Far East Film Festival 23: la nostra top 5
04/07/2021
La ventitreesima edizione del Far East Film Festival di Udine si è conclusa ieri sera con la vittoria del dramma Midnight Swan di Uchida Eiji. Sono stati quarantasei i film in concorso, provenienti da undici paesi e regioni. Ad aggiudicarsi il premio del pubblico online è stato Limbo di Cheang Pou-soi, mentre il Gelso Bianco alla miglior opera prima è andato a Hand Rolled Cigarette di Chan Kin-long. Di seguito, invece, trovate la nostra personale Top 5!
5) DRIFTING di Jun Li (Hong Kong, 2021)

Drifting, scritto e diretto da Jun Li, è una profonda riflessione sulla dignità umana che racconta i bassifondi di Hong Kong dove la fiumana del profitto travolge gli impotenti. A Sham Shui Po, uno dei quartieri più poveri della città, l’ex detenuto Fai (Francis Ng) vive per strada con Master (Tse Kwan-ho), uno dei boat people vietnamiti che vivono ancora nel limbo urbano, Chan Mui (Loletta Lee), una ex entraineuse diventata lavapiatti e il giovane Muk (Will Or), che soffre di afasia. Uniti nella battaglia legale per ottenere scuse e risarcimento dal governo, in seguito ad un ingiusto e umiliante esproprio, dovranno affrontare la minaccia della gentrificazione del quartiere e combattere le miserie del quotidiano. Il film è ispirato a un episodio di cronaca avvenuto nel 2012, quando diciannove senzatetto si sono accordati per un esiguo risarcimento a seguito di un'operazione di sgombero, ma non sono mai riusciti a ottenere delle scuse. Sebbene i fatti risalgano a diversi anni fa, le operazioni contro i senzatetto continuano senza tregua. Li adotta un approccio pragmatico, non nasconde i lati oscuri dei protagonisti ma riesce al contempo a calarsi con realismo e sensibilità nella loro prospettiva. Il risultato è un film di denuncia, equilibrato ed emozionante, su un problema tanto attuale quanto diffuso. Francis Ng, Loletta Lee e Tse Kwan-ho arricchiscono l'opera con tre performance di altissimo spessore.
4) MY MISSING VALENTINE di Chen Yu-hsun (Taiwan, 2020)

Sorrisi e lacrime per la commedia sentimentale My Missing Valentine. Da Taiwan, Chen Yu-hsun (Tropical Fish, Love Go Go, The Village of No Return) scrive e dirige un film romantico, divertente e capace di dialogare con i grandi classici statunitensi. La componente fantasy è giocata con intelligenza, ricordando il recente Palm Springs, riuscendo a fermare letteralmente il tempo senza interrompere la narrazione che raccoglie quanto disseminato nella prima ingannevole metà del film. Hsiao-chi (Patty Lee) lavora come impiegata in un ufficio postale, ha sempre vissuto un passo avanti a tutti, asincrona rispetto al resto del mondo. Da tempo sfortuna in amore, sembra finalmente avere un'opportunità quando ottiene un appuntamento per il giorno di San Valentino con l'insegnante di ginnastica Wenson (Duncan Chou). Non si sa come, però, Hsiao-chi finisce per svegliarsi il 15 febbraio, con una terribile scottatura solare. Mentre cerca di scoprire cosa sia successo, un eccentrico autista d'autobus (Liu Kuan-ting) si rivela essere la chiave per risolvere l'arcano. Una favola emozionante, con una fotografia meravigliosa, che è stata premiata con il Black Dragon Award e con il terzo posto dell’Audience. Fortunatamente, il cinquantanovenne Chen ha dichiarato che il successo del film lo ha convinto a posticipare ancora un po’ la data del pensionamento.
3) LIMBO di Soi Cheang (Hong Kong, 2021)

