Kate Winslet – Il fascino discreto di una grande attrice sospesa tra ragione e sentimento
05/10/2021
Fare della discrezione un punto di forza, concedersi totalmente al personaggio senza forzarne i tratti, modellare il proprio talento sulla base di un cinema in continua evoluzione. Britannica, nata il 5 ottobre 1975, Kate Winslet occupa un posto di assoluto rilievo nel panorama cinematografico contemporaneo, diventando un modello di diva moderna dalla vocazione artistica universalmente riconosciuta. Con il raro dono della semplicità.

«Ho sempre avuto una vita normale e sempre l’avrò. Sono gli altri, è tutto quello che gira intorno al mio mestiere che la rende "anormale". Io cucino, faccio la spesa, accompagno i miei figli a scuola»


Nell'albero genealogico di Kate Winslet scorre la linfa della recitazione, e non stupisce quindi che sin da piccola appaia in pubblicità e qualche serie TV. Per il suo debutto al cinema bisogna attendere il 1994, quando interpreta la poetessa per Juliet Hulme in Creature del cielo di Peter Jackson. La prima candidatura all’Oscar arriva l’anno successivo, grazie alla sua interpretazione in Ragione e sentimento di Ang Lee: in totale saranno sette le nomination, conquistando solamente una statuetta per The Reader – A voce alta (2008), per il quale conquista anche Golden Globe e BAFTA. Il successo internazionale per Winslet arriva nel 1997, quando è Rose DeWitt Bukater in Titanic, al fianco Leonardo DiCaprio, suo grande amico anche fuori dalle scene. Nel 2004 recita accanto a Jim Carrey in Se mi lasci ti cancello (The Eternal Sunshine of the Spotless Mind), mentre nel 2008 torna a lavorare con DiCaprio per Revolutionary Road, di Sam Mendes, per cui ottiene il Golden Globe. Tra i vari registi con cui lavora: Woody Allen, Jason Reitman, Steven Soderbergh e Roman Polanski.

Ripercorriamo allora i momenti fondamentali di una carriera di assoluto livello, andando a scoprire i cinque film in cui Kate Winslet ha dato il meglio di sé:

5) LA RUOTA DELLE MERAVIGLIE (2017)



A un anno di distanza da Café Society (2016), Woody Allen torna dietro la macchina da presa con un dramma che trova nella suggestiva ambientazione anni '50 il suo vero punto di forza. Interamente immerso nel coloratissimo microcosmo di una fiabesca Coney Island che racchiude in sé sogni e speranze dei personaggi, La Ruota delle Meraviglie è "il sogno lungo un giorno" di un regista che vorrebbe omaggiare il mélo classico in un racconto di amore e tradimenti attraverso dinamiche narrative purtroppo non sempre originali. Un film che è il trionfo dell'artificio e della finzione metacinematografica, capace di catturare molto più gli occhi del cuore, che gioca in maniera a volte sottile, a volte banale con la natura umana, la rappresentazione della realtà, le ascendenze letterarie e teatrali (Čechov e Tennessee Williams su tutti). Sul filo della nostalgia, Allen rappresenta un passato che dietro l'apparenza zuccherosa nasconde meschinità e persino violenza, realizzando un altro ritratto femminile che, seppur non sia tra i suoi migliori, arricchisce la sua filmografia di un ulteriore tassello. Il giochino dei rapporti intrecciati tra i personaggi, davvero prevedibile, smorza l'entusiasmo per una variazione sul tema del destino tipicamente alleniana che, addentrandosi nel dramma, si dimostra troppo schematica. Ottima, in ogni caso, Kate Winslet, che con il suo sconfinato talento regge il film sulle sue spalle. Il direttore della fotografia Vittorio Storaro, alla sua seconda collaborazione consecutiva con Allen, sfrutta ancora una volta le potenzialità del digitale attraverso strabilianti virtuosismi nell'uso espressivo del colore, ma la sensazione di saturazione per lo spettatore non tarda ad arrivare. Montaggio di Alisa Lepselter, scenografie di Santo Loquasto, costumi di Suzy Benzinger.

4) REVOLUTIONARY ROAD (2008)



Tratto dall'omonimo romanzo di Richard Yates, Revolutionary Road deve molto alle ottime prestazioni dei due attori protagonisti, Kate Winslet e Leonardo DiCaprio, tornati in scena insieme a undici anni di distanza da Titanic (1997) di James Cameron, ma ha anche dalla sua un forte impianto cinematografico e una solida scrittura. Sam Mendes, con questa dolorosa opera, regala una profonda e impietosa analisi del deteriorarsi universale dei rapporti di coppia: l'ambientazione nella provincia dell'american dream, perfettamente ricostruita, è funzionale, ma April e Frank potrebbero vivere ovunque, in qualunque epoca. In ogni caso, la critica alla società americana non manca: il desiderio spasmodico di salvaguardare apparenze rispettabili, dietro le quali si nasconde la crudeltà reciproca di una coppia prigioniera di se stessa e della propria voglia di affermazione, ben si adatta al contesto di famelico capitalismo degli Stati Uniti del boom. Frank e April sono due profonde infelicità che si incontrano e scontrano danneggiandosi a vicenda: impossibile scegliere per chi dei due parteggiare. Bisognerà attendere L'amore bugiardo – Gone Girl (2014) di David Fincher per ritrovare un'analisi altrettanto chirurgica e impietosa sulla deriva del matrimonio apparentemente perfetto. Difficile dimenticare l'inquadratura finale.

