Il 16 aprile 1988 non può essere una data qualunque per il cinema d’animazione, non solo nipponico. Sono passati 35 anni da quando, in una giornata di metà aprile, in Giappone vennero proiettati nello stesso giorno due film destinati a diventare iconici – soprattutto il primo – trasformati nel tempo in capolavori pur nella loro diversità: si parla di Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki, e La tomba delle lucciole di Isao Takahata, produzioni di uno Studio Ghibli nato solo 3 anni prima e ora definitivamente consacrato grazie a queste opere dall’encomiabile portata culturale, storica e sociale.
A distanza di 35 anni, Totoro è divenuto immagine iconica dello Studio Ghibli, mentre La Tomba per le lucciole è senza dubbio il capolavoro di un regista probabilmente sottovalutato e che purtroppo, come spesso accade, solo dopo la sua scomparsa sembra stia trovando il giusto riconoscimento per quanto ha saputo dare al mondo dell’animazione. Ma dopo 35 anni, soprattutto, resta il monito di due maestri che hanno saputo raccontare gli occhi dei bambini, occhi che chiedono di non perdere mai e che, con le loro opere, sono gelosamente custoditi.
Lorenzo Bianchi