Vincitore del Purple Mulberry (Premio del pubblico online), Limbo sembra raccontare personaggi destinati alla dannazione. Già dall’introduzione al film Pou Soi-cheang mette le cose in chiaro: la sua ultima opera è un vero e proprio viaggio all'inferno. Protagonisti sono due poliziotti, il rookie Will Ren (Mason Lee) e il tormentato Cham Lau (Gordon Lam), alle prese con una serie di macabri ritrovamenti di mano sinistre mozzate. La caccia al mutilatore li porterà nei putridi anfratti di una Hong Kong mai così mostruosa; e tenendo conto di come spesso la città è stata rappresentata dal suo stesso cinema è un risultato non da poco. Con Limbo Pou Soi-cheang ritorna al nichilismo dei primi film, e in particolare di Dog Bite Dog, che lo fece conoscere proprio al pubblico di Udine nel 2007. Il direttore della fotografia Cheng Siu-keu sceglie un bianco e nero fortemente contrastato e per nulla elegante; il formato panoramico non fa che contribuire al senso di oppressione, stando ben attento a includere spesso nell’inquadratura il panorama senza speranza dei grattacieli. Limbo è un film che punta dritto ai sensi, e non lo fa in maniera piacevole: i suoni sono quelli delle mosche che si posano sui rifiuti che tappezzano (letteralmente) le strade, gli odori sono quelli della decomposizione. I corpi vengono martoriati e mutilati, picchiati e annichiliti: il trattamento subito da Wong To (una straordinaria Cya Lyu), giovane in cerca di redenzione, ne rappresenta l’apice. Il modo in cui la ragazza si aggrappa alla vita è commovente, ma il regista non le concede nulla se non all'ultimissimo istante. Segnata dalla colpa di un incidente tremendo che ha coinvolto la famiglia di Cham, Wong To è animata dal desiderio di espiazione; ma questo le è costantemente negato, perché l'inferno è fatto per pagare e non per redimersi. Sebbene non sia esente da punti deboli, e a volte giochi un po’ troppo a fare il greatest hits del serial killer movie, Limbo è un’opera terribile e un thriller coinvolgente che lascia senza fiato e ci fa sentire.
2) WHEEL OF FORTUNE AND FANTASY di Hamaguchi Ryusuke (Giappone, 2021)

Premiato con l'Orso d'Argento alla Berlinale 2021, Wheel of Fortune and Fantasy di Ryusuke Hamaguchi è composto da tre segmenti separati tra loro, ciascuno con i suoi credits, tratti da racconti scritti dallo stesso Hamaguchi. Un inaspettato triangolo amoroso, un fallito tentativo di screditare un professore di francese e un incontro casuale in un mondo in cui internet non esiste più sono la cornice narrativa in cui tre donne procedono a prove ed errori nel laboratorio della vita e dell'amore. Quelli di Hamaguchi sono racconti sospesi tra realtà e sogno (il brano Träumerei di Schumann fa da collante tra i segmenti), intimi e universali. Il caso e la fantasia del titolo intervengono preponderanti e sono ogni volta accompagnati da zoomate irruente su quei piccoli dettagli che mettono in moto la ruota dell’esistenza. Nonostante l'apparente richiamo buddhista e il gusto onirico dei segmenti, il film è profondamente ancorato alla realtà della carne e del desiderio (straordinario in particolare il segmento centrale). Hamaguchi dichiara le sue influenze e le mette in mostra: lo stile letterario viene da Murakami e ha il respiro del miglior Rohmer, i personaggi femminili si aprono e confidano come nei film di Hong Sang-soo e i campi-controcampi frontali omaggiano l'inevitabile Yasujiro Ozu. Ma Hamaguchi gira con uno stile e una leggerezza unici: predilige il piano sequenza e si affida alla capacità dei bravissimi protagonisti di reggere conversazioni in cui ogni parola porta a un tassello in più di avvicinamento alla conoscenza di sé. Un film bello e prezioso, che il pubblico italiano potrà vedere al cinema grazie alla Tucker Film. Ed è una notizia meravigliosa.
1) MIDNIGHT SWAN di Uchida Eiji (Giappone, 2020)

