Riceviamo e con piacere condividiamo questa analisi di Federica Severo sull'ultimo film di Jim Jarmusch
Quando la famiglia non te la scegli.
Father Mother Sister Brother è stato presentato alla 82esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia. Un trittico familiare messo in risalto dalla visione del grande Jim Jarmusch; il quale porta sugli schermi un lungometraggio elegante, raffinato e poetico anche negli imbarazzi dei parenti.
Tale opera vince il Leone d’Oro, prodotto da Saint Laurent Production e Anthony Vaccarello, con la collaborazione di MUBI.
Tre storie scisse, legate dal tema familiare, scritte nel breve lasso di tempo di tre settimane. La prima vicenda ambientata nel New Jersey pone come protagonisti (Tom Waits) che interpreta la figura paterna, in aggiunta i due figli, tra cui un interessante (Adam Driver). La situazione è piuttosto comica e ambigua, contraddistinta e arricchita da un dialogo surreale ma ben poco affettato. Lo stesso vale nella narrazione successiva, questa volta collocata a Dublino e che vede sulla scena tre donne: la madre (Charlotte Rampling) e due sorelle (Cate Balchett) seriosa nel portamento ma dolce e affettuosa nel dialogo, in evidente contrasto con l’altra (Vicky Krieps), puerile ed eccentrica più per gli atteggiamenti che per l’età. Infine l’ultimo racconto si sposta nella capitale francese: Parigi, due fratelli gemelli riuniti in seguito a una tragica vicenda familiare. Tale quadro indubbiamente commovente ma che non scade in una dimensione strappa lacrime o straziante.
Il regista spazia tra tipiche e umane bugie raccontate sia dai membri più anziani che dai successori, anche in età in cui non si presumerebbe, soprattutto per quanto concerne la figura paterna. Il tutto messo in contrapposizione a solide alleanze tra fratelli, spesso uniti non solo dal sangue ma anche dalle tragedie inevitabili e imprevedibili della vita.
Per quanto l’opera possa non risultare una novità in ambito cinematografico, sia a livello tecnico che stilistico, Jarmusch riesce a donare al pubblico del Lido un’indagine psicologica dei rapporti umani i quali pur essendo di sangue non risultano del tutto puri e genuini.
Tre semplici spaccati di vita, tre episodi che mostrano simmetrie, rituali e dialoghi abborracciati. I tre capitoli sono uniti da sequenze di giovani skater che rallentano la vicenda, come se venisse bloccata per un istante e nei quali frame si ripone un senso di leggerezza, libertà e spensieratezza dettati anche dall’età. Sono emblema della giovinezza sfuggita e di quella leggiadria e naturalezza tramite le quali spezzano il vento e padroneggiano lo strumento sotto i piedi.
La comparsa di Jarmusch al Lido e soprattutto la sua partecipazione in concorso al Festival di Venezia non solo ha scaturito grande interesse tra gli amanti del cinema bensì un legame con il passato. Non presenziava da diversi anni, più specificatamente
dal 2003 con Coffe and Cigarettes, altro capolavoro di mélange di venti cortometraggi in bianco e nero.
Uno dei temi che spesso viene percorso e selezionato dal cineasta statunitense è quello della solitudine, non per forza delineata da un sentimento di tristezza e amarezza bensì uno stato d’animo e fisico piuttosto tagliente, ingombrante e che incombe inevitabilmente nella vita dell’uomo.
Jarmusch, autore indipendente quale è mostra perpetuamente la sua enorme capacità di inventiva, per di più senza replicarsi mai. Questa volta il pubblico internazionale presente al Festival di Venezia è rimasto scisso in due, ma innegabile la comune percezione di denuncia da parte del regista rispetto a un tema sicuramente delicato, psicologico ed estremamente affascinante, esattamente come esplicitato in precedenza i parenti non li scegli ma ti capitano. Forse un insegnamento di vita o semplicemente una conferma di un’idea generale, sì la famiglia non se la si sceglie ma come mostra Jarmusch con tre spaccati di vita lontani l’uno dall’altro, non esistono solo le menzogne, i problemi ma anche grande comicità e affetto, in ogni caso un legame di sangue che in qualche modo contraddistingue sempre.
Federica Severo