L’ombra iconica di Humphrey Bogart
23/10/2020

Fra le tante stelle incastonate nel cielo notturno di Hollywood, una in particolare riesce a portare la memoria dello spettatore ai vecchi fasti della golden era dell’establishment cinematografico firmato USA.
Nome misticamente evocativo, quello di Humphrey Bogart, in grado di far emergere dalle nebbie della mente l’ombra (con tanto di impermeabile e fedora) di uno degli attori più famosi della storia della settima arte.
Durante tutti gli anni '30 Bogart fu rilegato al ruolo del villain, spesso un gangster. L’attore era una presenza ricorrente nel cinema di quel periodo ma ancora distante dal raggiungere quella fama che, ai giorni d’oggi, diamo quasi per scontata.

Sembrerà strano riconoscere i lineamenti dell’attore in questo horror fantascientifico: Il ritorno del Dottor X (1939) diretto da Vincent Sherman. Da lì a due anni arriverà la svolta nella carriera dell’interprete.



Siamo nel 1941 quando esce Una pallottola per Roy, diretto da Raoul Walsh. Questo film segna (provvisoriamente) la fine dell’era dei gangster-movie e proietta la carriera di Bogart verso un nuovo inizio. Roy Earle, interpretato da un Humphrey Bogart al suo primo vero ruolo da protagonista, è un personaggio memorabile: un criminale tormentato dai fantasmi del suo passato, invaghito di una ragazza storpia (Joan Leslie) che ha aiutato a guarire pagandole una delicata operazione chirurgica; un uomo brutale e violento che, però, subisce il fascino di un piccolo bastardino. Raramente era stato raccontato sul grande schermo un delinquente tanto sfaccettato e ricco di sfumature. Lo sguardo malinconico di Bogart accompagna una pellicola dal sapore funerario.



Lo stesso anno esce Il mistero del falco, diretto da John Huston. L’esordio di Huston dietro la macchina da presa ha inaugurato ufficialmente la stagione del noir americano e ne è divenuto il modello per eccellenza nella storia del cinema. Bogart, sguardo malinconico, impermeabile e sigaretta sempre accesa, entra indelebilmente nell'immaginario collettivo nei panni dell'antieroe cinico e disilluso in lotta contro i mali di una società corrotta dall'avidità. L’attore newyorkese si fa promotore di quello che diventerà lo stereotipo del personaggio hard boiled: un uomo tutto d’un pezzo, dalla lingua tagliente, ma, al contempo, profondamente umano nel momento in cui lascia intravedere tutta la sua vulnerabilità.



È stato forse questo il grande talento di Bogart: quello di interpretare uomini duri e all’apparenza freddi, ma, sotto sotto, disperatamente aggrappati alla speranza. Indimenticabile in questo senso il personaggio di Rick Blaine in quello che è uno dei più celebri melodrammi di Hollywood: Casablanca (1942), diretto da Michael Curtiz. Il nostro protagonista è un cinico, ormai disilluso dalla vita. Bogart, spogliando Rick della sua corazza, lentamente ci mostra che il suo è solo uno scudo difensivo: tutto il dolore, l’amarezza e il conflitto che si celano nell’animo di Rick trovano, come unica valvola di sfogo, l’intenso e malinconico sguardo di Bogart.



Con Casablanca Bogart aggiunge al suo repertorio quella tematica amorosa che lo seguirà anche nel film del 1944 diretto da Howard Hawks: Acque del Sud. Film che cresce con il passare dei minuti, grazie anche al grande lavoro sul ritmo della regia, trovando la sua vetta negli indimenticabili dialoghi della coppia Bogart/Bacall: i due, proprio durante la lavorazione, si innamorarono perdutamente, gettando le basi del matrimonio.



Nel 1946 Bogart presta il suo volto al detective Marlowe: il film è Il grande sonno, diretto da Howard Hawks. Uno dei noir classici più iconici degli anni '40, l'opera che codificò tutti i cliché del genere, giocandoci apertamente (a partire dalle due ombre che si accendono la sigaretta nei titoli di testa).



Nel 1948 Bogart interpreta un ruolo inedito nel film Il tesoro della Sierra Madre, diretto da John Huston. Ulteriore passo avanti nella carriera dell’attore newyorkese che, dopo anni di successi come investigatore privato, si ritrova a dare vita a un personaggio che soccombe alle proprie debolezze: non trovando infatti sbocchi emotivi, il nostro protagonista cede alla sua ossessione ed essa si tramuta in follia e rabbia, un vero e proprio fuoco arde negli occhi allucinati di Bogart.



Nel 1951, infine, arriverà il primo riconoscimento dell’Academy: Bogart vinse l’Oscar al miglior attore protagonista per La regina d’Africa, diretto da John Huston. Tra i maggiori successi di pubblico di John Huston, è un road movie sull'acqua che si fa al contempo racconto d'avventura dall'ambientazione suggestiva, commedia e bizzarra storia d'amore tra due outsider (la zitella e l'ubriacone). Le interpretazioni della Hepburn e di Bogart, ai tempi all'apice della fama e soli in scena per quasi tutto il film, sono impagabili.



Simone Manciulli

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