"Il cinema di Jim Jarmusch": i vostri elaborati!
03/02/2021
Durante il workshop live dedicato al cinema di Jim Jarmusch, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere un elaborato su un elemento emblematico del cinema  di questo regista di film indimenticabili e affascinanti.
Ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!

Emma Diana D’Attanasio
SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO-scena finale 
Only lovers left alive è un film del 2013 di Jim Jarmusch. È il suo film più concettuale, anche il più intellettuale fino a quel momento, superato poi da Paterson nel 2016. È un film post-moderno, come tutti i film del regista. È in questo film, però,  che Jarmusch eleva il suo post-modernismo e la sua decostruzione del genere a un livello più alto perché in questo film diventa ironico. Ci sono dei vampiri che non riescono più a essere spaventosi, degli amanti che dichiarano con grandi parole il loro amore ma non si baciano neanche più, degli artisti che continuano a comporre musica che sentono ovunque vadano, perché già composta, da loro o da qualcun altro. Degli aspiranti suicidi, che si fanno confezionare proiettili micidiali, ma non hanno il coraggio di suicidarsi, degli intellettuali con delle case colme di libri che hanno già letto, che sanno tutto. Questo film forse parla anche della stanchezza, dal momento che vediamo dei vampiri, per definizione attivi predatori, diventare apatici, muoversi di movimenti lenti, a cui costa fisicamente anche prendere un aereo in prima classe. Sono stanchi del mondo, questi vampiri. Sono stanchi delle nuove generazioni, o forse solo della società in cui sono finiti, in cui non contano regole, non contano ideali, ma conta soltanto il proprio benessere e la propria riuscita personale. Questo per i vampiri, nostri protagonisti, è inaccettabile. Dal momento che loro, che esistono da così tanto tempo che potrebbero essere i primi a non credere più in niente, invece rispettano tutte le regole e le tradizioni che i vampiri hanno sempre rispettato nella storia della letteratura e degli stessi film. Loro non possono sopportare una società in cui nessuno sottostà alle regole, perché sono loro i primi a sottostare a delle regole che, infondo, non gli impone nessuno da secoli. E ci credono. Tutta questa disciplina viene interrotta da Ave, sorella della protagonista, Eve, che è l’incarnazione di tutto ciò. Jarmusch decostruisce il genere vampiresco in quanto tale ma si fa aiutare dal suo personaggio nel distruggere il mondo dei vampiri, che sono così ingabbiati in delle regole che forse questo personaggio rivela ridicole. Ovviamente  la reazione dei protagonisti è quella di cacciarla immediatamente. Non è accettabile uccidere un uomo per il proprio piacere, non è accettabile finire delle scorte di sangue tanto preziose, né distruggere una chitarra dal valore inestimabile, quindi cacciano, la vampira giovane, quella che rappresenta la sregolatezza della società del mondo in cui accidentalmente stanno vivendo. È quell’intromissione della società, rappresentata da Ave, che fa stancare definitivamente i vampiri protagonisti. Cacciata Ave, senza più scorte di sangue, si trovano a vagare in cerca di nutrimento, fino alla scena finale. I protagonisti sono affamati di sangue, ma di sangue puro, che alla luce di tutto quello che succede nel film, alla luce di come il mondo ci viene presentato, quindi con gli occhi dei vampiri, non si può trovare sangue puro, ma è nel momento in cui Jamrusch inquadra due amanti, che si baciano su un tetto, che capiamo che la purezza dell’uomo di cui sono tanto affamati i due protagonisti non è difficile da trovare, perché la purezza non è nell’uomo in quanto se stesso ma in quello che l’uomo fa. Ed è nel momento in cui ama che ritrova se stesso, che ricomincia a essere puro, forse perché si spoglia, quindi si spoglia di tutto, forse per avere del sangue puro che serve ai vampiri si deve solo trovare il tempo di amare, perché a prescindere dal tempo in cui ci troviamo è nel momento in cui si ama che ci si spoglia, che si smette di essere predatori, scalatori sociali, ambiziosi ed egoisti. Infatti sono due amanti che vengono trasformati, solo gli amanti sopravvivono, e anche Eve ed Adam desiderano sopravvivere grazie a loro, infatti Eve chiede ad Adam di ricordarle la teoria dell’azione a distanza teorizzata da Einstein. Questo è quello che i protagonisti vogliono che noi vediamo, questo è quello che Jarmusch vuole che noi capiamo. Ma noi ci vogliamo far ipnotizzare? È vero che questa è la storia di due vampiri stanchi che decidono di dare nuova vita solo a coloro che si mostrano fragili, e quindi “puri”? Oppure questo film parla di due vampiri anziani che non accettano che nel mondo le persone stiano prendendo pieno controllo di loro stesse, che non accettano che le uniche regole da seguire siano quelle che ci auto-imponiamo? Forse per questi vampiri non è accettabile vivere in un mondo in cui conta l’autodeterminazione, e quindi forse è proprio per questo che nel momento in cui i  protagonisti trasformano i due amanti si tolgono i guanti, cosa vietata per tradizione, e lasciano tutti i loro libri, quindi i loro intellettualismi a casa. Hanno fatto prevalere l’istinto animale, sono morti condannando due giovani ad un’esistenza eterna, sono diventati  egoisti,  sono diventati noi, si sono lasciati umanizzare, di quest’umanità inquinata. Eppure ci hanno guardati, nell’ultima scena, hanno guardato in macchina, con i denti di fuori, hanno cercato di farci vampiri, ma noi sappiamo che, in qualche modo, siamo noi ad aver vinto, anche loro sono diventati come noi. 

