Intervista a Director Kobayashi, regista di "Solo per il Weekend"
14/03/2016
Sabato 13 Marzo è stato presentato, all’interno della cornice del Festival di Cinema Italiano indetto dalla Cineteca di Milano, il film Solo per il Weekend, una commedia dai toni pulp e surreali interpretata da Alessandro Roja, Stefano Fresi, Francesca Inaudi e Matilde Gioli.   In quell’occasione, abbiamo incontrato il regista del film, Gianfranco Gaioni, con il quale abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere.   Gianfranco, tutti ti conoscono con il tuo pseudonimo, Director Kobayashi (con il quale ti sei anche firmato nei credits del film). Ci puoi brevemente spiegare l’origine di questo soprannome? Ho inventato lo pseudonimo nel 2007, quando mi sono dovuto trasferire a Londra perché in Italia non riuscivo a trovare sbocchi soddisfacenti come regista. In Inghilterra ho trovato impiego nel settore degli effetti speciali digitali e ho sentito il bisogno di avere un nome alternativo per questa carriera. Così, per separare in qualche modo questo lavoro da quello di regista, ho deciso di farmi chiamare con un altro nome. Col passare dei giorni poi, Director Kobayashi ha avuto sempre più riscontro e ho anche denominato così la mia casa di produzione. Ora semplicemente tutti mi chiamano Koba.   Come è nata l’idea di Solo per il Weekend? Prima di iniziare a lavorare alla sceneggiatura del film, mi sono imbattuto in Giacomo Berdini (co-sceneggiatore) con il quale ho iniziato a pianificare una serie tv dai risvolti fantasy. Eravamo molto affiatati e abbiamo gettato le basi per un progetto davvero ambizioso. Quando però ci siamo accorti che per una serie infinita di ragioni (tra cui la più importante era ovviamente quella economica) non saremmo mai riusciti a farci produrre nemmeno l’episodio pilota, abbiamo accantonato l’idea. Tuttavia, dato che si era creata una buona alchimia, ci siamo confrontati nuovamente per provare a creare qualcosa di più fattibile. E così è nato lo script del film.   Hai avuto diverse esperienze lavorative anche in America prima di cimentarti in questo film. Quali sono le differenze produttive più evidenti che hai notato con l‘Italia? Io credo di essere nato nel Paese sbagliato. Gran parte della mia carriera infatti si è sviluppata oltre oceano. La mentalità delle produzioni statunitensi è davvero differente dalla nostra. Non c’è limite alla creatività dei registi. Ti faccio un esempio. La breve sequenza della valigetta presente nel mio film è stata girata a Las Vegas con un budget di 10 mila euro. Quel “cortometraggioâ€, folle e poco convenzionale, mi ha permesso di attirare sul progetto l’attenzione di alcune case di produzione e di addetti ai lavori. L’ho usato come teaser e ha funzionato egregiamente. Un'altra differenza sostanziale con il nostro cinema, invece, riguarda la fase di progettazione e sviluppo del progetto. In America la pre-produzione è forse il momento più importante dell’intera lavorazione e viene curata nel minimo dettaglio, così da poter ottimizzare al meglio i costi e i tempi di lavorazione durante le riprese.   Vedendo il film, risalta subito l’importanza della componente musicale. Dato che il tuo percorso ti ha portato anche a lavorare nella pubblicità, è stato questo settore a influenzare le tue scelte in questa direzione? La musica è da sempre l’altra mia grande passione oltre al cinema. Prima delle riprese ascoltavo molto spesso alcuni brani dei miei artisti preferiti per cercare di entrare nel mood giusto e soprattutto mi confrontavo con Stefano Milella (autore della colonna sonora del film). Questo perché, come giustamente hai detto, dalla pubblicità ho imparato a montare le immagini a ritmo di musica e non viceversa.   Il film è stato girato nel Settembre 2014, è quindi ormai passato un anno e mezzo dalla sua lavorazione. Puoi dirci se lo vedremo mai distribuito in sala? Purtroppo non so rispondere a questa domanda. Durante la lavorazione del film avevamo già degli accordi di distribuzione con delle importanti case. Purtroppo però, una volta terminato il tutto, questi non sono più stati mantenuti. Ho dovuto lottare molto e non ho ancora finito di rivolgermi in prima persona a vari distributori (anche stranieri) ma ad oggi ancora non ho novità da riferire. Tuttavia non posso fare nulla se non continuare a insistere.   Cosa hai in mente per il futuro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo? Sei orientato a tornare negli Stati Uniti? Sempre insieme a Giacomo, sto lavorando a un trattamento per un progetto fantascientifico. Amo questo genere e vorrei riuscire a realizzare qualcosa in merito. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda si, sto già proponendo il progetto ad alcuni produttori statunitensi. Siamo ancora in una fase molto embrionale del tutto, però l’intenzione è quella di “emigrareâ€. In Italia è già fin troppo complicato proporre qualcosa di più canonico, non oso immaginare cosa potrebbe succedere con un’idea come questa.

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