John Williams, il maestro delle colonne sonore che ha trasformato i sogni in realtà
26/03/2022
«Senza la sua musica i superpoteri di Superman sarebbero notevolmente ridotti. Credetemi, se provate a volare senza quel tema non andrete lontani». Con queste parole il compianto Christopher Reeve omaggiava uno dei più grandi compositori della storia del cinema: John Williams.
Nato nello stato di New York l'8 febbraio 1932, nell’arco della sua prolifica carriera WIlliams ha collezionato ben 5 Oscar alla Miglior colonna sonora (secondo compositore più premiato; davanti a lui solo le 9 statuette di Alfred Newman) e ben 52 candidature (preceduto soltanto da Walt Disney con le sue 59 nomination). Un autentico monumento che, al di là di ogni mera questione numerica, incarna come nessun altro il romanticismo, l'emozione e la magia del cinema, meritandosi a pieno diritto il titolo di autore di colonne sonore più iconico di sempre.
Le musiche composte da John Williams ci accompagnano da più di sessant’anni, da quando, nel 1958, il compositore di Floral Park esordisce sul grande schermo con il B-movie Daddy-O. Prima di approdare al cinema, Williams, appena ventenne, muove i primi passi della sua carriera, componendo per l’aviazione militare americana; successivamente si iscrive alla Julliard School of Music di New York, seguendo il corso di pianoforte. Dopo alcuni anni passati a suonare come pianista jazz nei club newyorkesi, Williams lascia la costa est per la soleggiata Los Angeles; qui inizia a comporre per il piccolo schermo e si fa un nome tra la Hollywood che conta, suonando il piano in film come West Side Story (1961) e L’appartamento (1960).
Il primo Oscar arriva nel’72 per il film Il violinista sul tetto (1971), ma se vogliamo trovare il vero momento di svolta (non solo per Williams ma per tutta l’industria cinematografica) dobbiamo risalire al ‘74, anno in cui la strada del compositore si incrocia con quella di un altro genio del cinema: Steven Spielberg. Il regista di Cincinnati dichiarerà di aver scoperto il talento di Williams ascoltando le musiche di Boon il saccheggiatore (1970), e di esser stato stimolato a conoscere quello che lui pensava essere “un esperto compositore di ottant’anni”; tanto dev’esser stato lo stupore del regista nel ritrovarsi faccia a faccia con un uomo appena quattordici anni più grande di lui. Siamo agli albori di quel matrimonio artistico che ha segnato in maniera indelebile la storia del cinema di fine secolo: nel 1975 esce Lo squalo e, con il progressivo crescendo di due sole note dall'incedere inarrestabile, Williams confeziona una colonna sonora che restituisce magnificamente l’attesa di un pericolo primitivo e ancestrale. Lo squalo rappresenta uno scossone per l’industria cinematografica: nasce il blockbuster moderno e grazie a Williams, Spielberg e Lucas, prende vita un vero e proprio modello all’interno dello showbiz hollywoodiano che risolleva le sorti di due generi in declino come il fantasy e lo sci-fi.
Andando in controtendenza con la scelta delle tracks musicali dell’epoca (a farla da padrone per questi due generi erano canzoni pop), Williams sceglie di utilizzare l’orchestra tradizionale, donando un carattere più terreno alle ambientazioni futuristiche di film come Star Wars. Con la colonna sonora del capolavoro di George Lucas, e di tutti i suoi seguiti, il compositore statunitense coinvolge il pubblico, generando una maggiore empatia attraverso musiche che gli spettatori percepiscono come familiari (e non come lontani e aliene). La scelta viene inoltre giustificata facendo riferimento ai celebri titoli di testa «Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana...», contestualizzazione che chiarifica la scelta di una musica vicina come stile a quello di fine XIX e inizio XX secolo.
