In tempi segnati sempre di più dall'egemonia delle piattaforme streaming e della fruizione "veloce", il sostegno alle sale cinematografiche da parte del ministero della Cultura risulta a dir poco fondamentale.
La buona notizia è che il ministro Dario Franceschini ha firmato il nuovo "decreto finestre", che reintroduce l'obbligo di uscita in sala per i film che ricevono contributi dallo Stato.
Le pellicole in questione potranno successivamente essere distribuite sulle varie piattaforme streaming e in televisione, ma solo dopo trenta giorni dalla prima proiezione al cinema.
"In questa fase di ripartenza - ha commentato Franceschini - è fondamentale sostenere le sale cinematografiche e allo stesso tempo riequilibrare le regole per evitare che il cinema italiano sia penalizzato rispetto a quello internazionale".
Il decreto resterà in vigore fino al 31 dicembre 2021. Per un'ordinata riprogrammazione delle attività, esso prevede la validità degli accordi che gli operatori hanno siglato con le piattaforme prima del 2 maggio 2021, ovvero nel periodo in cui, a causa della chiusura delle sale, è stato temporaneamente sospeso l'obbligo di uscita in sala come precondizione per la distribuzione in streaming.
Ma il disegno previsto dal decreto non convince gli esercenti, a causa della netta disparità tra titoli stranieri e italiani.
Attraverso le parole dell'Anec, gli esponenti della categoria si sono uniti per bocciare il decreto:
"Si tratta di un provvedimento che intende porre un equilibrio fra i film italiani e quelli internazionali, dimenticando però che in sala sono pianificati, per i primi mesi e salvo occasionali eccezioni, solo film di produzione straniera, mentre i titoli nazionali, sostenuti con ingenti investimenti del Ministero, si concentrano con l'uscita in sala in pochi mesi l'anno. Se di riequilibrio si deve parlare, allora da giugno che il Ministro proceda con provvedimenti per portare in sala i film italiani, così come pianificato con quelli internazionali".
Secondo l'Anec, quindi, una ripartenza è necessaria, ma non può essere presa in considerazione senza film nostrani:
"Gli esercenti stanno riaprendo le sale nonostante le difficoltà e i risultati arrivano, il pubblico risponde così come lo ha fatto a fine agosto e settembre con i film di richiamo che sono stati messi a disposizione".
"Il cinema italiano - e qui sta il grosso del problema - è il grande assente per la ripartenza, nonostante i continui proclami di numerose produzioni, attori e registi con prodotti pronti, ma l’urgenza, a quanto pare, è garantirne la tutela per i prossimi 8 mesi, consapevoli che probabilmente per i prossimi 3-4 mesi il numero di titoli italiani che approderà nelle sale sarà solo marginale. Proprio nei giorni scorsi abbiamo assistito al film di Verdone proposto in tre sale di Roma, nei giorni della riapertura, senza concedere l’opportunità a nessun altro esercente di programmarlo, salvo poi richiamare l’esclusiva della piattaforma cui è stato venduto. Per non parlare del film di Massimiliano Bruno Ritorno al crimine, di cui non si parla più; titolo che poteva essere portato in sala a settembre quando l’80% degli schermi era aperto".
Il presidente dell'Anec, Mario Lorini, fa notare che il 2021 "registra perdite dell'esercizio che a fine aprile superano i 400 milioni di euro, nessuno stanziamento ancora definito dal fondo emergenza cinema, una campagna promozionale di rilancio del settore che non ha riscontri, condizioni di mercato che non tengono conto delle difficoltà degli esercenti che riaprono, richiamando gli addetti al lavoro, dando impulso all'economia che ruota intorno alla sala cinematografica.
Con queste criticità, che minano la riapertura strutturata dei cinema, si ritiene che l'aiuto alle sale passi dalla urgenza di definire la finestra di 30 giorni al cinema italiano per i prossimi otto mesi?"