisce di luce che filtrano attraverso le veneziane è usato molto spesso, quasi a suggerire la presenza di sbarre che intrappolano i personaggi come in una prigione. 

Anche in Brivido caldo ci sono le veneziane, e scene notturne, e ombre sulle pareti della casa dei Walker, sui volti dei personaggi. In un momento del film, in una sequenza dal sapore hitchcokiano, Matty emerge dal buio di una stanza come fosse avvolta da una nebbia. E per la prima volta la donna e Ned cominciano a parlare di un futuro senza il marito di lei. Matty sembra svelare infine la sua vera natura.  

Perché questa pellicola e quella di Billy Wilder sfiorano il tema del doppio, dello scambio di identità: nella messa in scena che segue il delitto, Walter Neff finge di essere Dietrichson, e Matty Walker, lo scopriamo nel colpo di scena finale, non è la persona che dice di essere.

Un ultimo elemento sembra accomunare i due film. Phyllis spara a Neff alla spalla, ma non riesce a premere il grilletto una seconda volta. Per un attimo, dice, ha sentito di essere davvero innamorata di lui.

Matty porterà fino in fondo il suo piano, senza farsi scrupoli. Eppure nella sequenza finale, mentre prende il sole su una sdraio in un’isola tropicale, il suo sguardo è malinconico. Forse rimpiange Ned. Ma nel noir per i personaggi è impossibile ritrovare l’innocenza perduta.   


Martina Cossia Castiglioni

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