Il cinema di Akira Kurosawa: le vostre analisi!
04/11/2021
Durante il workshop dedicato al cinema di Akira Kurosawa abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi su un elemento emblematico della filmografia di  uno dei più grandi maestri della storia del cinema: ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!

Kurosawa dopo l’anno zero
di Gaia Brambilla


Il Giappone occupato del dopoguerra, pur non essendo mai al centro della vicenda, è il coprotagonista di tre pellicole della seconda metà degli anni quaranta, Una meravigliosa domenica, Angelo ubriaco e Cane randagio: una città distrutta , un popolo sconfitto e in rovina che deve fronteggiare la miseria, i traumi della guerra e l’ingombrante presenza  dei vincitori.
Nel primo film, il protagonista maschile Yuzo è cambiato dopo la guerra, che ha spazzato via i sogni in generale e il sogno di aprire una pasticceria insieme alla fidanzata in particolare: non possono permettersi  una casa, nè una malsana stanza in affitto, e nemmeno di poter passare una domenica senza fare continuamente conti sui soldi che hanno in tasca. In preda allo sconforto, Yuzo pensa di darsi al contrabbando. La presenza degli occupanti americani e il rimpianto per il passato prebellico emergono nel corso della storia: lui gioca a baseball in strada con dei ragazzini (il baseball è riproposto anche in una lunghissima scena di Cane randagio), lo sport è presente e amato in Giappone sin dalla fine del XIX secolo, ma continua a farci pensare agli Usa, e il giovane vagabondo con cui la coppia divide del cibo gli chiede se è un reduce, sentenziando “Non stai meglio di noi, la sera mangi patate americane”. Yuzo è restio ad andare al concerto, teme una delusione rispetto alla prima volta che hanno sentito il brano di Schubert:  adesso gli artisti sono pagati in nuovi yen (dopo la fine della guerra i ”vecchi “ yen erano stati ritirati). Masako rappresenta  la voglia di sperare, fare progetti per il futuro e ricominciare, incarna quella parte di popolazione che vuole e deve pensare che una svolta sia possibile e nel finale riesce a contagiare anche il suo compagno: quando si salutano lui è più sereno. Il film sviluppa una frase attribuita al regista: “prima di conquistare la libertà di respirare la gioventù del dopoguerra doveva sopportare tempi ancora più duri”.
Ne L’angelo ubriaco possiamo vedere invece le difficoltà dei razionamenti: dichiaratamente  sull’alcool, sia a scopi medici che di intrattenimento, che il medico insegue per tutta la pellicola (salvo rischiare di gettarne una preziosa bottiglia contro il gangster nella foga di un litigio) più indirettamente quando il collega affermato che gira su un’auto di lusso può permettersi di offrire sigarette. Il protagonista fa parte della yakuza, che nel dopoguerra con il mercato nero conosce un nuovo vigore. La miseria non solo materiale di una città devastata dalla guerra viene continuamente ricordata dall’acquitrino attorno a cui si svolgono le vicende, la cui acqua risulta terrificante anche nella resa in bianco e nero, mentre nelle scene in strada possiamo renderci conto delle case e delle strade malmesse. E molto ci può dire la frase pronunciata da Takashi Shimura “I giapponesi offrono sempre la vita per ideali idioti”, sullo stato d’animo del regista (e autore del soggetto). Tra i riferimenti all’occupazione e all’americanizzazione la sempre citata la scena di ballo nel locale notturno
Infine in Cane randagio sin dalle prime battute  viene presa la distanza con il recente passato: il capo della squadra di polizia non vuole essere chiamato signore, “ qui non siamo nell’esercito” . Poco dopo, nel confronto tra il poliziotto derubato e la ladra parlando di parole moderne  lei dice che Bye Bye è una parola più moderna e anche “chi si ricordava che al mondo ci fossero cose tanto belle come le stelle” rendendoci partecipi della voglia di serenità e di un nuovo inizio. Proseguendo nella sua ricerca della pistola rubata, il poliziotto Murakami si traveste e si aggira nei vicoli, tra una umanità brulicante, provata ma desiderosa di vita fino a che, dopo aver messo in giro la voce che cerca un arma, viene avvicinato da un intermediario che gli chiede il libretto del riso ( la tessera del razionamento) come garanzia: la cosa più preziosa che in molti all’epoca possedevano. Con la pistola rubata è stata commessa una rapina: sono stati rubati ad una ragazza i soldi per il matrimonio, ci aveva messo tre anni per racimolarli e il lapidario commento del detective Sato parlando dei due innamorati derubati  è che ci vorrà tempo per rimettere i soldi insieme, lei non sarà più giovane e lui tra la guerra e questo la avrà aspettata 10 anni. Recuperato il libretto del riso del rapinatore i poliziotti possono risalire alla sorella che lo difende, dopo la guerra non è più lo stesso, tornando a casa gli hanno rubato lo zaino, come al protagonista e capiamo che i due rappresentano le opposte reazioni a uno stesso trauma, per estensione trauma comune a tutti i giapponesi: non è stato rubato solo lo zaino ma tutto, compreso l’onore e in un certo senso la bussola morale: la ballerina innamorata del delinquente che si è fatta regalare un abito dice che la colpa è di chi espone le cose belle in vetrina, che le persone non possono permettersi.
Altro grande coprotagonista è il meteo: in Una meravigliosa domenica la pioggia rovina i piani dei protagonisti, che devono spendere per fare qualcosa al coperto. E nella lunga scena nella triste casa di lui, la depressione e i litigi tra i due sono scanditi dall’acqua che entra dal soffitto e cade rumorosamente nella bacinella. In Angelo ubriaco Matsunaga malato (non solo fisicamente, ci sono malessere e afflizione  morali nella confusione del dopoguerra, nella sconfitta subita) cammina sotto la pioggia senza ombrello. In Cane randagio un temporale spezza un caldo afoso che costringe tutti ad asciugarsi il sudore continuamente, sottolineando  una situazione di disagio cronico
Molti decenni dopo la realizzazione di questi film, David Peace ha scritto Tokyo anno zero (primo titolo di una trilogia) in cui ritroviamo tutti queste difficoltà: le privazioni (nemmeno la polizia ha mezzi e forniture) il razionamento, la città distrutta da ricostruire, la voglia di ricominciare e dimenticare ( “Desideravi qualcosa? Magari un nuovo lavoro? Un nuovo nome? Una nuova vita? Un nuovo passato?” ). Ma è soprattutto nel duro prologo che viene messo in risalto uno dei temi sopra citati: una tempesta “tra la ritirata e la sconfitta” ha ricoperto di acqua una moltitudine di cadaveri . La tempesta è passata ma la pioggia continua a cadere sui corpi e sul viso del protagonista
Kurosawa non ha avuto la possibilità di leggere il libro, uscito anni dopo la sua morte, ma sarebbe stato interessante sapere se lo avrebbe apprezzato.

