In America la distribuzione nelle sale arranca: il caso Raya e l’Ultimo Drago
08/03/2021

Se in Italia si è ancora in attesa di una data di riapertura dei cinema veritiera e nella quale riporre le proprie speranze, negli Stati Uniti da venerdì 5 Marzo è stato dato il via a una riapertura graduale delle sale in due delle tre principali aree metropolitane del mercato americano: New York City e San Francisco (rimane chiusa, invece, Los Angeles). Vista la ripresa di questi punti nevralgici della rete di distribuzione statunitense, gli studios hanno accelerato l’uscita nei cinema di titoli che erano stati trattenuti e più volte rimandati nel corso dello scorso anno. Tra questi Peter Rabbit 2: The Runaway e A Quiet Place Part II, progetti sviluppati rispettivamente dalla Sony e dalla Paramount Pictures.

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Leggi qui la nostra recensione di A Quiet Place

Per quanto attualmente l’80% dei cinema del Nord America abbia riaperto i battenti, le reazioni del pubblico non sembrano essere quelle che i distributori e gli operatori si aspettavano, o meglio a cui speravano di assistere. Secondo il New York Times, le cause di una ripresa così lenta e instabile sono da rintracciare in due aspetti principali: i battibecchi tra studios e distributori e un possibile cambiamento nei gusti degli spettatori.

La prima motivazione può essere illustrata attraverso la strategia di distribuzione adottata per il nuovo film Disney Raya e l’Ultimo Drago, uscito lo scorso fine settimana. La proiezione del film in 2.045 cinema del Nord America ha fruttato, secondo i dati Comscore, 8,6 milioni di dollari. Una somma deludente considerando, in primo luogo, il budget da 150 milioni di dollari impiegato per realizzare il film e, in secondo luogo, i risultati ottenuti da Tom & Jerry. Quest’ultimo, infatti, ha realizzato un incasso di 14 milioni di dollari nei primi tre giorni, pur essendo un progetto che è stato portato a termine con “soli” 80 milioni di dollari e che non era stato recensito tanto positivamente e intensamente quanto Raya e l’Ultimo Drago.



Gli scarsi risultati al botteghino americano del film Disney sono stati dovuti probabilmente alla disponibilità in contemporanea del film sulla piattaforma streaming Disney+ (con un sovrapprezzo di 30 dollari) e al fatto che Cinemark, terza catena di cinema americana (dopo AMC e Regal), non abbia distribuito il titolo. L’assenza dalle sue sale è stata causata da discussioni e diatribe nate durante la negoziazione con la Disney stessa. Secondo quanto dichiarato da Cinemark, lo studios ha rifiutato la loro richiesta di ridurre i costi delle licenze, avanzata alla luce della presenza del film sui loro canali streaming. Al contrario, Cinemark è riuscita a raggiungere un accordo per la distribuzione di Tom & Jerry, per quanto questo fosse disponibile simultaneamente anche sulla piattaforma di HBO Max, senza costi aggiuntivi.

Nonostante gli incassi ottenuti da Raya e l’Ultimo Drago non siano rassicuranti per i distributori, non è possibile determinare quanto tale risultato economico abbia effettivamente penalizzato il film stesso e la Disney, dal momento che quest’ultima non ha ancora rivelato alcuna informazione inerente all’esito della distribuzione digitale. Si può solo fare affidamento sui dati raccolti da Listen First, impresa di social media analytics che ha registrato un alto interesse per il titolo (84.897 post su Twitter). Tuttavia, tale engagement non ha raggiunto i livelli de Il Principe cerca figlio (243.769), distribuito nello stesso periodo su Amazon Prime Video, senza costi aggiuntivi.

La seconda motivazione, ovvero il cambiamento nei gusti degli spettatori, è stata registrata in un altro mercato di vitale importanza per gli Stati Uniti: la Cina. Qui, per quanto il botteghino abbia raggiunto negli ultimi mesi cifre da record e per quanto Disney+ non sia disponibile, Raya e l’Ultimo Drago ha raccolto in tre giorni poco più di due terzi della somma ottenuta da Tom & Jerry. Si tratta infatti di incassi da 8,4 milioni di dollari, più o meno la metà delle somme raggiunte da film Disney come Zootropolis o Oceania in tempi pre-COVID. Oltre alla tematica e al recente caso problematico di Mulan, tali risultati potrebbero essere attribuiti a una recente tendenza del pubblico cinese a consumare maggiormente titoli locali, piuttosto che stranieri. Difatti, il film Disney non è l’unico a non essere stato accolto calorosamente dal mercato cinese: Wonder Woman 1984 ha ricavato 70% in meno rispetto al primo capitolo della saga.




Il direttore esecutivo Disney, Bob Chapek, non si è mostrato particolarmente turbato dagli scarsi risultati ottenuti da Raya e l’Ultimo Drago. Ha, difatti, sottolineato come questo abbia superato le cifre raggiunte dagli ultimi due progetti Pixar, Onward e Soul. Chapek ha, inoltre, espresso la propria opinione in merito alle tendenze future: “Penso che il consumatore sia più impaziente di quanto non lo sia mai stato […]. (Gli spettatori) hanno avuto il lusso di un intero anno di titoli distribuiti direttamente a casa, quando volevano. E per questo non credo si possa tornare indietro.”

Al di là delle singole previsioni, ciò che sembra ormai certo è che l’industria cinematografica internazionale dovrà rivedere il proprio processo distributivo e che le modalità di diffusione dei contenuti alternative si moltiplicheranno e continueranno a esistere anche nel mondo post-pandemico. Ciò che sarà importante analizzare e su cui si dovrà riflettere è l’evoluzione del rapporto tra produttori e distributori: uniranno le forze per creare un ambiente competitivo dove ciascuno abbia (più o meno) il proprio spazio o daranno il via a uno scontro tra titani, senza esclusione di colpi?


Fonte: The New York Times

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