A mali estremi, estreme stupidaggini.
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Sette puntate velocissime, da circa venti minuti l’una: I am not ok with this, tratta dal romanzo grafico di Charles Forsman, è una serie tv originale Netflix targata Jonathan Entwistle, già regista del fortunatissimo The End of the F***ing World, e creata insieme ai produttori di Stranger Things.
Sydney Novak vive nella piccola cittadina di Brownsville, Pennsylvania, insieme a sua madre Maggie (inizialmente molto severa; puntata dopo puntata, invece, scopriremo che non lo è affatto), e al suo fratellino Liam. Il padre di Sidney si è suicidato, la madre fa la cameriera e lei è la tipica diciassettenne, introversa e cupa, che spesso soffre anche di bruschi attacchi d’ira.
La psicologa della scuola le regala un diario, consigliandole di annotare i suoi stati d’animo, e la sua vita in generale, per aiutarla a gestire la sua delicata situazione emotiva. Sydney può anche contare sul supporto della sua migliore amica Dina, ragazza estroversa e piena di energia, sempre al suo fianco nei momenti difficili, e dell'amico Stanley Barber, eccentrico e creativo, con cui Sydney avrà la sua prima esperienza sessuale e che si rivelerà l’unico in grado di capirla.

Tutto sembra appartenere comodamente a uno dei tanti teen drama americani, ma non sarà così: scena dopo scena scopriamo che Sydney possiede dei veri e propri super poteri ingestibili e non meglio definiti, come creare emorragie nasali a chi non le sta simpatico. Sydney detesta sua madre, non riesce a capire cosa prova per Stanley (che, invece, la ama profondamente), deve accudire il fratellino Liam e scopre di provare un sentimento per la sua migliore amica Dina, che bacerà durante un party: Sidney è la tipica adolescente piena di problemi, a cui si aggiungono, però, i super poteri.
Senza usare giri di parole, non ci siamo molto. Lo show usa la solita fotografia vintage alla costante ricerca di un mood anni ’80 in chiave 2.0 che tanto va di moda e che, secondo noi, ha già fatto il suo tempo. Arrivando, però, alla sostanza, davvero avevamo bisogno dell’ennesima teenager incompresa, cupa e problematica, dopo prodotti d’eccellenza come 13 Reasons Why per citarne uno? Se l’atteggiamento vuole essere cool, dinamico e fuori dagli schemi, forse si doveva fare maggiore attenzione dopo progetti come Sex Education, dove niente è lasciato al caso e la cura al dettaglio è maniacale.
Lo spunto dei super poteri poteva essere originale ma non ha spessore, non è curato, non è minimamente vicino ai livelli di Stranger Things di cui la serie condivide i produttori.
Da segnalare, invece, c’è sicuramente la buona interpretazione di Sophia Lillis, star delle celeberrimo It. E, in generale, possiamo davvero sostenere tutta questa classe di giovanissimi attori nati nei primi anni 2000, chiamati a interpretare, se non a inventare proprio, questi ruoli Netflix bizzarri, non standard, non convenzionali, insomma nuovi.

Forse, nell’intenzione degli autori, i super poteri che scaturiscono dalla rabbia di Sydney, a seguito della morte del padre, vorrebbero essere metafora del dolore e delle numerose sfide che tutti gli adolescenti sono chiamati ad affrontare nel faticoso e difficile cammino della crescita, soprattutto nei casi simili a quello della protagonista che, ai problemi tipici della gioventù, aggiunge l’enorme peso di un suicidio. Se fosse così aspettiamo sicuramente una seconda stagione, per averne conferma.
Nel frattempo siamo convinti di essere davvero distanti da The end of the F***king world, non un capolavoro eterno ma sicuramente un prodotto originale e di qualità. Inoltre, quel tocco europeo e british di Alyssa e James in The end of the F***king world pare proprio non essere riproducibile in America.
Aspettiamo una sicura seconda stagione per cambiare idea ma, intanto, we are not ok with this series!
Caterina De Sanctis