Il cinema di Jordan Peele: le vostre analisi!
10/11/2022
Al termine del webinar dedicato al cinema d Jordan Peele abbiamo chiesto ai partecipanti di scrivere un'analisi relativa a uno dei più interessanti registi del cinema americano contemporaneo. Ecco le più interessanti:
Nope e il western postcoloniale di Jordan Peele
di Elena Sorrentino
«Ti getterò addosso una lordura abominevole, ti renderò vile e ti renderò uno spettacolo.»
Fin dai suoi esordi con Get Out, il cinema di Jordan Peele si rivela non solo come provocatoria riflessione circa l’endemico clima di razzismo del contesto americano, ma anche quale sguardo acuto verso le dinamiche dell’industria cinematografica e televisiva.
La presenza di tale binomio si rivela particolarmente vera nell’ultimo film di Peele, Nope, che pur mantenendo le precedenti coordinate del genere horror, si arricchisce di un citazionismo western in chiave pop non fine a se stesso.
Per comprendere l’entità del discorso avviato da Peele è necessario un passo indietro verso un genere emblematico del cinema americano classico: il western.
È all’interno delle sue panoramiche celebranti la vastità di un paesaggio da conquistare e dominare che lo sguardo dell’eroe western si incontra e scontra, oltre l’ideale linea della frontiera, con le popolazioni indigene.
Lo schema che si ripete costante al di sotto delle apparenti differenze del genere è caratterizzato da una rappresentazione dialettica tra due opposti, riconducibili ai termini essenziali di natura e civiltà; sono i coloni portatori di civiltà a collocarsi all’interno della dimensione priva di sfumature del bene, mentre agli indigeni spetta la rappresentazione di una natura da assoggettare.
È da questa eredità che Nope trae le proprie origini, presentando in una moderna America i detriti di quel mondo ormai conclusosi e qui riemerso all’interno della dimensione della spettacolarità e dell’intrattenimento.
I contesti in cui questi elementi si presentano sono, in particolare, quelli del ranch ereditato dai fratelli OJ e Emerald “Em” Haywood in seguito alla morte del padre e il parco a tema western Jupiter’s Claim di Ricky “Jupe” Park.
Qui il discorso di Peele si sviluppa seguendo l’incontro di due direttrici. I fratelli Haywood, infatti, non solo si occupano dell’addestramento di cavalli per produzioni cinematografiche, ma vantano anche una parentela con il fantino protagonista della serie di fotografie Sallie Gardner at a Gallop di Eadweard Muybridge, pioniere della cronofotografia all’origine del cinema, mentre il vicino Park nel 1998 è il giovane attore della sitcom Gordy’s Home, tristemente nota per l’attacco mortale dello scimpanzé protagonista ai danni degli altri attori presenti sul set.
L’impietosa riflessione di Peele sulla mercificazione della spettacolarità interseca la storia di questi personaggi attraverso la scoperta di un’inquietante presenza aliena che turba il cielo terso di Agua Dulce.
Lo sguardo a questo punto diviene un elemento centrale. I fratelli, aiutati dal commesso di un negozio di elettronica e dal direttore della fotografia Antlers Holst, tenteranno di catturare l’immagine della presenza aliena, mentre Park tenterà di farne uno spettacolo per i visitatori paganti del parco. Ben presto OJ comprende che, come i cavalli, l’UFO sembra essere sensibile allo sguardo diretto, arrivando in tal modo a vincere lo scontro finale, mentre il destino di Jupe Park andrà drammaticamente verso la sua morte.
La morte di Park e dei visitatori del parco è in questo senso emblematico della lettura postcoloniale di Peele se messo in relazione all’episodio precedentemente narrato ai due fratelli Haywood dall’uomo. Come anticipato, Park è il giovane attore sopravvissuto indenne all’attacco dello scimpanzé Gordy: nel presentare tale episodio la macchina da presa di Peele si sofferma sull’avvicinamento progressivo della mano del bambino e dello scimpanzé tese verso un contatto che non avrà mai luogo per via dell’abbattimento dell’animale. Ciò che scatena la furia omicida del primate viene dichiarato proprio durante il racconto di Park ai due: “but everytime Gordy hears something about the jungle, Gordy…Kattan…goes off.”. È ancora una volta una storia di soprusi, di sradicamento, questa volta nel mondo animale, ad essere narrata, ma di fronte a questa nuova entità Park, divenuto adulto, ha ormai abbandonato quell’empatia salvifica dell’infanzia e la sua fine sarà decretata proprio dal tentativo di porre sotto la violenza di uno sguardo mercificatorio l’UFO.
Attraverso un’ideale parabola dall’origine del cinema al Chroma key alle spalle di OJ ed Em, Jordan Peele mostra così le evoluzioni del cinema americano: dal fiero e distante sguardo dell’eroe dell’epoca western all’approccio dei nuovi registi come Peele, in grado di raccontare la storia della “nascita di una nazione” attraverso un nuovo paradigma che, come direbbero Elsaesser e Hagener, va dall’occhio alla pelle.
