Get Out: Media, libertà di scelta e attivismo
19/04/2025
Riceviamo e con piacere condividiamo l'analisi di Scappa - Get Out di Jordan Peele, scritta da Alice Migliavacca.
Get Out (2017) è l’opera prima del comico, regista e sceneggiatore Jordan Peele. Ispirato a grandi classici del social thriller come The Stepford Wives e Rosemary’s baby, Peele usa gli elementi e gli stilemi dell’horror per creare una rappresentazione satirica degli Stati Uniti d’America del ventunesimo secolo. Focalizza l’attenzione degli spettatori su problematiche sociali e politiche considerate antiquate, sottolineando invece come siano ancora presenti e ben radicate nella società contemporanea. Il film è stato un successo al botteghino e di critica, nel 2018 vince il premio Oscar per Miglior Sceneggiatura Originale e viene nominato per Miglior Film, Miglior Regista e Miglior Attore Protagonista.
DUALISMO: PREDA O PREDATORE? EROE O MARTIRE?
In Get Out la fuga nasce da un contrasto tra preda e predatore, buono e cattivo, nero e bianco. Attraverso continui ribaltamenti il film presenta due punti di vista diversi e paralleli: quello della comunità afroamericana attraverso l’esperienza di Chris e quello della comunità bianca attraverso gli Armitage. Il film inizia e si conclude con la canzone Sikiliza Kwa Wahenga di Michael Abels, che suggerisce di ascoltare i saggi e correre il più lontano possibile. La canzone è il primo indizio di un pericolo imminente, ripreso dall’ansia data dal contesto: un uomo nero si aggira da solo in un quartiere bianco. Il significato attribuito al bianco e al nero è capovolto, dobbiamo temere il bianco. È di questo colore la porsche che si avvicina ad Andre prima di rapirlo, mentre la radio trasmette Run Rabbit Run di Noel Gay e Ralph Butler, che esorta Andre a scappare. Jeremy Armitage è il cacciatore mentre Andre Hayworth il coniglio. Durante il film la figura di Chris, e della comunità afroamericana, viene associata ad un’altra preda: il cervo. Il finale riprende gli elementi della scena iniziale: la tensione, la fuga, un uomo nero e un veicolo sospetto. Quando Chris sembra finalmente libero sentiamo una sirena e vediamo una macchina blu avvicinarsi. Chris è ricoperto di sangue e sta aggredendo Rose, la composizione richiama una scena che vediamo poco dopo i titoli di testa. Chris è sopra Rose, sul letto del suo appartamento, mentre le confida le sue preoccupazioni per l’imminente incontro con i suoceri. In entrambi i casi Chris sovrasta fisicamente Rose, ma è la ragazza ad avere realmente il controllo della situazione. Nella scena finale Chris decide di non strangolare Rose e riesce a salvarsi grazie a Rod. Nel finale alternativo si ha un ribaltamento: Chris uccide Rose, viene arrestato dalla polizia ed è portato in prigione. Chris è rappresentato come un martire, uccidendo Rose diventa il predatore e sacrifica una parte di sé per un obiettivo superiore. I due finali riflettono la diverse percezione di Peele della società contemporanea: in un quadro più pessimista per far luce sulle problematiche contemporanee sono necessari dei gesti estremi; al contrario, se la società ha maggior consapevolezza di sé c’è bisogno di un eroe da celebrare.
