I 400 colpi - Le vostre analisi!
27/09/2022
Al termine del webinar dedicato all'analisi de I 400 colpi di François Truffaut abbiamo chiesto ai partecipanti di scrivere un'analisi relativa al film. Ecco le più interessanti:
I 400 colpi o enchainer les betises...
di Adele D'Ippolito
Se non ci fosse la certezza che il regista sta raccontando la sua storia, si potrebbe pensare al racconto di un Pinocchio degli anni '50. Ci sono le tentazioni dell'amico Lucignolo/René, ma nessun paese dei balocchi, solo solitudine. Non certo una favola, ma anzi un racconto un po' amaro. Anche il Pinocchio di Collodi ha forse patito la solitudine durante la sua avventura, ma essendo una favola questo non è sottolineato.
Antoine Doinel vive una situazione difficile: il compagno della madre non è il padre, la madre ha un amante, in famiglia non si riescono a capire. Anche a scuola ci sono problemi, la casa dove abita con i genitori è claustrofobica: tre stanze e lui dorme nel sacco a pelo vicino alla porta d'ingresso. Tutto questo lo porta a una ricerca spasmodica di libertà che a volte è andare contro le regole, altre volte è andare al cinema ma soprattutto è voglia di scappare. Di vedere il mare, elemento che è, di per sé, libertà.
Il non essere amato/compreso dai genitori, né capito a scuola, è un non essere 'visto', un 'non-essere', Truffaut, sottolineando questo aspetto, quando Antoine scappato da casa andrà a nascondersi dall'amico René, l'unico che lo vede, nel momento dell'irruzione del padre di René nella stanza dove sono i due ragazzi, questi pur guardando verso dove è nascosto Antoine non lo vede.
I 400 colpi è ambientato a Parigi, nell'arrondissement un po' malfamato di Pigalle mentre la reclusione nel riformatorio e la fuga verso il mare sono girate in Normandia a qualche km da Parigi: il film non è stato girato in studi cinematografici ma solo in esterni.
Antoine, reagendo alla realtà che sta vivendo, ha una sorta di anaffettività, racconta particolari piuttosto gravi della sua vita come se li avesse visti in un film. L'unico momento in cui lacrima in silenzio è quando viene trasportato al riformatorio… come se le sbarre che ha davanti al viso gli impedissero realmente di poter fare 'il diavolo a quattro'. Guarda fuori, ma è un film triste, dove lui è un protagonista/burattino, portato dove non vorrebbe andare. La storia è quella del regista che, a sua volta, aspirava e aspira nel film alla libertà. Il suo voler fare il diavolo a 4 è ormai 'maturato' rispetto al periodo della sua vita che sta raccontando, e rivolge 'ora’ questa ricerca all'espressione/linguaggio filmico. Le prime immagini sono una danza attorno alla tour Eiffel, con la tour Eiffel, un valzer, la torre prima appare dietro alle case, poi si vede dal Trocadero fino ad arrivare sotto alla torre.
Antoine si appassiona ad Honoré de Balzac, lo si vede sdraiato sul divano con un suo libro, si sente la voce di Francois Truffaut leggere un brano da 'La ricerca dell'assoluto'. Balzac è un autore francese legato alla rappresentazione del vero, come Truffaut e la stessa sua dichiarazione: 'i film sono lo specchio della vita' evidenzia il legame. Truffaut parlando infine di Antoine, e di se stesso, non usa schemi 'tipici di un certo cinema' cioè un bambino non è buono 'a prescindere', non ci sono pentimenti o assoluzioni. È una vita, quella che racconta, senza coperte che nascondano le azioni o i pensieri peggiori.
I 400 colpi o enchainer les betises...
di Adele D'Ippolito
Se non ci fosse la certezza che il regista sta raccontando la sua storia, si potrebbe pensare al racconto di un Pinocchio degli anni '50. Ci sono le tentazioni dell'amico Lucignolo/René, ma nessun paese dei balocchi, solo solitudine. Non certo una favola, ma anzi un racconto un po' amaro. Anche il Pinocchio di Collodi ha forse patito la solitudine durante la sua avventura, ma essendo una favola questo non è sottolineato.
Antoine Doinel vive una situazione difficile: il compagno della madre non è il padre, la madre ha un amante, in famiglia non si riescono a capire. Anche a scuola ci sono problemi, la casa dove abita con i genitori è claustrofobica: tre stanze e lui dorme nel sacco a pelo vicino alla porta d'ingresso. Tutto questo lo porta a una ricerca spasmodica di libertà che a volte è andare contro le regole, altre volte è andare al cinema ma soprattutto è voglia di scappare. Di vedere il mare, elemento che è, di per sé, libertà.
Il non essere amato/compreso dai genitori, né capito a scuola, è un non essere 'visto', un 'non-essere', Truffaut, sottolineando questo aspetto, quando Antoine scappato da casa andrà a nascondersi dall'amico René, l'unico che lo vede, nel momento dell'irruzione del padre di René nella stanza dove sono i due ragazzi, questi pur guardando verso dove è nascosto Antoine non lo vede.
I 400 colpi è ambientato a Parigi, nell'arrondissement un po' malfamato di Pigalle mentre la reclusione nel riformatorio e la fuga verso il mare sono girate in Normandia a qualche km da Parigi: il film non è stato girato in studi cinematografici ma solo in esterni.
Antoine, reagendo alla realtà che sta vivendo, ha una sorta di anaffettività, racconta particolari piuttosto gravi della sua vita come se li avesse visti in un film. L'unico momento in cui lacrima in silenzio è quando viene trasportato al riformatorio… come se le sbarre che ha davanti al viso gli impedissero realmente di poter fare 'il diavolo a quattro'. Guarda fuori, ma è un film triste, dove lui è un protagonista/burattino, portato dove non vorrebbe andare. La storia è quella del regista che, a sua volta, aspirava e aspira nel film alla libertà. Il suo voler fare il diavolo a 4 è ormai 'maturato' rispetto al periodo della sua vita che sta raccontando, e rivolge 'ora’ questa ricerca all'espressione/linguaggio filmico. Le prime immagini sono una danza attorno alla tour Eiffel, con la tour Eiffel, un valzer, la torre prima appare dietro alle case, poi si vede dal Trocadero fino ad arrivare sotto alla torre.
Antoine si appassiona ad Honoré de Balzac, lo si vede sdraiato sul divano con un suo libro, si sente la voce di Francois Truffaut leggere un brano da 'La ricerca dell'assoluto'. Balzac è un autore francese legato alla rappresentazione del vero, come Truffaut e la stessa sua dichiarazione: 'i film sono lo specchio della vita' evidenzia il legame. Truffaut parlando infine di Antoine, e di se stesso, non usa schemi 'tipici di un certo cinema' cioè un bambino non è buono 'a prescindere', non ci sono pentimenti o assoluzioni. È una vita, quella che racconta, senza coperte che nascondano le azioni o i pensieri peggiori.