Il Giappone del dopoguerra nel cinema di Akira Kurosawa
di Alessandro B.


Akira Kurosawa è uno dei più importanti registi della storia del cinema, ed è celebre soprattutto per i suoi film storici che spaziano nel corso di molti secoli, dal medioevo di Rashomon (1950) al XVI secolo de I sette samurai (1954), La fortezza nascosta (1958), Kagemusha (1980) fino al primo '800 de I bassifondi (1957), La sfida del samurai (1961), Barbarossa (1965), senza dimenticare le trasposizioni di Macbeth (Il trono di sangue -1957) e Re Lear (Ran - 1985).
Meno noti, ma certamente molto interessanti sono i film girati nel Giappone contemponaneo a partire dal secondo dopoguerra. Una breve analisi può iniziare da Una meravigliosa domenica (1947): due fidanzati, con pochi spiccioli in tasca, cercano di trascorrere una serena domenica, col sogno di trovare un alloggio dove poter vivere assieme ed avviare un'attività commerciale. Chiare le analogie col cinema di De Sica e Rossellini di quegli anni: la macchina da presa pedina i protagonisti per le vie di Tokyo, dove sono evidenti le macerie della guerra sia negli edifici che negli abitanti. Le strade sono polverose o fangose, poche automobili private e mezzi pubblici affollati, baracche, case diroccate, abitazioni e locali pubblici grigi e spogli. Anche nelle sequenze chiaramente girate in studio non si fa nulla per nascondere la desolante realtà. La coppia cerca di divertirsi con poco, giocando per strada o andando allo zoo, ma anche prendere un caffè al bar diventa un problema e finiscono per passare da una delusione all'altra, tra angoscia e frustrazione. Le persone sono pronte a litigare per pochi Yen e per strada troviamo bambini orfani, soli ed affamati.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per L'angelo ubriaco (1948), racconto di una singolare amicizia tra un mafioso di periferia malato di tubercolosi ed un medico a cui piace bere, in un contesto di miseria e desolazione, o per Cane randagio (1949), storia di un giovane poliziotto a cui è stata rubata la pistola, che vaga per giorni tra i sobborghi di Tokyo nel tentativo di recuperarla. Ai fini del nostro ragionamento è interessante soprattutto la lunga sequenza centrale girata in un affollato stadio di baseball, dove fiction e vere immagini della partita si combinano magistralmente e che testimonia il desiderio di distrarsi e di tornare alla normalità. Un possibile parallelo potrebbe essere con l'uscita dallo stadio nel finale di Ladri di biciclette.
Iniziano gli anni '50 e la mera sussistenza lascia spazio a tematiche più borghesi: Scandalo (1950) è certamente un'opera minore, ma già dal soggetto testimonia questo cambiamento (due artisti famosi fanno causa ad un giornale scandalistico e si arriva al processo in tribunale), pur non mancando elementi di contrasto sociale, soprattutto con l'ambiguo personaggio dell'avvocato, prevale l'ostentazioni di benessere ed i simboli del progresso, a partire dalla grossa motocicletta del protagonista. Anche qui c'è una sequenza in un affollato impianto sportivo (un velodromo).
Con Vivere (1952) la tragica vicenda del protagonista, un impiegato di mezza età che scopre di avere un male incurabile, oltre a mettere in scena una feroce denuncia della burocrazia, sposta l'attenzione sulla classe piccolo borghese che vive con sobria dignità e che sarà la spina dorsale degli anni della ricostruzione. Le strade sono più trafficate, i locali affollati di persone che vogliono divertirsi, gli ambienti risultano decisamente più puliti e decorosi rispetto a pochi anni prima. La lunga sequenza del funerale illustra molto bene la convivenza di modernità e tradizione nel Giappone dell'epoca.
Testimonianza di un essere vivente (1955): un’industriale terrorizzato dall’escalation nucleare, prima fa costruire un rifugio anti-atomico e poi programma di vendere tutto per trasferirsi con la numerosa famiglia in Amazzonia, ma i figli lo considerano pazzo e vogliono farlo interdire. Il film non è particolarmente riuscito, ma è sicuramente quello più politico e legato all’attualità: nel paese di Hiroshima e Nagasaki, esprime bene le angosce di un popolo per gli esperimenti nucleari condotti dagli americani nel Pacifico proprio in quegli anni.