Anna De Rosa
CONTRATTEMPI E COINCIDENZE
Dei tre episodi in Mystery train, Ghost è quello che sta al centro. 
Va più o meno così: una bara dietro Nicoletta Braschi (Luisa) e la donna si trova costretta in un imprevisto. C’è stato un contrattempo. Dietro di lei un aereo se ne vola via. All’aeroporto, niente valigia ma solo una borsa da passeggio e un libro, fa una grido-telefonata con cui ci dice che è a Memphis. Poi, alla deriva, se ne va per la città. 
Del libro che tiene sotto il braccio ne vediamo più da vicino il nome dell’autore, Ariosto, mentre la tipa incrocia un uomo che parla alla sua auto come un innamorato all’amata che non vuole più saperne di lui. Arrivata a sera, l’italiana si trova in un locale, quando uno sconosciuto si siede al suo tavolo e le racconta di profezie, di casualità che non sono quel che sembrano, di re Elvis e di fantasmi. Nel mentre un’immagine in soggettiva ci ricorda quanto a Jarmusch sia cara la letteratura, oltre all’accoppiata caffè e sigarette. 
In più, ci fa la cortesia di svelare anche il titolo del libro: Orlando il furioso.
“Orlando il furioso” funziona più o meno così: la storia è fatta da tre sotto-storie. L’amore tra Ruggiero e Bradamante, la questione tra Orlando innamorato pazzo e Angelica che fugge e non vuole più saperne di lui, la guerra tra un re cristiano e uno moro. Nel frattempo: qualche fantasma, imprevisti e coincidenze a catena, viaggi sistematicamente deviati da una cosa o l’altra. Ariosto, per tenere le fila di un discorso complicato, si inventa una cosa che poi tutti gli copieranno: l’entrelecement che, come direbbero gli esperti, è una tecnica che permette di riconnettere - dopo averli separati - il tempo della storia e il tempo del racconto. In pratica,  lui comincia a scrivere una delle varie trame, la segue per un po’ ma a un certo punto si blocca, e ne comincia un’altra. La segue, poi di punto in bianco si ferma e ne comincia un’altra ancora, ripetendo il meccanismo più volte, fino a inserire elementi di ciascuna di queste sotto-storie nell’altra, ripetutamente. A un certo punto, chi legge capisce e compone la storia per intero.
Mystery train è più o meno così, ma la fa più semplice.
A permetterci una ricomposizione temporale ci sono soprattutto suoni: i rumori di un amplesso, 
Tom Waits alla radio, uno sparo. E poi c’è lei, Dee Dee, che in Ghost straparla del suo scappare da un tipo di cui non vuole più saperne. Lei è l’elemento mobile che si avvicina di più alle vite di tutti gli altri personaggi.  
A questo punto, è solo un caso che, vari film dopo, Eve (Only lovers left alive) apra il volume dell’Ariosto proprio su “La fuga di Angelica”? 

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