MEDIA COME STRUMENTO DI IPNOSI O MEZZO DI PROTESTA
Uno dei temi centrali del film è la dialettica tra l’ipnosi e il risveglio, tale dicotomia rappresenta la doppia valenza dei media: strumento di manipolazione e controllo oppure arma per risvegliare la coscienza e svelare la realtà. Chris deve scappare sia da una prigione materiale, la casa degli Armitage, che da una mentale, l’ipnosi di Missy. Una volta ipnotizzato vede la realtà circostante attraverso un piccolo schermo rettangolare: come da bambino si ritrova impotente e immobile davanti alla televisione. Il Sunken Place simboleggia il controllo e la manipolazione che i media esercitano costantemente su di noi, sia che si tratti di quelli tradizionali che dei nuovi media. Un eccesso di informazioni e di scelte ci paralizza, rischiamo di diventare vittime di ipnosi: spettatori passivi incapaci di avere il controllo sul nostro corpo, il nostro pensiero e le nostre scelte. Tra i mezzi di comunicazione, i social media sono lo strumento che può indurci ad un maggior senso di depersonalizzazione: un’esperienza dissociativa caratterizzata dalla sensazione di essere estraniati e distaccati dal proprio corpo e dal mondo. Terminata l’ipnosi, le vittime condividono il loro corpo con un io opposto in cui non si riconoscono: un avatar su cui non hanno controllo. Durante l’ipnosi, Chris scopre la verità sulla famiglia Armitage attraverso delle videocassette trasmesse in televisione: i media diventano uno strumento per squarciare il velo di Maya. Tale ribaltamento è ripreso dal metodo con cui Chris fugge all’ipnosi: si tappa le orecchie con il cotone. L’oggetto simbolo della schiavitù dei neri diventa la chiave per la libertà, possiamo usare ciò che ha controllo su di noi a nostro vantaggio. Il film si concentra sull’analisi di un media in particolare: la fotografia, lo strumento perfetto per rivelare ciò che è nascosto. Il flash del telefono di Chris risveglia Andre/Logan e Walter che, per un breve istante, riottengono la loro identità. Nell’epoca contemporanea gli smartphone sono usati come strumento di protezione e di denuncia, molte vittime di violenza li utilizzano per filmare le vessazioni subite e dimostrare la loro innocenza. Questa tendenza è aumentata nel 2020 durante le manifestazioni del movimento Black Lives Matter. Uno dei video maggiormente condivisi fu quello della morte di George Floyd, fondamentale per la condanna dell’ex poliziotto Derek Chauvin e per fare luce sull’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine. Jordan Peele usa il mezzo cinematografico con lo stesso intento: far riflettere gli spettatori sull’attuale situazione negli Stati Uniti d’America. Nel 2022, con il suo terzo film Nope, affronta il tema dell’evoluzione del rapporto uomo-media e riflette sul passaggio dal guardare al riprendere. Otis, nuovamente interpretato da Daniel Kaluuya, vuole filmare la creatura aliena che sorvola il suo ranch per vendere il video e guadagnare soldi facili; scopre che per non attirare l’attenzione del mostro bisogna evitare di guardarlo negli occhi. Il film riflette sull’ossessione di riprendere ogni avvenimento, prima ancora di viverlo. Il direttore della fotografia Antlers Holst incarna i pericoli di questa ossessione. Tra sopravvivere e filmare Holst decide di filmare: viene ucciso dal mostro mentre cerca di ottenere lo scatto perfetto. I media ci scollegano dalla realtà e ci impediscono di renderci conto del pericolo, il distaccamento dal reale è talmente ampio che non cogliamo la gravità di ciò che ci accade attorno. Proprio come suggerisce Otis, ogni tanto bisogna distogliere lo sguardo e prendersi una pausa.