Ebbene sì, il vincitore dell'Audience Award coincide quest'anno con il nostro primo posto in classifica. Midnight Swan, scritto e diretto da Uchida Eiji, arrivava forte del trionfo ai Japan Academy Awards, dove ha vinto i premi per il miglior film e per i due interpreti principali. L'assenza di una madre è al centro di un dramma che racconta la difficoltà dello stare al mondo di chi vorrebbe abbandonare i limiti impostigli, che siano familiari o fisiologici. Ichika (Hattori Misaki), figlia dell’alcolista e irresponsabile Saori (Mizukawa Asami), viene affidata temporaneamente allo zia Nagisa (Tsuyoshi Kusanagi), transgender che tira avanti danzando in spettacoli di varietà- Sebbene la convivenza sia inizialmente difficoltosa le due iniziano rispettarsi per quello che sono e che vogliono diventare; e Nagisa, supportando il desiderio di Ichika di diventare ballerina classica, conoscerà per la prima volta l’emozione di essere madre. Come nei precedenti Lowlife Love (2015) e Love and Other Cults (2017), Uchida Eiji racconta una storia ai margini della società giapponese. La difficoltà della comunità LGBTQ+ vengono raccontate per mezzo di Nagisa, transgender di mezza età alle prese con difficoltà economiche, pregiudizi e soprattutto tanto dolore per un corpo che sente estraneo. Tsuyoshi Kusanagi regala la più grande performance della propria carriera, e dona al film e al suo tragico protagonista una dignità e un'umanità rare. Di grande forza anche la performance dell’esordiente Hattori Misaki, ballerina che ha vinto concorsi a livello mondiale e la cui grazia sul palcoscenico regala momenti di pura poesia nella grigia e miserabile quotidianità che avvolge la vita dei personaggi. Non mancano momenti più didascalici, ma la cura formale (bellissima la fotografia di Maki Ito) e l’affetto con cui Uchida mette in scena i propri misfits, fanno volentieri perdonare qualche difetto. Le scene di ballo e lo straziante finale sulla spiaggia candidano Uchida a un ruolo importante nel panorama del cinema giapponese contemporaneo.
Marco Lovisato e Andrea Valmori
5) DRIFTING di Jun Li (Hong Kong, 2021)

Drifting, scritto e diretto da Jun Li, è una profonda riflessione sulla dignità umana che racconta i bassifondi di Hong Kong dove la fiumana del profitto travolge gli impotenti. A Sham Shui Po, uno dei quartieri più poveri della città, l’ex detenuto Fai (Francis Ng) vive per strada con Master (Tse Kwan-ho), uno dei boat people vietnamiti che vivono ancora nel limbo urbano, Chan Mui (Loletta Lee), una ex entraineuse diventata lavapiatti e il giovane Muk (Will Or), che soffre di afasia. Uniti nella battaglia legale per ottenere scuse e risarcimento dal governo, in seguito ad un ingiusto e umiliante esproprio, dovranno affrontare la minaccia della gentrificazione del quartiere e combattere le miserie del quotidiano. Il film è ispirato a un episodio di cronaca avvenuto nel 2012, quando diciannove senzatetto si sono accordati per un esiguo risarcimento a seguito di un'operazione di sgombero, ma non sono mai riusciti a ottenere delle scuse. Sebbene i fatti risalgano a diversi anni fa, le operazioni contro i senzatetto continuano senza tregua. Li adotta un approccio pragmatico, non nasconde i lati oscuri dei protagonisti ma riesce al contempo a calarsi con realismo e sensibilità nella loro prospettiva. Il risultato è un film di denuncia, equilibrato ed emozionante, su un problema tanto attuale quanto diffuso. Francis Ng, Loletta Lee e Tse Kwan-ho arricchiscono l'opera con tre performance di altissimo spessore.
4) MY MISSING VALENTINE di Chen Yu-hsun (Taiwan, 2020)

