Cina protagonista con l'azione mozzafiato di Cliff Walkers e The Eighth Hundred

"Andrà tutto bene una volta che il sole si sarà alzato". Parole e musica del maestro Zhang Yimou e del suo Cliff Walkers, film d'apertura della ventitreesima edizione del Far East Film Festival. E il sole sembra essere finalmente sorto per l'esercito dei fareasters, accorsi a Udine dopo un anno sabbatico passato a sudare sul divano di casa, rinfrescandosi a colpi di ventilatore e "refreshando" lo streaming di MyMovies. Una ventata d'aria fresca il ritorno del festival di cinema asiatico più importante, così come fresca è stata la brezza che ha premiato, nell'arena all'aperto di un cinema Visionario nuovo di zecca, il pubblico che ha sfidato un meteo minacciosamente sul punto di rovinare una serata attesa per ben 26 mesi.

Dalla pioggia scampata dagli spettatori si passa in un attimo alla neve del Manchukuo, stato fantoccio creato in Cina dagli invasori giapponesi agli inizi degli anni Trenta. E' qui che facciamo la conoscenza delle quattro spie del PCC protagoniste di Cliff Walkers, ambiziosa prima incursione di Zhang Yimou nei territori del film di spionaggio. Zhang, Chuliang, Yu e Lan (che ha lo straordinario viso da bambina di Liu Hacoun, anima del film), sono appena rientrati dall'addestramento in Unione Sovietica e piombati - letteralmente - nelle foreste del Manchukuo. La missione Utrennya ("alba" in russo) consiste nel far evadere dallo stato un superstite dei campi di tortura giapponese; ma i collaborazionisti vengono a conoscenza del piano, rendendo la missione estremamente pericolosa e complicata. Cliff Walkers è un film teso e dal ritmo frenetico, che ha poco da invidiare in termini di azione ai coloratissimi wuxia del regista (Hero e La foresta dei pugnali volanti in particolare). Qui però la ricchezza cromatica dei film precedenti cede il passo a una prevalenza di bianco (la neve che cade incessantemente), nero e soprattutto grigio. Tutti i protagonisti (spie, collaborazionisti, agenti) sono vestiti in maniera pressoché identica, rafforzando la confusione tra ruoli e il triplo gioco di tradimenti e inganni che caratterizza il film dal primo minuto. Ogni personaggio cerca in qualche modo di ingannare l'altro, usandolo per i suoi mezzi come un burattino: un po' come Charlot faceva danzare i panini con la forchetta ne La febbre dell'oro, film citato direttamente in una scena ambientata al cinema. Cliff Walkers è un film che si nutre di cinema, che cita i classici (oltre a Chaplin troviamo nel finale anche un omaggio a Il padrino) e omaggia i maestri (l'hitchcockiana scena del treno, l'inseguimento in macchina che guarda a Friedkin). Il tema del controllo è preponderante, ed è espresso formalmente da una predilezione per le inquadratura dall'alto. Contribuisce al successo di una spy story non sempre facile da seguire la splendida fotografia del fedelissimo Zhao Xiaoding e le musiche di Cho Young-wook. Ma è Yimou il vero fuoriclasse, non solo nel dirigere i bravissimi attori e le complicate scene d'azione, ma anche nell'evitare le trappole della propaganda: sebbene il film sia dedicato "agli eroi della Rivoluzione" Cliff Walkers non è un film di patrioti, ma di persone addestrate a essere macchine che commettono errori nel momento in cui lasciano prevalere la propria umanità.