ROSE ARMITAGE E IL PERFORMATIVE ACTIVISM
La famiglia Armitage incarna i bianchi americani liberali e progressisti che, credendo di appartenere ad una classe sociale ed intellettuale più elevata, non ritengono essere causa di una delle problematiche politico-sociali che affliggono gli Stati Uniti da decenni: il razzismo sistematico. Tra i membri della famiglia, Rose rappresenta perfettamente la figura dell’ally: chi sta dalla parte della giustizia e si impegna a combattere ogni forma di razzismo e discriminazione. Ma dietro la facciata premurosa di Rose si nasconde ben altro, tutte le sue azioni hanno un secondo fine. Superficialmente sembra agire per il bene di Chris, ma il suo vero scopo è manipolarlo. Quando impedisce al poliziotto di chiedergli i documenti, non lo fa per proteggere Chris da un episodio di racial profiling, ma per impedire al poliziotto di rintracciarlo in caso di scomparsa. Anche quando allontana Chris dalla festa, non lo fa per confortarlo, ma per dare inizio all’asta che determinerà il futuro proprietario del suo corpo. Oltre a rappresentare l’archetipo della femme fatale, la figura di Rose è una metafora del performative activism. Lei non vuole salvare Chris ma portare avanti il credo di suo nonno e dell’Ordine della Coagula, il performative activism non è sostenuto da un interesse reale per ottenere dei cambiamenti nella società ma è attuato unicamente per ricevere in cambio un ritorno d’immagine e aumentare il proprio social capital. Molto spesso i white allies vogliono mantenere i loro privilegi senza mettere in discussione i sistemi di dominio della società, gli Armitage hanno perfezionato il metodo per rinforzare la loro supremazia: sfruttare i corpi dei neri e sostituire le loro menti inferiori con quelle dei membri bianchi dell’Ordine. Lo slogan del film “Just because you're invited, doesn't mean you're welcome” è riconvertibile in: “Just because they are saying they support the cause, doesn’t mean they actually do!”. Chi adotta i comportamenti distintivi del performative activism è sempre in cerca di nuove battaglie per elevare la propria reputazione. Convinta della morte di Chris, Rose cerca immediatamente il prossimo obiettivo mentre dietro di lei sono esposte trionfanti le foto delle vittime precedenti. Il performative activism viene accettato ed usato da diversi movimenti sociali nonostante alimenti fenomeni dannosi per i movimenti stessi. Chris nutre dei dubbi sulle vere intenzioni dei suoceri ma non riesce a rinunciare a Rose, anche dopo aver trovato le foto che mostrano la vera natura della ragazza decide comunque scappare con lei. Ma nel momento in cui Rose può fare un’azione concreta per aiutare Chris, consegnargli le chiavi della macchina, si rifiuta. La differenza tra l’action-oriented activism e il performative activism consiste nella tesi che ad una dichiarazione debba susseguirsi un’azione. Rod è l’unico personaggio che incarna il ‘vero attivismo’: ha a cuore gli interessi di Chris e agisce per aiutarlo. Il film non si conclude con il white savior ma con un deus ex machina ironico che vede Rod rimproverare Chris per essere andato in una casa piena di bianchi. Rod rappresenta l’agire e la libertà di scelta.
Alice Migliavacca
Get Out (2017) è l’opera prima del comico, regista e sceneggiatore Jordan Peele. Ispirato a grandi classici del social thriller come The Stepford Wives e Rosemary’s baby, Peele usa gli elementi e gli stilemi dell’horror per creare una rappresentazione satirica degli Stati Uniti d’America del ventunesimo secolo. Focalizza l’attenzione degli spettatori su problematiche sociali e politiche considerate antiquate, sottolineando invece come siano ancora presenti e ben radicate nella società contemporanea. Il film è stato un successo al botteghino e di critica, nel 2018 vince il premio Oscar per Miglior Sceneggiatura Originale e viene nominato per Miglior Film, Miglior Regista e Miglior Attore Protagonista.
DUALISMO: PREDA O PREDATORE? EROE O MARTIRE?