Sorrisi e lacrime per la commedia sentimentale My Missing Valentine. Da Taiwan, Chen Yu-hsun (Tropical Fish, Love Go Go, The Village of No Return) scrive e dirige un film romantico, divertente e capace di dialogare con i grandi classici statunitensi. La componente fantasy è giocata con intelligenza, ricordando il recente Palm Springs, riuscendo a fermare letteralmente il tempo senza interrompere la narrazione che raccoglie quanto disseminato nella prima ingannevole metà del film. Hsiao-chi (Patty Lee) lavora come impiegata in un ufficio postale, ha sempre vissuto un passo avanti a tutti, asincrona rispetto al resto del mondo. Da tempo sfortuna in amore, sembra finalmente avere un'opportunità quando ottiene un appuntamento per il giorno di San Valentino con l'insegnante di ginnastica Wenson (Duncan Chou). Non si sa come, però, Hsiao-chi finisce per svegliarsi il 15 febbraio, con una terribile scottatura solare. Mentre cerca di scoprire cosa sia successo, un eccentrico autista d'autobus (Liu Kuan-ting) si rivela essere la chiave per risolvere l'arcano. Una favola emozionante, con una fotografia meravigliosa, che è stata premiata con il Black Dragon Award e con il terzo posto dell’Audience. Fortunatamente, il cinquantanovenne Chen ha dichiarato che il successo del film lo ha convinto a posticipare ancora un po’ la data del pensionamento.
3) LIMBO di Soi Cheang (Hong Kong, 2021)

Vincitore del Purple Mulberry (Premio del pubblico online), Limbo sembra raccontare personaggi destinati alla dannazione. Già dall’introduzione al film Pou Soi-cheang mette le cose in chiaro: la sua ultima opera è un vero e proprio viaggio all'inferno. Protagonisti sono due poliziotti, il rookie Will Ren (Mason Lee) e il tormentato Cham Lau (Gordon Lam), alle prese con una serie di macabri ritrovamenti di mano sinistre mozzate. La caccia al mutilatore li porterà nei putridi anfratti di una Hong Kong mai così mostruosa; e tenendo conto di come spesso la città è stata rappresentata dal suo stesso cinema è un risultato non da poco. Con Limbo Pou Soi-cheang ritorna al nichilismo dei primi film, e in particolare di Dog Bite Dog, che lo fece conoscere proprio al pubblico di Udine nel 2007. Il direttore della fotografia Cheng Siu-keu sceglie un bianco e nero fortemente contrastato e per nulla elegante; il formato panoramico non fa che contribuire al senso di oppressione, stando ben attento a includere spesso nell’inquadratura il panorama senza speranza dei grattacieli. Limbo è un film che punta dritto ai sensi, e non lo fa in maniera piacevole: i suoni sono quelli delle mosche che si posano sui rifiuti che tappezzano (letteralmente) le strade, gli odori sono quelli della decomposizione. I corpi vengono martoriati e mutilati, picchiati e annichiliti: il trattamento subito da Wong To (una straordinaria Cya Lyu), giovane in cerca di redenzione, ne rappresenta l’apice. Il modo in cui la ragazza si aggrappa alla vita è commovente, ma il regista non le concede nulla se non all'ultimissimo istante. Segnata dalla colpa di un incidente tremendo che ha coinvolto la famiglia di Cham, Wong To è animata dal desiderio di espiazione; ma questo le è costantemente negato, perché l'inferno è fatto per pagare e non per redimersi. Sebbene non sia esente da punti deboli, e a volte giochi un po’ troppo a fare il greatest hits del serial killer movie, Limbo è un’opera terribile e un thriller coinvolgente che lascia senza fiato e ci fa sentire.
2) WHEEL OF FORTUNE AND FANTASY di Hamaguchi Ryusuke (Giappone, 2021)

