Durante il workshop dedicato al fascino del piano-sequenza, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi: ecco il lavoro che ha meritato la pubblicazione!

Giulia Pugliese
https://www.youtube.com/watch?v=f0S0gvvhaqg

Ho deciso di analizzare un piano sequenza di Brian De Palma, un regista che ha fatto del piano sequenza la sua cifra stilistica, lo usa molto e sempre in maniera molto sapiente e ricercata ( c’ è ne uno molto bello e rocambolesco all’ inizio del “Falò delle vanità” ).
“Carlito’s Way” doveva essere il film che avrebbe riportato in auge Brian De Palma, anche a detta del regista doveva essere un noir semplice che andasse bene al botteghino.  Tuttavia “Carlitto’ s Way” è tutt’ altro che film banale, soprattutto ( ma non solo ) per 2 assunti: il primo perché si parte da una storia già vista un moltissime volte, raccontata anche dalla stesso Brian De Palma, ascesa e declino del boss mafioso, ma di Carlitto vediamo solo il declino; secondo assunto  le scelte stilistiche che De Palma fa, perché questo regista non fà mai scelte banali. 
Questa scena a me piace molto perché è tra l’action e l’autore, Carlito è braccato e alla stazione dei treni di New York, deve scappare, a un certo punto sembra avercela fatta, si gira e vede che dietro nessuno lo segue, addirittura si prende il tempo per guardare l’ orologio, rallenta, sembra anche la telecamera rallenti e ci da un senso di sollievo. Carlito si guarda intorno con cauta prudenza, fa per prendere le scale mobili, noi lo seguiamo talvolta di lato, talvolta da dietro, poi sentiamo una voce, senza vedere chi è, ma Carlito e la telecamera sobbalzano, si nasconde e noi ci nascondiamo con lui. Gli uomini che lo seguono si avvicinano sempre di più, lui non può più scappare, anche la musica accelera e lui tira fuori la pistola. Uno di loro è così vicino che basterebbe che si girasse per vederlo, tuttavia viene richiamato da un altro uomo e Carlito riesce a scappare. La stazione per sua propria conformazione ha dei punti dove si può nascondere, ma allo stesso tempo non permette a Carlito di vedere dove sono i suoi inseguitori,  lo protegge ma lo mette anche in pericolo. Si avvicina al parapeto dall’ alto per vedere meglio, quando lo fa noi andiamo in soggettiva e vediamo quello che “Carlito il brigante”, vede, questo per poco; gli siamo davanti e riusciamo a capire che ha avuto un intuizione.
Corre di nuovo sulle scale mobili, ma proprio alla fine ci sono gli uomini che lo stanno aspettando “presto,presto sta scendendo” dice uno degli uomini, li guardiamo litigare. Poi la scena si sposta completamente e vediamo uno degli uomini, molto grasso che sale le scale, la telecamera sembra mimare la sua fatica e lentezza, sentiamo anche i suoi passi. Ma dove finito Carlito? Gli uomini non lo trovano e neanche noi.
Carlito si è nascosto sulle scale mobili e disteso su di loro, se si guarda ad altezza uomo non si vede e per quello non lo riescono a vedere, c’ è un concitare di voci e la telecamera sale e lo vediamo dall’alto. Ma il ciccione è in alto e lo vede anche lui.
Mi piace molto questo rallentare e velocizzare, nascondersi e scappare, proteggersi negli spazi della stazione, ma non poter vedere alcuni punti, questo “giocare a nascondino“. Le telecamera si mimetizza coi personaggi e si muove come loro, ne riproduce i movimenti. Per un momento  vediamo in soggettiva quello che vede Carlitto e poi subito dopo vediamo qualcosa che Carlitto non può vedere, ma all’inizio Carlito ha visto qualcosa che noi abbiamo solo sentito. Un piano sequenza vario, che ti attacca alla schermo attraverso la mimesi della macchina da presa coi personaggi, sentiamo cosa succede a loro e ci caliamo in loro, e fino all’ ultimo speriamo che Carlito riesca a scappare.