In Get Out la fuga nasce da un contrasto tra preda e predatore, buono e cattivo, nero e bianco. Attraverso continui ribaltamenti il film presenta due punti di vista diversi e paralleli: quello della comunità afroamericana attraverso l’esperienza di Chris e quello della comunità bianca attraverso gli Armitage. Il film inizia e si conclude con la canzone Sikiliza Kwa Wahenga di Michael Abels, che suggerisce di ascoltare i saggi e correre il più lontano possibile. La canzone è il primo indizio di un pericolo imminente, ripreso dall’ansia data dal contesto: un uomo nero si aggira da solo in un quartiere bianco. Il significato attribuito al bianco e al nero è capovolto, dobbiamo temere il bianco. È di questo colore la porsche che si avvicina ad Andre prima di rapirlo, mentre la radio trasmette Run Rabbit Run di Noel Gay e Ralph Butler, che esorta Andre a scappare. Jeremy Armitage è il cacciatore mentre Andre Hayworth il coniglio. Durante il film la figura di Chris, e della comunità afroamericana, viene associata ad un’altra preda: il cervo. Il finale riprende gli elementi della scena iniziale: la tensione, la fuga, un uomo nero e un veicolo sospetto. Quando Chris sembra finalmente libero sentiamo una sirena e vediamo una macchina blu avvicinarsi. Chris è ricoperto di sangue e sta aggredendo Rose, la composizione richiama una scena che vediamo poco dopo i titoli di testa. Chris è sopra Rose, sul letto del suo appartamento, mentre le confida le sue preoccupazioni per l’imminente incontro con i suoceri. In entrambi i casi Chris sovrasta fisicamente Rose, ma è la ragazza ad avere realmente il controllo della situazione. Nella scena finale Chris decide di non strangolare Rose e riesce a salvarsi grazie a Rod. Nel finale alternativo si ha un ribaltamento: Chris uccide Rose, viene arrestato dalla polizia ed è portato in prigione. Chris è rappresentato come un martire, uccidendo Rose diventa il predatore e sacrifica una parte di sé per un obiettivo superiore. I due finali riflettono la diverse percezione di Peele della società contemporanea: in un quadro più pessimista per far luce sulle problematiche contemporanee sono necessari dei gesti estremi; al contrario, se la società ha maggior consapevolezza di sé c’è bisogno di un eroe da celebrare.
MEDIA COME STRUMENTO DI IPNOSI O MEZZO DI PROTESTA
Uno dei temi centrali del film è la dialettica tra l’ipnosi e il risveglio, tale dicotomia rappresenta la doppia valenza dei media: strumento di manipolazione e controllo oppure arma per risvegliare la coscienza e svelare la realtà. Chris deve scappare sia da una prigione materiale, la casa degli Armitage, che da una mentale, l’ipnosi di Missy. Una volta ipnotizzato vede la realtà circostante attraverso un piccolo schermo rettangolare: come da bambino si ritrova impotente e immobile davanti alla televisione. Il Sunken Place simboleggia il controllo e la manipolazione che i media esercitano costantemente su di noi, sia che si tratti di quelli tradizionali che dei nuovi media. Un eccesso di informazioni e di scelte ci paralizza, rischiamo di diventare vittime di ipnosi: spettatori passivi incapaci di avere il controllo sul nostro corpo, il nostro pensiero e le nostre scelte. Tra i mezzi di comunicazione, i social media sono lo strumento che può indurci ad un maggior senso di depersonalizzazione: un’esperienza dissociativa caratterizzata dalla sensazione di essere estraniati e distaccati dal proprio corpo e dal mondo. Terminata l’ipnosi, le vittime condividono il loro corpo con un io opposto in cui non si riconoscono: un avatar su cui non hanno controllo. Durante l’ipnosi, Chris scopre la verità sulla famiglia Armitage attraverso delle videocassette trasmesse in televisione: i media diventano uno strumento per squarciare il velo di Maya. Tale ribaltamento è ripreso dal metodo con cui Chris fugge all’ipnosi: si tappa le orecchie con il cotone. L’oggetto simbolo della schiavitù dei neri diventa la chiave per la libertà, possiamo usare ciò che ha controllo su di noi a nostro vantaggio. Il film si concentra sull’analisi di un media in particolare: la fotografia, lo strumento perfetto per rivelare ciò che è nascosto. Il flash del telefono di Chris risveglia Andre/Logan e Walter che, per un breve istante, riottengono la loro identità. Nell’epoca contemporanea gli smartphone sono usati come strumento di protezione e di denuncia, molte vittime di violenza li utilizzano per filmare le vessazioni subite e dimostrare la loro innocenza. Questa tendenza è aumentata nel 2020 durante le manifestazioni del movimento Black Lives Matter. Uno dei video maggiormente condivisi fu quello della morte di George Floyd, fondamentale per la condanna dell’ex poliziotto Derek Chauvin e per fare luce sull’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine. Jordan Peele usa il mezzo cinematografico con lo stesso intento: far riflettere gli spettatori sull’attuale situazione negli Stati Uniti d’America. Nel 2022, con il suo terzo film Nope, affronta il tema dell’evoluzione del rapporto uomo-media e riflette sul passaggio dal guardare al riprendere. Otis, nuovamente interpretato da Daniel Kaluuya, vuole filmare la creatura aliena che sorvola il suo ranch per vendere il video e guadagnare soldi facili; scopre che per non attirare l’attenzione del mostro bisogna evitare di guardarlo negli occhi. Il film riflette sull’ossessione di riprendere ogni avvenimento, prima ancora di viverlo. Il direttore della fotografia Antlers Holst incarna i pericoli di questa ossessione. Tra sopravvivere e filmare Holst decide di filmare: viene ucciso dal mostro mentre cerca di ottenere lo scatto perfetto. I media ci scollegano dalla realtà e ci impediscono di renderci conto del pericolo, il distaccamento dal reale è talmente ampio che non cogliamo la gravità di ciò che ci accade attorno. Proprio come suggerisce Otis, ogni tanto bisogna distogliere lo sguardo e prendersi una pausa.