Nope e il western postcoloniale di Jordan Peele
di Elena Sorrentino
«Ti getterò addosso una lordura abominevole, ti renderò vile e ti renderò uno spettacolo.»
Fin dai suoi esordi con Get Out, il cinema di Jordan Peele si rivela non solo come provocatoria riflessione circa l’endemico clima di razzismo del contesto americano, ma anche quale sguardo acuto verso le dinamiche dell’industria cinematografica e televisiva.
La presenza di tale binomio si rivela particolarmente vera nell’ultimo film di Peele, Nope, che pur mantenendo le precedenti coordinate del genere horror, si arricchisce di un citazionismo western in chiave pop non fine a se stesso.
Per comprendere l’entità del discorso avviato da Peele è necessario un passo indietro verso un genere emblematico del cinema americano classico: il western.
È all’interno delle sue panoramiche celebranti la vastità di un paesaggio da conquistare e dominare che lo sguardo dell’eroe western si incontra e scontra, oltre l’ideale linea della frontiera, con le popolazioni indigene.
Lo schema che si ripete costante al di sotto delle apparenti differenze del genere è caratterizzato da una rappresentazione dialettica tra due opposti, riconducibili ai termini essenziali di natura e civiltà; sono i coloni portatori di civiltà a collocarsi all’interno della dimensione priva di sfumature del bene, mentre agli indigeni spetta la rappresentazione di una natura da assoggettare.
È da questa eredità che Nope trae le proprie origini, presentando in una moderna America i detriti di quel mondo ormai conclusosi e qui riemerso all’interno della dimensione della spettacolarità e dell’intrattenimento.
I contesti in cui questi elementi si presentano sono, in particolare, quelli del ranch ereditato dai fratelli OJ e Emerald “Em” Haywood in seguito alla morte del padre e il parco a tema western Jupiter’s Claim di Ricky “Jupe” Park.
Qui il discorso di Peele si sviluppa seguendo l’incontro di due direttrici. I fratelli Haywood, infatti, non solo si occupano dell’addestramento di cavalli per produzioni cinematografiche, ma vantano anche una parentela con il fantino protagonista della serie di fotografie Sallie Gardner at a Gallop di Eadweard Muybridge, pioniere della cronofotografia all’origine del cinema, mentre il vicino Park nel 1998 è il giovane attore della sitcom Gordy’s Home, tristemente nota per l’attacco mortale dello scimpanzé protagonista ai danni degli altri attori presenti sul set.
L’impietosa riflessione di Peele sulla mercificazione della spettacolarità interseca la storia di questi personaggi attraverso la scoperta di un’inquietante presenza aliena che turba il cielo terso di Agua Dulce.
Lo sguardo a questo punto diviene un elemento centrale. I fratelli, aiutati dal commesso di un negozio di elettronica e dal direttore della fotografia Antlers Holst, tenteranno di catturare l’immagine della presenza aliena, mentre Park tenterà di farne uno spettacolo per i visitatori paganti del parco. Ben presto OJ comprende che, come i cavalli, l’UFO sembra essere sensibile allo sguardo diretto, arrivando in tal modo a vincere lo scontro finale, mentre il destino di Jupe Park andrà drammaticamente verso la sua morte.
La morte di Park e dei visitatori del parco è in questo senso emblematico della lettura postcoloniale di Peele se messo in relazione all’episodio precedentemente narrato ai due fratelli Haywood dall’uomo. Come anticipato, Park è il giovane attore sopravvissuto indenne all’attacco dello scimpanzé Gordy: nel presentare tale episodio la macchina da presa di Peele si sofferma sull’avvicinamento progressivo della mano del bambino e dello scimpanzé tese verso un contatto che non avrà mai luogo per via dell’abbattimento dell’animale. Ciò che scatena la furia omicida del primate viene dichiarato proprio durante il racconto di Park ai due: “but everytime Gordy hears something about the jungle, Gordy…Kattan…goes off.”. È ancora una volta una storia di soprusi, di sradicamento, questa volta nel mondo animale, ad essere narrata, ma di fronte a questa nuova entità Park, divenuto adulto, ha ormai abbandonato quell’empatia salvifica dell’infanzia e la sua fine sarà decretata proprio dal tentativo di porre sotto la violenza di uno sguardo mercificatorio l’UFO.
Attraverso un’ideale parabola dall’origine del cinema al Chroma key alle spalle di OJ ed Em, Jordan Peele mostra così le evoluzioni del cinema americano: dal fiero e distante sguardo dell’eroe dell’epoca western all’approccio dei nuovi registi come Peele, in grado di raccontare la storia della “nascita di una nazione” attraverso un nuovo paradigma che, come direbbero Elsaesser e Hagener, va dall’occhio alla pelle.