Far East Film Festival 21 – Il bilancio del weekend
29/04/2019

Colpisce il coreano Birthday, ma a brillare è la produzione giapponese.

Il Far East Film Festival di Udine è giunto alla sua ventunesima edizione, ventuno come i film proiettati in questi primi tre giorni. A colpire, come di consueto, è la varietà della proposta, attenta a fornire allo spettatore un quadro generale della produzione asiatica contemporanea e variegata in generi e stili. A fare la parte del leone finora è stata la Corea del Sud, protagonista anche della retrospettiva dedicata al centenario del cinema della penisola: cinque film in concorso finora, tutti di stile e registro diversi. Tra questi spicca il film d’apertura Birthday, incentrato non tanto sul drammatico naufragio del traghetto Sewol quanto sul conseguente dolore dei familiari delle vittime.La giovane regista Lee Jong-un lavora di sottrazione e, aiutata dai bravissimi protagonisti Sul Kyung-gu e Jeon Do-yeon (premiata col Gelso d’Oro), riesce a realizzare un’opera di straordinaria umanità, che racconta con rispetto il tema del lutto, ma che nella parte finale cede fin troppo al patetismo e alla ricerca della lacrima facile. Da segnalare anche Intimate Strangers, remake fedele del nostrano Perfetti sconosciuti, che rispetto all’originale guadagna in ritmo e divertimento, grazie a un casting migliore della controparte italiana e a un maggiore affiatamento tra i protagonisti. Regala spettacolo senza fronzoli The Great Battle, ispirato all’assedio della fortezza di Ansi da parte della dinastia Tang, mentre si lasciano dimenticare il legal-drama Innocent Witness e l’home invasion thriller Door Lock. A spiccare per qualità in questi primi tre giorni di festival sono i film giapponesi, e in particolare le due black comedy Jam, dell’ormai leggendario Sabu, e Melancholic di Seiji Tanaka, storia di un giovane impiegato in un bagno pubblico che si trova, suo malgrado, a dover lavorare per la yakuza. Il primo in particolare è finora il titolo migliore della kermesse, un film mosso dai fili invisibili del destino e del karma, nel quale si muovono personaggi improbabili, come il viscido cantante di enka Hiroshi e la sua ossessiva fan Midori, che regalano duetti memori dello scorsesiano Re per una notte. I titoli giapponesi si caratterizzano tutti per leggerezza ed equilibrio tra i diversi registri, come esemplificato dal notevole Lying to Mom, ma peccano forse di una costante impossibilità a fermarsi, a lasciar concludere le storie organicamente. Inevitabilmente incentrate sull’azione le proposte da Hong Kong, con l’improbabile e fracassone Bodies at Rest del redivivo Renny Harlin e con l’ennesimo episodio della saga di Ip Man, Master Z. Tanta buona volontà ma pochissima sostanza per i malesiani Two Sisters, remake esangue dell’omonimo horror coreano, e Motif, thriller monodimensionale in cui la regista Nadiah Hamzah si concentra più sulle vicende personali della protagonista che sullo sviluppo di un intreccio coerente o anche solo interessante. Poco da segnalareper quanto riguarda il dramma sportivo Pegasus, del blogger cinese Han Han e per la Love Story in salsa taiwanese More Than Blue. La nuova settimana inizia con il film a episodi Ten Years Japan, supervisionato dal maestro Kore-eda, e con il cinese Dying to Survive, campione di incasso in patria. Ma c’è spazio anche per una “strana coppia” al Cinema Centrale, dove saranno proiettati e confrontati Le iene e il film dal quale Tarantino ha “rubato”, il classico City on Fire di Ringo Lam.

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