Il cinema di Roman Polasnski: le vostre analisi!
16/10/2022
Al termine del webinar dedicato al cinema di Roman Polanski, abbiamo chiesto ai partecipanti di scrivere un'analisi relativa a questo autore complesso e di indubbio fascino. Ecco le più interessanti:
Rosemary’s Baby
di Gaia Brambilla
Rosemary non vuole vedere quello che ha davanti agli occhi, e infatti nella prima sequenza onirica sogna due muratori che chiudono una bifora con dei mattoni.
Non vuole vedere un marito che le dica cosa mangiare, cosa leggere e chi frequentare, né le sue ripetute bugie.
Non vuole vedere l’ampiezza dell’invadenza dei vicini che si intrufolano nella sua vita prima solo acusticamente e poi sempre più fisicamente, controllandole anche posta e scadenza del cibo in scatola.
Rosemary è una donna che non può scappare, nemmeno dalla sua relazione, deve quindi abbozzare continuamente per evitare qualsiasi serio conflitto. E anche davanti alla confessione del marito nell’intensissimo finale, il massimo della reazione è sputargli in faccia. E quando Guy, per giustificarle i graffi sul corpo, le dice di aver avuto un rapporto sessuale con lei mentre era per sua stessa ammissione svenuta, il massimo della reazione è un broncio risentito ma di breve durata.
Una donna cui sembra normale che le venga detto cosa fare e cosa no, che per non contrariare persone da poco conosciute è in loro balìa. E se la normalità è un compromesso tra quello che desideriamo e quello che accettiamo, Rosemary, con pochissimi legami personali (quando i dubbi si concretizzano, perso Hutch, l’unico a cui può parlarne è un ginecologo che ha visto una sola volta mesi prima) oltre che dall’istinto materno, è forse spinta ad accettare il figlio del diavolo per appartenere ad una comunità? Accettando di occuparsi del bambino accetta anche un ruolo, la Madre, che le garantisce una posizione: la congrega la accoglierà e continuerà a occuparsi di lei.
Trova così conforto al suo senso di inadeguatezza che emerge anche dai sogni: la suora le dice “Io spesso mi domando come hai fatto ad ottenere quel premio”, mentre in quello sulla barca c’è un tifone in arrivo (pericolo incombente) lei è nuda, esposta, indifesa e viene mandata in cabina (mentre Hutch è rimasto sul molo, impossibilitato così a metterla in guardia). Quando Rosemary scopre l’accaduto Roman le dice: “Tuo figlio appartiene a Satana, Guy glielo ha donato e in cambio avete avuto il successo”. Il figlio è suo ma è il marito a disporne, ed è sempre il marito ad aver avuto il successo, Rosemary in questa equazione ha avuto un ruolo marginale (in fondo anche come incubatrice del diavolo è una seconda scelta, un ripiego) ma ora trova il suo posto, un riscatto dal contare poco, dall’avere poca voce in capitolo (è la Madre a dire come si deve cullare il bambino e infine le si dà retta).
Accetta anche quando le dicono che l’obbiettivo è distruggere una Chiesa e una religione in cui vorrebbe ancora credere: dopotutto siamo responsabili anche verso noi stessi di ciò a cui acconsentiamo.
Rosemary’s Baby
di Gaia Brambilla
Rosemary non vuole vedere quello che ha davanti agli occhi, e infatti nella prima sequenza onirica sogna due muratori che chiudono una bifora con dei mattoni.
Non vuole vedere un marito che le dica cosa mangiare, cosa leggere e chi frequentare, né le sue ripetute bugie.
Non vuole vedere l’ampiezza dell’invadenza dei vicini che si intrufolano nella sua vita prima solo acusticamente e poi sempre più fisicamente, controllandole anche posta e scadenza del cibo in scatola.
Rosemary è una donna che non può scappare, nemmeno dalla sua relazione, deve quindi abbozzare continuamente per evitare qualsiasi serio conflitto. E anche davanti alla confessione del marito nell’intensissimo finale, il massimo della reazione è sputargli in faccia. E quando Guy, per giustificarle i graffi sul corpo, le dice di aver avuto un rapporto sessuale con lei mentre era per sua stessa ammissione svenuta, il massimo della reazione è un broncio risentito ma di breve durata.
Una donna cui sembra normale che le venga detto cosa fare e cosa no, che per non contrariare persone da poco conosciute è in loro balìa. E se la normalità è un compromesso tra quello che desideriamo e quello che accettiamo, Rosemary, con pochissimi legami personali (quando i dubbi si concretizzano, perso Hutch, l’unico a cui può parlarne è un ginecologo che ha visto una sola volta mesi prima) oltre che dall’istinto materno, è forse spinta ad accettare il figlio del diavolo per appartenere ad una comunità? Accettando di occuparsi del bambino accetta anche un ruolo, la Madre, che le garantisce una posizione: la congrega la accoglierà e continuerà a occuparsi di lei.
Trova così conforto al suo senso di inadeguatezza che emerge anche dai sogni: la suora le dice “Io spesso mi domando come hai fatto ad ottenere quel premio”, mentre in quello sulla barca c’è un tifone in arrivo (pericolo incombente) lei è nuda, esposta, indifesa e viene mandata in cabina (mentre Hutch è rimasto sul molo, impossibilitato così a metterla in guardia). Quando Rosemary scopre l’accaduto Roman le dice: “Tuo figlio appartiene a Satana, Guy glielo ha donato e in cambio avete avuto il successo”. Il figlio è suo ma è il marito a disporne, ed è sempre il marito ad aver avuto il successo, Rosemary in questa equazione ha avuto un ruolo marginale (in fondo anche come incubatrice del diavolo è una seconda scelta, un ripiego) ma ora trova il suo posto, un riscatto dal contare poco, dall’avere poca voce in capitolo (è la Madre a dire come si deve cullare il bambino e infine le si dà retta).
Accetta anche quando le dicono che l’obbiettivo è distruggere una Chiesa e una religione in cui vorrebbe ancora credere: dopotutto siamo responsabili anche verso noi stessi di ciò a cui acconsentiamo.