Fantozzi (1975): Il Film Cult che ha creato un'icona
13/10/2025

Il 1975 segna la nascita di una delle icone più famose del cinema italiano: Ugo Fantozzi, interpretato dal geniale Paolo Villaggio, inventore del personaggio e dei romanzi dai quali venne poi tratta la sceneggiatura dei vari film, il primo di questi diretto da Luciano Salce. Il film Fantozzi non è solo una commedia: racconta in modo esagerato e divertente l’Italia del boom economico. È una satira pungente sulla vita in ufficio e sulla burocrazia italiana con tutte le relative frustrazioni. Il manifesto cinematografico di Fantozzi è una delle immagini più famose del cinema italiano, capace di evocare con forza il tono grottesco, tragicomico e profondamente umano del personaggio creato da Paolo Villaggio, una vera opera d’arte che riesce a rappresentare con pochi tratti e colori tutto il mondo di Fantozzi.

Il manifesto come un dipinto

L’immagine promozionale del film Fantozzi è un esempio "di scuola" della tradizione italiana del manifesto pittorico. E' realizzato a tempera e pennello, con una tecnica che richiama la pittura figurativa del Novecento, rivisitata attraverso l’ironia. Fantozzi, goffo e stanco, è disegnato al mare con costume e scarponi. Intorno a lui ci sono colleghi che giocano e una donna da sogno. C'è tutto, i suoi sogni irrealizzati, la sua fatica e una scena surreale caratteristica prima di tutte le opere di Paolo Villaggio.

I colori sono vivaci ma non troppo forti. Il cielo è di un azzurro irreale. C’è un forte contrasto tra la tenuta bianca e goffa di Fantozzi e il resto del dipinto intorno a lui. La scena è volutamente irrealistica un po' come in certi quadri di Guttuso.



Perché Fantozzi e ancora attuale

Il film ha avuto vari seguiti e il protagonista è diventato un simbolo nazionale dell’italiano medio sottomesso, impaurito, rassegnato, esagerato ma profondamente umano. Frasi come “la Corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca” sono diventate famose, e personaggi come Filini e Fantozzi sono ancora oggi esemplari di comicità surreale utilizzata ai fini di realizzare una critica sociale spesso spietata.

La forza del personaggio di Fantozzi risiede nella sua universalità: è l’impiegato umiliato, il padre inadeguato, il cittadino vessato, ma anche colui che sogna, resiste e, in qualche modo, sopravvive.

La serie dei romanzi come dei film, ben racconta l’Italia del boom economico, delle gerarchie aziendali oppressive, delle illusioni piccolo-borghesi e delle ipocrisie sociali, usando molto il linguaggio della risata amara.

Fantozzi diventa così una lente deformante attraverso cui leggere i cambiamenti del Paese, anticipando in modo grottesco temi come l’alienazione sul lavoro, l'opprimente burocrazia e la perdita di identità dell’individuo nella società di massa. La sua comicità, apparentemente semplice, è in realtà costruita su una profonda consapevolezza dei meccanismi culturali e sociali italiani del tempo.

Più di un film

Fantozzi non è solo un film da rivedere, ma anche un perfetto esempio di come il cinema e le arti visive riuscissero insieme in una comunicazione potente. Il manifesto nel cinema non era solo uno strumento pubblicitario ma un'opera capace da sola di suggerire stile, tono, senso ed epoca del film. Se oggi questi manifesti hanno ancora valore, è perché non sono solo il ricordo di un film, ma opere appartenenti ad una scuola artistica che da Ballester in poi viene giustamente celebrata in tutto il mondo per il suo pregio intrinseco.

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