Anche in Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), un film essenzialmente sulla comunicazione (i personaggi urlano e gesticolano nel disperato tentativo di farsi capire), vengono utilizzati strumenti come corde e ottoni nella scena dell’incontro con gli alieni per raggiungere un effetto simile; utilizzando sonorità familiari e profondamente legate alla sfera umana/terrestre si genera una sensazione di intimità e amichevolezza verso gli alieni. La musica è quindi accogliente, vista come una sorta di linguaggio universale capace di mettere in connessione due mondi distanti. Williams utilizza anche musiche estremamente articolate che seguono lo stile dissonante/modernista, combinandolo con accenni melodici per suggerirci che, dietro ad avvenimenti apparentemente caotici e a noi estranei, si nasconde invece un significato. Sul finale del film la frenetica musica modernista lascia pian piano spazio a una melodia a noi familiare e che fonda le sue radici nella nostra infanzia: a essere evocato alla nostra memoria è la melodia di When You Wish Upon a Star, tema di Pinocchio (peraltro citato durante il film). Attraverso questa scelta formale si sottolinea il punto d’incontro di due entità estremamente diverse tra loro: gli alieni/musica modernista e la razza umana/musica tradizionale.
Altra caratteristica che spiega la grandezza dell’intera produzione del compositore, è la sua innata capacità di creare, riproporre e sviluppare un leitmotiv (melodia ricorrente nel tema che simboleggia un'idea o una persona; può essere facilmente riconosciuta anche se alterata). Uno dei più famosi esempi è il Tema della Forza. In Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza (1977) il celebre tema di Williams e lo spettacolo mozzafiato dei due soli di Tatooine che si spengono all’orizzonte, creano un’immagine destinata a fare la storia del cinema; il tema è astrazione dei sogni e delle speranze di un giovane in cerca della propria strada. Alla fine del film viene riproposto lo stesso tema con un’importante variazione: la struggente e romantica carica emotiva lascia ora spazio a una trionfale marcia eroica che sottolinea la vittoria di Luke. Williams tornerà ad utilizzare questo leitmotiv nella trilogia prequel (al momento della nascita di Luke in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith) e nella trilogia sequel (al momento della sua morte in Star Wars: Gli ultimi Jedi).
Williams è bravissimo a giocare con la memoria emotiva del pubblico: se in Star Wars: Episodio V – L'Impero colpisce ancora (1980) la Marcia imperiale è legata a doppio filo al personaggio di Darth Vader, contribuendo ad accrescere l’aura di minaccia che gli aleggia attorno, in Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma (1999) è il Tema di Anakin a rimandare al cupo tema di Vader, innescando nello spettatore un legame nostalgico con l’opera e suggerendo l’ineluttabile destino a cui andrà incontro il giovane Skywalker.
Altro elemento che caratterizza la produzione di Williams è l’utilizzo di musiche onomatopeiche, capaci di descrivere attraverso i suoni ciò che le immagini ci mostrano. È il caso del messaggio olografico della principessa Leia in cui corde e fiati richiamano l’immagine intermittente dell’ologramma, oppure dello scontro tra Luke e Vader in Star Wars: Episodio VI – Il ritorno dello Jedi (1983) in cui il suono degli strumenti a corda ci restituiscono “l’effetto risucchio”.

La musica di Williams si fa veicolo narrativo, attraverso cui percepiamo le emozioni dei protagonisti, entrando in connessione con loro. In E.T. – L'extra-terrestre (1982) la scena in cui le bici si alzano in volo è accompagnata da una musica gioiosa e densa di ottimismo che ben rappresenta lo stupore infantile davanti a un evento meraviglioso. Nel finale del film la musica si fa ancora porta d’ingresso nel cuore di Elliot: al momento dell’ultimo saluto, poco prima di concludere con una fanfara trionfale di ottoni, l’orchestra si concede un momento di calma per lasciare spazio al suono di un singolo flauto (scelta che sottolinea l’intimo legame tra i due amici).
In tutti questi anni, i temi di John Williams si sono impressi nelle nostre menti, fungendo da una sorta di amplificatore emotivo delle immagini che vediamo scorrere sul grande schermo. Queste musiche sono capaci di esplorare lo spettro delle emozioni umane: dalla suspense scaturita dall’attesa di vedere una pinna fendere lo specchio dell’acqua, all’adrenalinica sete d’avventura con cui sognavamo di girare il mondo alla ricerca di reliquie misteriose e arcane. I temi di Williams fanno parte della nostra memoria popolare perché estremamente evocativi: sono in grado di prenderci per mano e farci volare a bordo di una Nimbus 2000 tra le incantate aule di Hogwarts, ci guidano attraverso le meraviglie di un’isola esotica e primitiva popolata di dinosauri, ci lacerano l’anima come il filo spinato dei campi di sterminio, ci riportano indietro a quei tempi in cui i sogni dell’infanzia rendevano tutto possibile, anche far impennare le nostre mountain bike verso un cielo stellato.