ROSE ARMITAGE E IL PERFORMATIVE ACTIVISM
La famiglia Armitage incarna i bianchi americani liberali e progressisti che, credendo di appartenere ad una classe sociale ed intellettuale più elevata, non ritengono essere causa di una delle problematiche politico-sociali che affliggono gli Stati Uniti da decenni: il razzismo sistematico. Tra i membri della famiglia, Rose rappresenta perfettamente la figura dell’ally: chi sta dalla parte della giustizia e si impegna a combattere ogni forma di razzismo e discriminazione. Ma dietro la facciata premurosa di Rose si nasconde ben altro, tutte le sue azioni hanno un secondo fine. Superficialmente sembra agire per il bene di Chris, ma il suo vero scopo è manipolarlo. Quando impedisce al poliziotto di chiedergli i documenti, non lo fa per proteggere Chris da un episodio di racial profiling, ma per impedire al poliziotto di rintracciarlo in caso di scomparsa. Anche quando allontana Chris dalla festa, non lo fa per confortarlo, ma per dare inizio all’asta che determinerà il futuro proprietario del suo corpo. Oltre a rappresentare l’archetipo della femme fatale, la figura di Rose è una metafora del performative activism. Lei non vuole salvare Chris ma portare avanti il credo di suo nonno e dell’Ordine della Coagula, il performative activism non è sostenuto da un interesse reale per ottenere dei cambiamenti nella società ma è attuato unicamente per ricevere in cambio un ritorno d’immagine e aumentare il proprio social capital. Molto spesso i white allies vogliono mantenere i loro privilegi senza mettere in discussione i sistemi di dominio della società, gli Armitage hanno perfezionato il metodo per rinforzare la loro supremazia: sfruttare i corpi dei neri e sostituire le loro menti inferiori con quelle dei membri bianchi dell’Ordine. Lo slogan del film “Just because you're invited, doesn't mean you're welcome” è riconvertibile in: “Just because they are saying they support the cause, doesn’t mean they actually do!”. Chi adotta i comportamenti distintivi del performative activism è sempre in cerca di nuove battaglie per elevare la propria reputazione. Convinta della morte di Chris, Rose cerca immediatamente il prossimo obiettivo mentre dietro di lei sono esposte trionfanti le foto delle vittime precedenti. Il performative activism viene accettato ed usato da diversi movimenti sociali nonostante alimenti fenomeni dannosi per i movimenti stessi. Chris nutre dei dubbi sulle vere intenzioni dei suoceri ma non riesce a rinunciare a Rose, anche dopo aver trovato le foto che mostrano la vera natura della ragazza decide comunque scappare con lei. Ma nel momento in cui Rose può fare un’azione concreta per aiutare Chris, consegnargli le chiavi della macchina, si rifiuta. La differenza tra l’action-oriented activism e il performative activism consiste nella tesi che ad una dichiarazione debba susseguirsi un’azione. Rod è l’unico personaggio che incarna il ‘vero attivismo’: ha a cuore gli interessi di Chris e agisce per aiutarlo. Il film non si conclude con il white savior ma con un deus ex machina ironico che vede Rod rimproverare Chris per essere andato in una casa piena di bianchi. Rod rappresenta l’agire e la libertà di scelta.
Alice Migliavacca