3) TITANIC (1997)



Scritto dallo stesso regista James Cameron, Titanic è uno dei blockbuster più spettacolari degli anni Novanta e uno dei film più popolari dell'intera storia del cinema. Tra sentimenti e critica sociale, dramma ed epica, Cameron riesce a dosare con attenzione i tanti ingredienti che ha a disposizione, curando ogni dettaglio (la rappresentazione d'epoca è impeccabile) e dando vita a una storia d'amore intensa e appassionante. Qualche passaggio retorico non può scalfire un prodotto tanto potente dal versante visivo quanto coinvolgente da quello narrativo: il risultato è un melodrammone d'altri tempi, ricco di sequenze emozionanti e impossibili da dimenticare. Costato 200 milioni di dollari (più 85 spesi per la promozione) è il terzo incasso più alto della storia del cinema (il primo è sempre detenuto da James Cameron, con Avatar, del 2009) con oltre due miliardi di dollari guadagnati. Ha anche un altro record: insieme a Ben Hur (1959) e Il signore degli anelli – Il ritorno del re (2004), è l'unico a essersi aggiudicato ben 11 premi Oscar (film, regia, fotografia, montaggio, sonoro, scenografia, costumi, montaggio sonoro, effetti speciali, colonna sonora e canzone originale per la celebre My Heart Will Go On intonata da Céline Dion su musica di James Horner e testo di Will Jennings).

2) CARNAGE (2011)



Adattando per lo schermo la geniale pièce teatrale Il Dio del massacro di Yasmine Reza, il grande regista polacco Roman Polanski dà vita a una folgorante opera di cinema-teatro che lo riporta, a sorpresa, ai livelli (altissimi) dei suoi più grandi film del passato. Partendo dal pretesto del bisticcio tra due ragazzini, il regista fa collidere le personalità dei quattro personaggi generando scintille che rivelano, con una chiarezza disarmante, tutte le ipocrisie, le falsità e i finti idoli su cui poggiano le certezze della piccola borghesia americana e quindi, per estensione, della cultura occidentale tutta. Il risultato è un ritratto cinico e spietato, in cui è facile rispecchiarsi e rimanere spassosamente disgustati. Al potentissimo impianto tematico, inoltre, bisogna aggiungere l'abbacinante capacità registica di creare tensione sfruttando elementi minimali, da un telefono che suona a un cenno del capo. Dialoghi continui e funzionalmente estenuanti, caratterizzazioni da manuale e un'atmosfera claustrofobica che veicola il contrasto tra spazio e parola, aumentando lo straniamento: Polanski sa bene come dirigere, e non risparmia stoccate alla desolazione contemporanea, colpendo mirabilmente nel segno. Lo sguardo del criceto nello straordinario e spiazzante finale vale più di ogni parola pronunciata in precedenza dai protagonisti, interpretati da quattro attori in stato di grazia: Kate Winslet, Christoph Waltz, Jodie Foster, John C. Reilly. Musiche di Alexandre Desplat, fotografia di Pawel Edelman. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

1) SE MI LASCI TI CANCELLO (2004)



Dalla creativa mente di Michel Gondry e dalla penna visionaria di Charlie Kaufman nasce una grande storia d'amore contemporanea, struggente, commovente e, al contempo, di spiccata originalità. Utilizzando l'espediente della ditta che cancella i ricordi delle relazioni finite male, la narrazione si insinua nella mente dei protagonisti, intersecando piani temporali e dipingendo quadri visivi di rara bellezza (i due innamorati sulla spiaggia o nella distesa di ghiaccio), mentre gli sfondi si disgregano e si ricompongono via via che il viaggio nella memoria prosegue. Intriso di poetica, grazie anche alle fini citazioni da Alexander Pope (il meraviglioso titolo originale, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, è tratto dalla sua Eloisa to Abelard), riesce a trasportare su un piano di raffinatezza quasi trascendentale le piccole crudeltà delle relazioni amorose che, giorno dopo giorno, si sgretolano e decompongono, man mano che la cecità dell'innamoramento lascia spazio alla brutalità del quotidiano. Tragicamente reale nello scandagliare le dinamiche che prima uniscono appassionatamente e poi separano violentemente i due amanti, è un film di straordinaria lucidità travestita da onirisimo, supportato da due interpreti in stato di grazia (Winslet e Carrey) e da un cast di contorno di alto livello: da Kirsten Dunst a Tom Wilkinson, da Mark Ruffalo a Elijah Wood. Indubbiamente una delle vette raggiunte da Gondry e una delle pellicole più rappresentative dell'amore negli anni Duemila. Indefinibile il titolo italiano da commediaccia per adolescenti, che travisò migliaia di spettatori.

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