Premiato con l'Orso d'Argento alla Berlinale 2021, Wheel of Fortune and Fantasy di Ryusuke Hamaguchi è composto da tre segmenti separati tra loro, ciascuno con i suoi credits, tratti da racconti scritti dallo stesso Hamaguchi. Un inaspettato triangolo amoroso, un fallito tentativo di screditare un professore di francese e un incontro casuale in un mondo in cui internet non esiste più sono la cornice narrativa in cui tre donne procedono a prove ed errori nel laboratorio della vita e dell'amore. Quelli di Hamaguchi sono racconti sospesi tra realtà e sogno (il brano Träumerei di Schumann fa da collante tra i segmenti), intimi e universali. Il caso e la fantasia del titolo intervengono preponderanti e sono ogni volta accompagnati da zoomate irruente su quei piccoli dettagli che mettono in moto la ruota dell’esistenza. Nonostante l'apparente richiamo buddhista e il gusto onirico dei segmenti, il film è profondamente ancorato alla realtà della carne e del desiderio (straordinario in particolare il segmento centrale). Hamaguchi dichiara le sue influenze e le mette in mostra: lo stile letterario viene da Murakami e ha il respiro del miglior Rohmer, i personaggi femminili si aprono e confidano come nei film di Hong Sang-soo e i campi-controcampi frontali omaggiano l'inevitabile Yasujiro Ozu. Ma Hamaguchi gira con uno stile e una leggerezza unici: predilige il piano sequenza e si affida alla capacità dei bravissimi protagonisti di reggere conversazioni in cui ogni parola porta a un tassello in più di avvicinamento alla conoscenza di sé. Un film bello e prezioso, che il pubblico italiano potrà vedere al cinema grazie alla Tucker Film. Ed è una notizia meravigliosa.
1) MIDNIGHT SWAN di Uchida Eiji (Giappone, 2020)

Ebbene sì, il vincitore dell'Audience Award coincide quest'anno con il nostro primo posto in classifica. Midnight Swan, scritto e diretto da Uchida Eiji, arrivava forte del trionfo ai Japan Academy Awards, dove ha vinto i premi per il miglior film e per i due interpreti principali. L'assenza di una madre è al centro di un dramma che racconta la difficoltà dello stare al mondo di chi vorrebbe abbandonare i limiti impostigli, che siano familiari o fisiologici. Ichika (Hattori Misaki), figlia dell’alcolista e irresponsabile Saori (Mizukawa Asami), viene affidata temporaneamente allo zia Nagisa (Tsuyoshi Kusanagi), transgender che tira avanti danzando in spettacoli di varietà- Sebbene la convivenza sia inizialmente difficoltosa le due iniziano rispettarsi per quello che sono e che vogliono diventare; e Nagisa, supportando il desiderio di Ichika di diventare ballerina classica, conoscerà per la prima volta l’emozione di essere madre. Come nei precedenti Lowlife Love (2015) e Love and Other Cults (2017), Uchida Eiji racconta una storia ai margini della società giapponese. La difficoltà della comunità LGBTQ+ vengono raccontate per mezzo di Nagisa, transgender di mezza età alle prese con difficoltà economiche, pregiudizi e soprattutto tanto dolore per un corpo che sente estraneo. Tsuyoshi Kusanagi regala la più grande performance della propria carriera, e dona al film e al suo tragico protagonista una dignità e un'umanità rare. Di grande forza anche la performance dell’esordiente Hattori Misaki, ballerina che ha vinto concorsi a livello mondiale e la cui grazia sul palcoscenico regala momenti di pura poesia nella grigia e miserabile quotidianità che avvolge la vita dei personaggi. Non mancano momenti più didascalici, ma la cura formale (bellissima la fotografia di Maki Ito) e l’affetto con cui Uchida mette in scena i propri misfits, fanno volentieri perdonare qualche difetto. Le scene di ballo e lo straziante finale sulla spiaggia candidano Uchida a un ruolo importante nel panorama del cinema giapponese contemporaneo.
Marco Lovisato e Andrea Valmori