Simone Manciulli
Nato nello stato di New York l'8 febbraio 1932, nell’arco della sua prolifica carriera WIlliams ha collezionato ben 5 Oscar alla Miglior colonna sonora (secondo compositore più premiato; davanti a lui solo le 9 statuette di Alfred Newman) e ben 52 candidature (preceduto soltanto da Walt Disney con le sue 59 nomination). Un autentico monumento che, al di là di ogni mera questione numerica, incarna come nessun altro il romanticismo, l'emozione e la magia del cinema, meritandosi a pieno diritto il titolo di autore di colonne sonore più iconico di sempre.
Le musiche composte da John Williams ci accompagnano da più di sessant’anni, da quando, nel 1958, il compositore di Floral Park esordisce sul grande schermo con il B-movie Daddy-O. Prima di approdare al cinema, Williams, appena ventenne, muove i primi passi della sua carriera, componendo per l’aviazione militare americana; successivamente si iscrive alla Julliard School of Music di New York, seguendo il corso di pianoforte. Dopo alcuni anni passati a suonare come pianista jazz nei club newyorkesi, Williams lascia la costa est per la soleggiata Los Angeles; qui inizia a comporre per il piccolo schermo e si fa un nome tra la Hollywood che conta, suonando il piano in film come West Side Story (1961) e L’appartamento (1960).
Il primo Oscar arriva nel’72 per il film Il violinista sul tetto (1971), ma se vogliamo trovare il vero momento di svolta (non solo per Williams ma per tutta l’industria cinematografica) dobbiamo risalire al ‘74, anno in cui la strada del compositore si incrocia con quella di un altro genio del cinema: Steven Spielberg. Il regista di Cincinnati dichiarerà di aver scoperto il talento di Williams ascoltando le musiche di Boon il saccheggiatore (1970), e di esser stato stimolato a conoscere quello che lui pensava essere “un esperto compositore di ottant’anni”; tanto dev’esser stato lo stupore del regista nel ritrovarsi faccia a faccia con un uomo appena quattordici anni più grande di lui. Siamo agli albori di quel matrimonio artistico che ha segnato in maniera indelebile la storia del cinema di fine secolo: nel 1975 esce Lo squalo e, con il progressivo crescendo di due sole note dall'incedere inarrestabile, Williams confeziona una colonna sonora che restituisce magnificamente l’attesa di un pericolo primitivo e ancestrale. Lo squalo rappresenta uno scossone per l’industria cinematografica: nasce il blockbuster moderno e grazie a Williams, Spielberg e Lucas, prende vita un vero e proprio modello all’interno dello showbiz hollywoodiano che risolleva le sorti di due generi in declino come il fantasy e lo sci-fi.
Andando in controtendenza con la scelta delle tracks musicali dell’epoca (a farla da padrone per questi due generi erano canzoni pop), Williams sceglie di utilizzare l’orchestra tradizionale, donando un carattere più terreno alle ambientazioni futuristiche di film come Star Wars. Con la colonna sonora del capolavoro di George Lucas, e di tutti i suoi seguiti, il compositore statunitense coinvolge il pubblico, generando una maggiore empatia attraverso musiche che gli spettatori percepiscono come familiari (e non come lontani e aliene). La scelta viene inoltre giustificata facendo riferimento ai celebri titoli di testa «Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana...», contestualizzazione che chiarifica la scelta di una musica vicina come stile a quello di fine XIX e inizio XX secolo.
Anche in Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), un film essenzialmente sulla comunicazione (i personaggi urlano e gesticolano nel disperato tentativo di farsi capire), vengono utilizzati strumenti come corde e ottoni nella scena dell’incontro con gli alieni per raggiungere un effetto simile; utilizzando sonorità familiari e profondamente legate alla sfera umana/terrestre si genera una sensazione di intimità e amichevolezza verso gli alieni. La musica è quindi accogliente, vista come una sorta di linguaggio universale capace di mettere in connessione due mondi distanti. Williams utilizza anche musiche estremamente articolate che seguono lo stile dissonante/modernista, combinandolo con accenni melodici per suggerirci che, dietro ad avvenimenti apparentemente caotici e a noi estranei, si nasconde invece un significato. Sul finale del film la frenetica musica modernista lascia pian piano spazio a una melodia a noi familiare e che fonda le sue radici nella nostra infanzia: a essere evocato alla nostra memoria è la melodia di When You Wish Upon a Star, tema di Pinocchio (peraltro citato durante il film). Attraverso questa scelta formale si sottolinea il punto d’incontro di due entità estremamente diverse tra loro: gli alieni/musica modernista e la razza umana/musica tradizionale.
