Fargo, la svolta politica
18/01/2024
Dopo una quarta stagione che deluse molti, non all’altezza delle precedenti, il serial creato da Noah Hawley sembrava avere terminato la sua linfa vitale. Ora Fargo, a cavallo tra il 2023 e il 2024, è tornata con una esplosiva quinta stagione che in modo inaspettato riporta ai fasti migliori della serie, innovando e attualizzando la poetica di questa costola dell’universo narrativo creato dai Coen nel 1996. 

Viene abbandonata l’ambientazione storica (la precedente stagione si svolgeva negli anni ‘50) per ancorarsi ad un passato recente, quel 2019 pre-covid che può apparire lontano rispetto ai nuovi burrascosi anni ‘20, ma dove si possono individuare le spie di molti mali che affliggono il presente della società americana. Questa quinta è la più politica tra tutte le stagioni di Fargo, capace di sferrare un attacco spietato a quell’America di frontiera misogina, razzista, bigotta e soprattutto violenta. 

Lo spunto è lo stesso di sempre per la serie: una comune famiglia suburbana viene colpita da un vortice di violenza improvvisa e da un concatenarsi di eventi paradossali che frantumano una routine ordinaria. 

Nel Minnesota, l’esistenza della casalinga Dorothy, sposata col un mansueto agente assicurativo Wayne con il quale cresce la figlia Scotty, viene sconvolta quando il suo passato torna a tormentarla. Dorothy (in realtà Nadine) è fuggita anni addietro da un precedente matrimonio con il brutale Roy Tillman, sceriffo che domina incontrastato sulla contea di Stark, nel North Dakota, dove è a capo di un esercito di suprematisti cattolici mascherati da cowboy e poliziotti. Nel corso delle puntate la protagonista, mettendo a frutto il suo talento celato di guerriera e stratega, dovrà lottare per sfuggire al controllo dell’ex consorte che vuole a tutti i costi riportarla nel suo ranch. Allo stesso tempo dovrà anche nascondere il suo scomodo passato agli occhi della tirannica e abbiente suocera, Lorraine Lyon, proprietaria di una miliardaria azienda di recupero crediti. Il fine ultimo di Dorothy è riportare la quotidiana tranquillità nel suo piccolo nucleo familiare. Ad aiutarla ci saranno il puro d’animo agente Witt Farr e la vice sceriffo Indira Olmstead, divorata dai debiti. Mentre sarà inseguita dal sicario secolare e mistico Ole Munch, un essere proveniente dal Galles del sedicesimo secolo.

Il noir incontra la commedia grottesca, dove la denuncia sociale dialoga col genere pulp. Numerosi i personaggi, spesso nuove incarnazioni di precedenti protagonisti di Fargo, molte le situazioni che si incrociano. Il percorso della serie però è chiaro: un viaggio nella provincia del nord America tra tinte horror e toni western, un’analisi paesaggistica e antropologica degli Stati Uniti trumpiani, un apologo sul machismo all’origine dell’ideale distorto dell’americano modello. Lo sceriffo Roy Tillman, un vero e proprio dittatore-cowboy, è un agghiacciante antagonista che vuole parlare alla pancia del suo popolo, a quell’entroterra dove nella mano sinistra si tiene una Bibbia e nella destra si stringe un fucile, dove vige la forza bruta e l’arroganza, e dove la donna è impossibilitata ad agire ma obbligata a svolgere le mansioni domestiche. L’eroina Dorothy è una variabile del sistema: si ribella agli abusi dell’ex marito ma è impossibilitata ad adattarsi completamente ad un altro tipo di società, quella omologante e soffocante dei sobborghi borghesi. Anche in quella parte di mondo “civilizzato” i despoti dominano, se non con la forza bruta allora con il potere del denaro. La suocera Lorraine è una perfida strozzina nelle vesti di imprenditrice. In lei viene evidenziato uno dei mali più diffusi negli Stati Uniti: i debiti. “Oltre il 90% degli americani adulti sono debitori. Prestiti per studenti, per le auto, per il mutuo, assicurazione sanitaria, carte di credito. Quando muori i tuoi debiti diventano dei tuoi figli”. In queste ciniche parole dell’altra villain della serie si rispecchia tutta la filosofia alla base del capitalismo americano tentacolare ed efferato. 

In assoluto la critica più spietata è rivolta al maschilismo radicato in una certa parte di cultura provinciale americana. I riferimenti a Trump sono espliciti e Roy Tillman sembra quasi un emissario diretto, un versione luciferina e turpe del cowboy classico alla Gary Cooper. Quest’ultimo personaggio,  già destinato a rimanere tra i più iconici antagonisti della serie, è interpretato da un gigantesco Jon Hamm, celebre per Madmen, già in odore di Emmy per il 2024. Ma splende ancora di più se possibile la Dorothy portata in scena da una straordinaria Juno Temple, che veste i panni di una delle protagoniste femminili più travolgenti dai tempi di Kill Bill. Altra donna a bucare lo schermo è la sempre irresistibile Jennifer Jason Leigh, nel ruolo della mefistofelica suocera Lorraine. Una riscoperta notevole è quella di Joe Keery, precedentemente noto per il ruolo da teen idol in Stranger Things, qui straordinario nell’interpretazione del tormentato e ombroso Gator, figlio frustrato dello sceriffo. Tutte le interpretazioni sono sorrette poi da un sceneggiatura sempre di alto livello, che stupisce, diverte, sconvolge e riesce infine anche a commuovere senza facili sentimentalismi.

Con questa quinta stagione Fargo torna ai suoi giorni di gloria, si innova, interpreta la contemporaneità, riflette su storture e ipocrisie, intrattiene sempre e forse realizza quello che è il suo capitolo migliore.


Cesare Bisantis

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