Propaganda è invece il segno sotto cui nasce The Eighth Hundred, film bellico campione di incassi mondiale: ben 743 i milioni di dollari guadagnati al box office, più che sufficienti a rientrare dai faraonici costi di produzione (80 milioni). Il film, ambientato nel 1937 e girato completamente nello spettacolare formato IMAX, racconta la strenua resistenza di ottocento soldati cinesi (in realtà quattrocento, ma sono stati "raddoppiati" dalla propaganda di guerra) di un magazzino di armi in una Shanghai divisa tra l'assedio degli invasori giapponesi e la "safe zone" della concessione inglese. Le due zone sono divise dal fiume Suzhou, dalla cui sponda i civili assistono ai combattimenti. La missione suicida dei soldati cinesi, tra le cui fila si muovono diversi civili costretti ad arruolarsi praticamente per caso, è raccontata in maniera spettacolare: il regista Guan Hu gira scene di battaglia concitate con stile fluido, muovendo la macchina da presa in carrelli e panoramiche mozzafiato. Il film sembra esplodere fuori dallo schermo, non si ferma davanti a nessuna bruttura ed è capace persino di riflettere a modo suo sulla natura dello sguardo. Aldilà delle sbalorditive scene di combattimento colpisce infatti la teatralità della messa in scena: dal lato meridionale del fiume i civili assistono alla battaglia con binocoli, camere e quant'altro, facendo da tramite simbolico con gli spettatori della sala (spesso viene inquadrata una sala cinematografica). Sulla sponda inglese, luccicante e decadente, vanno in scena spettacoli teatrali, mentre sulla sponda settentrionale la gente muore. A differenza dei personaggi complessi di Yimou i protagonisti di The Eight Hundred acquistano valore solo nel momento in cui abbandonano la loro umanità per farsi martiri dello Stato: progressivamente i civili e i soldati per caso, all'inizio impauriti o confortati dalla sicurezza della Concessione, acquistano quel sentimento patriottico che li spinge ad abbandonare l'individualismo e ad abbracciare la causa della Cina oppressa dagli invasori. Giapponesi e inglesi sono rappresentati in maniera caricaturale: cattivissimi i primi e opportunisti i secondi. L'intento è quello di far risaltare il carattere e lo spirito di - letterale - sacrificio del popolo cinese. E la chiusura, con le immagini del magazzino nella Shanghai di oggi, vorrebbe spronare i "veri cinesi" a seguire l'esempio di chi è morto per difendere la patria. Uno squilibrio di contenuto e forma che penalizza il risultato finale, ma che non sottrae nulla in termini di puro spettacolo.

Quella di ieri è stata anche la giornata dell’Opening online per il FEFF che ha dato il via alla programmazione su MyMovies con la prima internazionale di Shock Wave 2 (Chaak Daahn Jyun Ga 2). Il film di Hong Kong firmato Herman Yau (On the Edge, Ip Man – The Final Fight, Shock Wave) si apre effettivamente con una fragorosa e devastante “onda d’urto”, salvo poi farci scoprire immediatamente che ciò che è appena accaduto è solo uno degli scenari possibili. Sono infatti immagini di distruzione di massa ad aprire l'ultimo blockbuster del regista incentrato sugli esperti artificieri di Hong Kong. Nel giro di un paio di minuti, la pellicola mostra l'aeroporto della città in preda al panico, investito da un treno in corsa e tempestivamente bombardato con armi nucleari, in una sequenza scioccante che illustra fin da subito il livello di minaccia rappresentato nel film. L’artificiere Poon (Andy Lau), dopo aver perso una gamba in azione, ha deciso di lasciare la polizia. Cinque anni dopo viene trovato in coma sul luogo di un attentato di cui diventa il sospettato principale. In una ripida e rapida girandola di colpi di scena Poon si trova a far fronte ai piani criminali di una setta terrorista di dinamitardi. Tra spropositate esplosioni, arditi twist narrativi e un non comune senso della tensione, Yau ci regala uno dei più divertenti action dell'anno.
Shock Wave 2 è il sequel tematico del film sugli artificieri realizzato da Herman Yau nel 2017, ma chi non l'avesse visto può avvicinarsi alla saga da uno qualunque dei due episodi: se è vero che anche in questo caso l’Explosive Ordnance Disposal Bureau (ufficio per l'eliminazione degli ordigni esplosivi) ha un ruolo di primo piano e alcuni degli attori ritornano, la trama è del tutto indipendente e i personaggi sono nuovi. Al di là delle scene d'azione, la sceneggiatura del film affronta il modo in cui un individuo, accecato dalla rabbia, può arrivare ad agire in modo drammaticamente contrario alla sua personalità, tratta un tema delicato come l'amnesia post-traumatica e pone interrogativi etici sui motivi che possono spingere un’ex-agente a entrare in contatto con gruppi terroristici. Se il primo episodio era già un'intensa esplosione di cinema hongkonghese, con la seconda parte è chiaro che gli autori continuano a spingere al massimo per avere uno spettacolo adrenalinico sempre più esplosivo.

In mezzo a una giornata piena d'azione ha rappresentato una boccata di leggerezza la commedia romantica The Con-Heartist del thailandese Mez Tharatorn, storia di una giovane impiegata che si fa raggirare da un truffatore rubacuori. La reazione della ragazza innesca una serie infinita di inganni e raggiri sempre più improbabili.
Il programma di oggi, venerdì 25 giugno, prevede il dramma ad alto tasso erotico Son of the Macho Dancer, la saga pugilistica di Underdog, il coreano Voice of Silence e il thriller Limbo, dello specialista Pou Soi-cheang.
Vi diamo appuntamento domani con il Diario dal Far East!
Marco Lovisato e Andrea Valmori