Altra caratteristica che spiega la grandezza dell’intera produzione del compositore, è la sua innata capacità di creare, riproporre e sviluppare un leitmotiv (melodia ricorrente nel tema che simboleggia un'idea o una persona; può essere facilmente riconosciuta anche se alterata). Uno dei più famosi esempi è il Tema della Forza. In Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza (1977) il celebre tema di Williams e lo spettacolo mozzafiato dei due soli di Tatooine che si spengono all’orizzonte, creano un’immagine destinata a fare la storia del cinema; il tema è astrazione dei sogni e delle speranze di un giovane in cerca della propria strada. Alla fine del film viene riproposto lo stesso tema con un’importante variazione: la struggente e romantica carica emotiva lascia ora spazio a una trionfale marcia eroica che sottolinea la vittoria di Luke. Williams tornerà ad utilizzare questo leitmotiv nella trilogia prequel (al momento della nascita di Luke in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith) e nella trilogia sequel (al momento della sua morte in Star Wars: Gli ultimi Jedi).
Williams è bravissimo a giocare con la memoria emotiva del pubblico: se in Star Wars: Episodio V – L'Impero colpisce ancora (1980) la Marcia imperiale è legata a doppio filo al personaggio di Darth Vader, contribuendo ad accrescere l’aura di minaccia che gli aleggia attorno, in Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma (1999) è il Tema di Anakin a rimandare al cupo tema di Vader, innescando nello spettatore un legame nostalgico con l’opera e suggerendo l’ineluttabile destino a cui andrà incontro il giovane Skywalker.
Altro elemento che caratterizza la produzione di Williams è l’utilizzo di musiche onomatopeiche, capaci di descrivere attraverso i suoni ciò che le immagini ci mostrano. È il caso del messaggio olografico della principessa Leia in cui corde e fiati richiamano l’immagine intermittente dell’ologramma, oppure dello scontro tra Luke e Vader in Star Wars: Episodio VI – Il ritorno dello Jedi (1983) in cui il suono degli strumenti a corda ci restituiscono “l’effetto risucchio”.

La musica di Williams si fa veicolo narrativo, attraverso cui percepiamo le emozioni dei protagonisti, entrando in connessione con loro. In E.T. – L'extra-terrestre (1982) la scena in cui le bici si alzano in volo è accompagnata da una musica gioiosa e densa di ottimismo che ben rappresenta lo stupore infantile davanti a un evento meraviglioso. Nel finale del film la musica si fa ancora porta d’ingresso nel cuore di Elliot: al momento dell’ultimo saluto, poco prima di concludere con una fanfara trionfale di ottoni, l’orchestra si concede un momento di calma per lasciare spazio al suono di un singolo flauto (scelta che sottolinea l’intimo legame tra i due amici).
In tutti questi anni, i temi di John Williams si sono impressi nelle nostre menti, fungendo da una sorta di amplificatore emotivo delle immagini che vediamo scorrere sul grande schermo. Queste musiche sono capaci di esplorare lo spettro delle emozioni umane: dalla suspense scaturita dall’attesa di vedere una pinna fendere lo specchio dell’acqua, all’adrenalinica sete d’avventura con cui sognavamo di girare il mondo alla ricerca di reliquie misteriose e arcane. I temi di Williams fanno parte della nostra memoria popolare perché estremamente evocativi: sono in grado di prenderci per mano e farci volare a bordo di una Nimbus 2000 tra le incantate aule di Hogwarts, ci guidano attraverso le meraviglie di un’isola esotica e primitiva popolata di dinosauri, ci lacerano l’anima come il filo spinato dei campi di sterminio, ci riportano indietro a quei tempi in cui i sogni dell’infanzia rendevano tutto possibile, anche far impennare le nostre mountain bike verso un cielo stellato.
Simone Manciulli