Al termine della visione della seconda stagione di Jessica Jones, nuovo tassello nel mosaico Marvel firmato Netflix, la sensazione globale è quella di aver assistito ad un prodotto innocuo e calcolato e che, nonostante una crescita nella seconda parte, non riesce quasi mai ad essere davvero incisivo. Krysten Ritter ce la mette tutta, e in effetti le sequenze meglio riuscite sono quelle dove lei si trova da sola in scena, sola con i suoi pensieri, con la sua intimità e con la sua anima devastata da un passato che ritorna in altre vesti e che quindi non le dà mai la possibilità di trovare un equilibrio. Il filo conduttore dell’intera stagione è l’indagine verso l’IGH, la clinica che, facendo esperimenti umani, ha creato lei e altri mutanti, salvando vite, ma allo stesso tempo condannandole per sempre. Occasione purtroppo sprecata per indagare sulle origini di questi trattamenti – come avvenuto, ad esempio, in V per Vendetta o con il fumetto di Wolverine – e che invece risolve l’indagine in pochi episodi, ponendo l’attenzione su altro, sui rapporti familiari della protagonista, sulla relazione con una figura che credeva perduta e che ora ritorna, su Trish (Rachel Taylor).
La conduttrice radiofonica con il destino da supereroina (seguendo la trama editoriale sarà Hellcat, e lo si inizia intuire anche dalla serie, ma in maniera poco convincente) che si improvvisa investigatrice, che grazie ad un particolare inalatore riesce quasi ad avere superpoteri ma con effetti collaterali inaspettati e dannosi. Come una droga. E forse la partita migliore si gioca sul campo della dipendenza, se a questo aggiungiamo i vizi alcolici di Jessica e l’assunzione di cocaina dell’avvocato Geri Hogarth (Carrie Ann Moss, grottesca e deludente) si trova un quadro di anime deboli, di insicurezze, di donne che in un modo o nell’atro hanno bisogno di un agente esterno per stare bene, per sentirsi complete o, semplicemente, per dimenticare la loro vita. Perché di donne si parla, e in questo particolare periodo storico è purtroppo abbastanza semplice cavalcare l’onda della polemica per supperire a vuoti di sceneggiatura: accade anche in questo caso, e se Trish accusa un produttore cinematografico di aver abusato di lei, la mente non può che correre allo scandalo che pochi mesi fa ha investito il mondo del cinema. Come già evidenziato, la prima stagione aveva posto l’accento sugli abusi subiti dalle donne, con Kilgrave (David Tennant) ad ergersi a carnefice e Jessica vittima, il tutto senza banalizzare nulla, senza retorica: non è un caso, infatti, che David Tennant sia in grado di elevare il livello qualitativo della serie. Che Kilgrave sarebbe tornato era già noto in sede di produzione (il vero colpo di scena è un altro), ma in che modo?
