"Dracula" è su Netflix e la tradizione si rinnova
07/01/2020

Dracula, romanzo gotico di Bram Stoker pubblicato per la prima volta nel 1897, è una delle tradizioni cinematografiche più lunghe, adattato sin dagli esordi del cinema stesso.


Il primo lungometraggio significativo che ha trasposto su pellicola l’opera è stato il Nosferatu di Murnau, capolavoro dell’espressionismo tedesco uscito nel 1922, così potente da trasmettere ancora oggi un profondo brivido.
La versione più classica, però, è sicuramente quella dove il conte Vlad venne interpretato dall’attore ungherese Bela Lugosi, cioè il Dracula diretto da Tod Browning nel 1931.
Altre celebri interpretazioni furono quella di Christopher Lee in Dracula il vampiro del 1958  - l'attore poi ritornerà nei panni del personaggio in altre sei pellicole - e la rivisitazione di Nosferatu di Werner Herzog del 1979, con protagonista il grande Klaus Kinski. Negli anni '90, poi, fu la volta del decano del cinema Francis Ford Coppola che, in Dracula di Bram Stoker, fece incarnare il conte da Gary Oldman

Insomma dopo tutte le innumerevoli versioni cinematografiche, può ancora oggi una storia come quella di Dracula destare interesse nel pubblico del grande e del piccolo schermo? Questo è il dilemma che deve risolvere la nuova serie televisiva Dracula distribuita da Netflix e BBC.


Rilasciato, in Italia, lo scorso 4 gennaio, lo show consta di sole tre puntate della durata di un’ora e mezza l’una. Creata dagli showrunner di Sherlock, Mark Gatiss e Steven Moffat (celebri anche per il lungo lavoro su Doctor Who), la serie parte dalle stesse premesse del romanzo ma prontamente se ne distacca introducendo un nuovo e carismatico personaggio, Agatha Van Helsing. Rispettando l’originale formula epistolare del romanzo, i primi due episodi seguono il racconto in prima persona di un personaggio che interloquisce con un altro e, fuorché qualche modifica, rimangono generalmente fedeli all’opera originale. Il terzo episodio, invece, rimescola completamente le carte in tavola stupendo con più di un sorprendente colpo di scena.



Nella durata totale di 4 ore e mezza il personaggio del conte e, in generale, la figura del vampiro vengono analizzate sotto numerosi aspetti, tra cui alcuni innovativi, portando a conclusioni inaspettate e decisamente nuove. In primis il rapporto tra il vampiro e il sesso, mai specificato con chiarezza prima d’ora, diventa centrale. Il “bacio” vampirico sul collo non è altro che la conclusione di un lungo orgasmo ed entra a far parte di un vero e proprio rapporto sessuale universale, anche omosessuale alle volte: d’altronde la fame di sangue non ha limiti di genere. 

L’analisi dei cambiamenti del corpo viene approfondita, seguendo in particolari maniacali il mutamento fisico della vecchiaia ma anche della malattia e della maledizione. Il cadavere diventa una figura cardine nella sua dimensione di decomposizione, richiamata in quasi ogni scena dalla presenza costante delle mosche, dal loro ronzio assordante e inquietante, messaggere di un tragico destino fatale. 



La riflessione sulle celeberrime maledizioni di Dracula (la paura della croce, l’impossibilità di sopravvivere alla luce del sole, ecc.) è forse uno dei punti più interessanti dello show. Viene dato un nuovo e plausibile significato a questi anatemi centrali in tutti e tre gli episodi, come se un mistero lungo secoli venisse finalmente svelato, in una maniera per niente scontata.

L’interpretazione del Conte Dracula è affidata al sapiente talento dell’attore danese Claes Bang che invece di annoiare infonde nuovo fascino nel personaggio, creando un mix tra l’interpretazione classica di Lugosi e quella gotica e sospirata di Gary Oldman, e aggiungendo al Conte un'ironia aristocratica e corrosiva. L’altra protagonista, Agatha Helsing, è incarnata dall’attrice inglese Dolly Wells, bravissima nei panni di un'antieroina arguta e carismatica.



La formula dei tre episodi lunghi funziona, perché ogni puntata sembra raccontare una storia indipendente, unita alle altre quasi solamente dalla presenza del Conte Dracula. La qualità della realizzazione è molto alta, grazie a una sapiente regia, a una fotografia crepuscolare e a una recitazione sempre professionale, anche tra i personaggi minori. Solo alcuni passaggi dell’ultima puntata lasciano un po’ a desiderare per una sensazione di già visto.

Questa nuova interpretazione del romanzo di Bram Stoker, in conclusione, sa donare nuova linfa alla leggenda di Dracula che, per quanto sfruttata, dimostra di avere ancora molto da dire e possiede ancora quel fascino malefico e luciferino, capace di spaventare dopo ben più di un secolo.


Cesare Bisantis


 

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