La "rappresentazione" della follia: maschere, sogni, fantasmi da Pirandello a Scorsese
21/03/2024
Al termine del corso che abbiamo dedicato al rapporto tra cinema e sogno abbiamo chiesto ai partecipanti se volessero contribuire con un loro saggio sull'argomento. Qui di seguito trovate il bellissimo articolo che ci ha girato Alessandro Bombi e che ringraziamo pubblicamente per tutti gli spunti che ci ha offerto.


La "rappresentazione" della follia: maschere, sogni, fantasmi da Pirandello a Scorsese

Enrico IV è una delle opere più importanti di Pirandello dove si combinano riflessioni filosofiche ed intensità drammatica e racchiude molti dei temi centrali affrontati dall'autore siciliano: la pazzia, l'amore, la vendetta, la confusione tra attore, persona e personaggio all'interno di un complesso gioco tra finzione e realtà. La vicenda è ben nota: durante una festa in maschera un giovane nobile cade da cavallo e quando si riprende crede il essere il personaggio che interpretava, l'Imperatore Enrico IV di Franconia; la famiglia asseconda questa follia e lo rinchiude per oltre vent'anni in una villa con dei "consiglieri" incaricati di controllarlo e di riproporre continuamente la "messa in scena"; anche coloro che lo vanno a visitare devono travestirsi da personaggi dell'epoca; durante un ultimo tentativo di guarirlo alla presenza di alcuni amici della sua giovinezza si scopre che l'uomo ha da tempo ripreso coscienza ma che ha deciso di continuare a recitare la sua pazzia, consapevole che la parte migliore della sua vita sia ormai passata e che non ci sia più un posto per lui nella società all'esterno, ipocrita e conformista.

Marco Bellocchio ha affrontato la malattia mentale in tante opere, a partire dal folgorante esordio de I pugni in tasca (1965), ed ha a lungo frequentato lo psicoterapeuta Massimo Fagioli, con il quale ha condiviso un complesso rapporto personale e professionale; nei suoi film viene spesso presentata un'ambigua sovrapposizione tra sogno e realtà, tra verità storica ed immaginazione; per tutte basti ricordare le scene "oniriche" di Buongiorno, Notte (2003), dove, dopo aver ricostruito minuziosamente il sequestro e la prigionia di Aldo Moro (almeno secondo la versione ufficiale), lo statista esce indisturbato dal covo dei brigatisti e passeggia all'alba per le strade di Roma, sequenze alternate con le riprese del suo vero funerale. Non sorprende che sia stato proprio Bellocchio a portare sullo schermo la tragedia pirandelliana nel 1984, un'opera un po' frettolosamente inserita nel suo periodo meno felice ma che merita di essere riscoperta e rivalutata; il regista rimane sostanzialmente fedele al testo di partenza, mantiene l'unità di tempo e di luogo tipicamente teatrale ambientando il tutto alla Rocchetta Mattei, un bizzarro edificio ottocentesco sulle colline di Bologna ed addirittura amplia la corte "imperiale" aggiungendo donne e bambini che convivono serenamente con il re pazzo, interpretato da un decadente Marcello Mastroianni; il linguaggio cinematografico gli consente di inserire due importanti segmenti: nel primo, più lungo e composto da varie sequenze, troviamo la ricostruzione della festa dove ebbe origine il trauma e lo spettatore non sa se si tratta di un flashback oggettivo oppure di una memoria più o meno veritiera dei protagonisti; nel secondo le cose sono ancora più complicate perchè vediamo l'episodio più importante del personaggio storico Enrico IV, l'umiliazione di Canossa in cui il re si sottomise a Papa Gregorio VII per ottenere la revoca della scomunica; qui non siamo sicuri se si tratti di un flashback di una rappresentazione effettivamente avvenuta nell'ambito della lunga messa in scena, di una fantasia onirica del protagonista nella fase di totale immedesimazione col suo personaggio oppure di un ambiguo inserto del regista per confondere lo spettatore.

La rappresentazione della follia pirandelliana trova dei singolari paralleli in uno degli ultimi film di Martin Scorsese, Shutter Island del 2010; interamente ambientato in un istituto di cura per malati di mente criminali, vede medici, personale sanitario e detenuti impegnati in un grande role-play per cercare di guarire un paziente che ha costruito fantasie molto sofisticate per evitare di affrontare la tragica verità delle sue azioni, tra traumi, ricordi, sogni ed allucinazioni. Se il colpo di scena finale e la conseguente lunga spiegazione risultano piuttosto prevedibili, le atmosfere generali e la descrizione di terapie e trattamenti per la malattia mentale anni Cinquanta sono davvero impressionanti, supportate dalle ottime interpretazioni del cast e soprattutto da Leonardo DiCaprio, un protagonista davvero inquietante.


Alessandro Bombi 

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