Diario dal Far East Film Festival 23: Il racconto della quarta giornata
28/06/2021

Botte da orbi con One Second Champion e le ragazze di Office Royale

Il tempo vola quando ci si diverte e per i cinefili non c’è miglior divertimento che tornare in sala più volte nella stessa giornata. E così, in un batter d’occhio, we move forward (per citare il motto del festival) e ci ritroviamo già alla quarta giornata del Far East Film Festival, edizione numero 23.

Ad aprire le danze è un film birmano, il primo in concorso al festival. Money Has Four Legs è uno dei pochi film del Myanmar ad aver avuto una distribuzione internazionale nonostante, come ci ricorda una didascalia introduttiva, il cinema birmano abbia da poco compiuto cento anni. Il film racconta la storia di Wai Bhone (Okkar Dat Khe), giovane regista che, come il debuttante Maung Sun, è alle prese con il suo primo lungometraggio, remake di un classico gangster movie degli anni Quaranta. Schiacciato dal paragone col padre, uno dei cineasti più rispettati del Myanmar, e oppresso dalla censura (emblematica e inquietante la scena iniziale, con le indicazioni date dal censore e la richiesta di esaltare la polizia), dai problemi di budget e da quelli familiari, Wai decide di rapinare una banca fraudolenta per finire il proprio film. Ma niente va secondo i piani. Money Has Four Legs è al contempo una commedia cinefila che strizza continuamente l’occhio allo spettatore e un interessante spaccato sulla vita in Myanmar. Un film innocuo, che al netto dei difetti diverte e scorre via con leggerezza, ma che prova anche a pungere usando il cinema come metafora delle difficili condizioni di vita del popolo birmano.

Ito è il nome del film in concorso di Satoko Yokohama, del romanzo di Osamu Koshigaya che la stessa regista adatta, e della giovane protagonista di entrambe le opere, qui interpretata da Ren Komai. Ambientato nella prefettura di Aomori, nel nord del Giappone, il film racconta di un’adolescente divisa tra la famiglia che la vorrebbe, come il padre, la madre defunta e la nonna, suonatrice di shamisen (tipico strumento a corda della tradizione giapponese) e il lavoro in un maid bar, locale giapponese in cui le cameriere vengono scelte in base a quanto sono "cute" e invitate a flirtare con i clienti. Sebbene la locandina potrebbe lasciar immaginare un tipico feel good movie alla giapponese, Ito è invece più vicino a un dramma adolescenziale in cui ogni sviluppo è meticolosamente arrangiato in funzione della crescita della protagonista. La regista vuole inoltre sottolineare il contrasto tra tradizione e modernità che caratterizza le province rurali del paese; ma la storia stereotipata non aiuta e la protagonista appare a tratti talmente timida che finisce per ottenere un effetto più respingente che empatico.

Dopo due opere leggere, i film della sera promettono invece azione e botte da orbi. One Second Champion, opera seconda di Chiu Sin-hang, è una redemption story ad alto tasso di spettacolarità. Lo stesso regista interpreta Yip, gestore di una piccola palestra di boxe, che recluta l’ex bambino prodigio Chow (un fantastico Endy Chow) con l’intenzione di sfruttare sul ring l’incredibile dono di quest’ultimo: saper anticipare il futuro di un secondo. Il perdigiorno Chow dapprima fiuta l’opportunità per acquisire fama e denaro tramite lo sport; ma l’amore per il figlio e la voglia di essere più del one second wonder che tutti conoscono lo porteranno a dare tutto sul ring e a diventare una persona migliore. Retto da una grandissima prestazione di Chow, che si mette in gioco anche fisicamente in scene sul ring ad alta intensità, il film vuole provare a dare un twist “soprannaturale” al classico genere sportivo. Ma la sceneggiatura (scritta a otto mani…) ricicla ogni stereotipo possibile della storia di redenzione, e il regista non si fa mai mancare montaggi di allenamento ispirazionali e inquadrature al ralenti sui supporter che danno forza al protagonista. Purtroppo lo stratagemma fantasy non è sufficiente a dare originalità all’opera e anzi la appesantisce di un forzato contenuto motivazionale. La parte migliore, e più sincera, arriva invece sui titoli di coda, che mostrano i veri (e duri) allenamenti del volenteroso e appassionato cast.

Si chiude all’arena con jigoku-no-hanazono OFFICE ROYALE, twist tutto al femminile sui popolari shonen ricchi di combattimenti tra gang. Qui non troviamo però i liceali di Crows Zero, bensì le impiegate di una compagnia divisa al suo interno in gang comandate da personaggi che sembrano usciti dritti da un anime. La storia è narrata dal punto di vista di Naoko (Mei Nagano) impiegata apparentemente fuori dalle logiche di conquista delle colleghe più violente. L’arrivo in azienda della formidabile Ran (Alice Hirose) porterà sia a un’unità di gruppo finora sconosciuta che a lotte all’ultimo sangue con le impiegate delle altre compagnie. Non mancheranno sorprese, soprattutto perché la timida Naoko sembra conoscere fin troppo bene i meccanismi delle lotte tra gang… Il film è una pop opera over the top, divertente solo a tratti e giapponese fino al midollo. La voce over di Naoko, che commenta gli avvenimenti man mano che si svolgono, punta a una meta-ironia per nulla subdola in cui la quarta parete viene rotta spesso e volentieri. L’esordiente regista Seki Kazuaki si limita a un umorismo semplice, frutto della deviazione in chiave grottesca di quelle situazioni mondane e monotone che caratterizzano il lavoro in ufficio. Le ragazze protagoniste sono simpatiche e agguerrite ma poco caratterizzate e i twist non sono così imprevedibili. Menzione speciale per un Endo Kenichi che, nel ruolo della capobanda dell’azienda rivale, offre una prova in drag spassosissima.

La giornata ha anche offerto classici restaurati, come l’horror coreano Suddenly in Dark Night (Go Yeong-nam, 1981) e il dramma taiwanese Execution in Autumn (Lee Hsing, 1972), e l’interessante documentario di Ryan White Assassins, sullo sconcertante omicidio del fratellastro di Kim Jong-un, Kim Jong-nam. Gli amanti dei blockbuster coreano hanno potuto invece godere nuovamente dello spettacolo di Kundo: Age of the Rampant (2014), proposto nell’ambito della retrospettiva su Yoon Jong-bin.

Grande attesa nella giornata di lunedì per il crime movie Last of the Wolves, seguito del yakuza eiga contemporaneo The Blood of Wolves, e, soprattutto, per il nuovo film di Ryusuke Hamaguchi Wheel of Fortune and Fantasy, già apprezzato alla Berlinale dove ha vinto l’Orso d’Argento. Tra le opere prime, curiosità per il dramma cinese Anima.

Vi diamo appuntamento a domani con il Diario dal Far East!

Marco Lovisato e Andrea Valmori

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