I cattivi dormono in pace (1960) è un film poco noto, ma fornisce una sconvolgente testimonianza sulla corruzione e l’impunità della classe imprenditoriale giapponese negli anni del boom economico. Un film shakespeariano che alterna realismo a momenti decisamente espressionisti e che ruota attorno alla vendetta di un figlio nei confronti di tutta la grande azienda che ha costretto il padre al suicidio. Le tesi esposte risultano magari fin troppo evidenti e la narrazione è appesantita da una eccessiva lunghezza, ma la descrizione risulta efficace ed impietosa, alternando dramma, satira e grottesco.
In Anatomia di un rapimento (1963) l'analisi sociale si fa ancora più complessa; nella vicenda di un industriale coinvolto nel rapimento di un bambino troviamo le contraddizioni di un paese che è ormai diventato una delle principali economie mondiali: la prima parte si svolge tutta all'interno di una lussuosa villa, arredata modernamente e quando la vediamo dall'esterno possiamo constatare come dall'alto di una collina questa domini abitazioni più modeste e tradizionali. Altre sequenze importanti si svolgono su un treno veloce ed in strade parecchio trafficate. Se la meticolosa indagine di polizia è tutto sommato molto convenzionale, colpisce la parte finale, dove il degrado della società è relegato nel "quartiere dei drogati", un drammatico elemento di modernità se confrontato con le baracche del dopoguerra.
E proprio le baracche tornano in Dodeskaden (1970), dove l'autore decide di seguire le vite miserabili di alcune famiglie che vivono in una discarica, un non-luogo fuori dal tempo; benchè il film risulti palesemente girato in studio e manchi quell'urgenza neorealista degli esordi, si tratta di un progetto coraggioso, pieno di poesia e tristezza, ma inevitabilmente condannato all'insuccesso, girato nel periodo più complicato per l'autore sia dal punto di vista personale che artistico.
Anni '90, negli ultimi due film Kurosawa ormai ottantenne può serenamente fare un bilancio della sua vita e della sua carriera: in Rapsodia di agosto (1991), girato simbolicamente a Nagasaki, il discorso si allarga a tutta la sua generazione, ovvero coloro che sopravvissuti agli orrori della guerra e ad un regime fortemente autoritario, hanno saputo ricostruire un paese avanzato sia dal punto di vista democratico che da quello economico e sociale. La grande dignità dell'anziana protagonista risalta, soprattutto se confrontata con la mediocrità dei propri figli e con l'inconsapevolezza dei propri nipoti. Un film semplice ed intenso, che fa riflettere e commuovere malgrado la comparsa nel finale di uno spaesato Richard Gere che dovrebbe incarnare tutte le colpe degli Stati Uniti.
Madadayo (1993), ambientato a Tokyo dal 1943, sotto i bombardamenti, fino ai primi anni '60, è incentrato sulla figura di un anziano professore estremamente arguto e conviviale molto amato dai suoi allievi, che anno dopo anno rimanda l'appuntamento con la morte. Un personaggio realmente esistito, ma che può facilmente essere associato alla figura del maestro di cinema ormai riconosciuto in tutto il mondo. Queste saranno le ultime due opere girate da Kurosawa, che continuerà a seguire numerosi progetti e sceneggiature fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1998, all'età di 88 anni, dopo aver attraversato da protagonista tutto il ventesimo secolo.

Corsi

Sei un appassionato di cinema?
Non perderti i nostri corsi lorem ipsum dolor


Sei un’azienda, un museo o una scuola?
Abbiamo studiato per te lorem ipsum dolor

Con il tuo account puoi:

Votare i tuoi film preferiti

Commentare i film

Proporre una recensione

Acquistare i nostri corsi

Guardare i webinar gratuiti

Personalizzare la tua navigazione

Filtri - Cerca un Film

Attori
Registi
Genere
Paese
Anno
Cancella
Applica