Master MICA - Analisi di "Coma"
24/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

"Coma"
di Xhon Hamzaraj

Introduzione
Nella carriera di un artista, così come nella vita lavorativa di un individuo qualsiasi, talvolta si verificano svolte inattese che inducono il diretto interessato a espandere un’esperienza nata per essere breve. È il caso di “Coma”, film del regista francese Bertrand Bonello presentato al Festival di Berlino del 2022. Il suo prologo sviluppa e modifica quello ideato per “Où en êtes-vous? (Numéro 2)”, cortometraggio che rientrava nel progetto di saggi visuali “Finite Rants” di Fondazione Prada, emerso in un’estate del 2020 di pandemia e isolamento. Il soggetto del film, invece, proviene dalla visione casuale di un seminario tenuto dal filosofo Gilles Deleuze, la cui dichiarazione sul pericolo di finire nei sogni altrui ha ispirato Bonello, desideroso di indagare con il cinema tale “avviso”.

In generale, si può affermare che “Coma” chiude idealmente una sorta di trilogia della gioventù, aperta da “Nocturama” (2016) e proseguita da “Zombi Child” (2019).

Coma, limbo e stili
Il primo dato essenziale da cui avviare una riflessione sulle interpretazioni di “Coma” riguarda l’assenza di un nome per definire la giovane protagonista, una scelta che contribuisce ad aumentare il suo potere simbolico: negandone la specificità, Bonello la eleva a figura archetipica dell’adolescenza, di quella fase transitoria tra infanzia ed età adulta. Non solo, lei è emblema dell’umanità che ha dovuto affrontare una situazione sanitaria grave che ha costretto tutti all’isolamento forzato in casa, a quel “coma” del titolo, nella sua accezione primaria di stato di assenza di coscienza, di interruzione delle attività al di fuori di uno spazio ristretto. Allo stesso tempo, Coma è il cognome di Patricia, youtuber carismatica che allieta le giornate del personaggio principale e diventa una vera e propria co-protagonista del film: compare per la prima volta sulla schermata del computer della giovane, nel video di benvenuto del suo canale, dispensando consigli sul benessere e improvvisandosi meteorologa che annuncia temperature molto elevate. Successivamente, la regia con un movimento di macchina progressivo cambia campo e mostra la casetta delle bambole in stile Barbie e Ken, che viene animata dalle voci dei rispettivi attori solo dopo l’estratto dalla conferenza sull’atto creativo di Deleuze.

Alla fine della prima sequenza della casetta, si sente la voce di Patricia Coma mentre la bambola Sharon e poi la protagonista si voltano sullo stesso asse: è uno dei molteplici casi di raccordi sonori che Bonello utilizza lungo il film, per enfatizzare l’accavallarsi delle fantasie della giovane. La creatrice digitale promuove il “Rivelatore”, un dispositivo quadrato e luminoso che riproduce una sequenza da imitare. Questo apparecchio può essere concepito come metafora degli algoritmi social che catturano l’attenzione degli utenti gratificandoli e rendendoli influenzabili, fino alla non esistenza del libero arbitrio, proclamata dalla stessa Patricia.

Più avanti, in un altro video, lei impartisce lezioni di tedesco rispondendo alla domanda di un fan su come si possa raggiungere il limbo, concetto alla base del senso profondo dell’opera di Bertrand Bonello. La parola “limbo” proviene dal latino “limbus”, che si traduce con i termini di “margine, bordo, orlo”, ma il suo significato attuale si è evoluto verso l’idea cattolica di luogo o stato in cui i defunti non battezzati si trovano, a metà tra il Paradiso e l’Inferno. In “Coma”, il limbo è associato all’inquietante foresta ove gli incubi dell’adolescente si concretizzano, selva oscura dantesca dai colori desaturati e dalle tante presenze spettrali. Questa foresta, come affermato da Patricia, costituisce una “free zone”, un’area libera dal “Rivelatore” in cui si può davvero sperimentare la possibilità di decidere e di produrre, come ribadito dalle gioiose parole di una donna che canta (“Che osmosi, che ironia, che armonia, che regia, che ‘mise en abyme’”), che conducono ad un’interpretazione ulteriore: e se l’apparecchio luminoso rappresentasse la tendenza del cinema recente a proporsi e riproporsi nelle stesse forme, come se fosse ipnotizzato? A quel punto, la “free zone”, la foresta stessa, potrebbe costituire un punto di partenza per una rinascita e un nuovo ordine delle immagini, adoperando tutto quel ventaglio di opportunità a disposizione dei nuovi e futuri cineasti.

“Coma”, da un’ottica di cinema della contemporaneità, presenta il limbo come orlo di confine tra uno stile e il suo opposto, tra un modo di rappresentare la realtà e uno di raffigurare l’irrealtà. In primis, emerge l’utilizzo dello “screenlife”, una nuova forma di racconto visivo che sfrutta gli schermi di dispositivi tecnologici come i laptop, i tablet o gli stessi smartphone e il movimento del cursore per attrarre l’attenzione dello spettatore. Bonello non lo usa ovviamente per tutta la durata del film, come nei casi dei due “Unfriended”, ma ne mostra le potenzialità, sia in senso comico che in senso orrorifico. Infatti, più avanti, un formato del genere connota la videochiamata della giovane con le sue amiche, che richiama il modello di horror come “Host” (2020) e “Untitled horror movie” (2021), anch’essi girati e pensati in pandemia; è interessante l’autoriflessività del cineasta francese, che scrive dialoghi per le adolescenti in riunione che mettono in luce l’ossessione odierna per il “true crime” e i serial killer, prima del rapimento improvviso di Tess, quasi a ribadire lo scollamento tra terrore virtuale e terrore reale che spesso la gioventù non avverte più.

Oltre a ciò, la già menzionata soap opera di bambole è rappresentata come uno dei flussi immaginifici dell’adolescente protagonista, rappresentazione animata con la tecnica della “stop-motion”, che giunge dal passato e rimane apprezzata in tempi attuali per la sua forza artistica e il procedimento artigianale che dona materialità agli oggetti messi in moto e fotografati. A questa animazione in 2D, s’affianca la tridimensionalità della tecnica del rotoscopio, con la quale nel film vengono ritratti alcuni momenti inediti della protagonista.

Soprattutto, c’è una sequenza significativa, la penultima che vede in scena il personaggio principale, in cui si passa dal live action all’animazione in rotoscopio dopo una domanda assai importante di Patricia Coma. Il limbo delle immagini è esemplificato dal rotoscopio stesso, forma per eccellenza mediatrice tra cinema dell’azione reale e cinema animato, ponte tra opposti che vengono considerati inconciliabili. In “Coma”, Bonello opera in modo analogo ai lavori in ‘rotoscope’ di Richard Linklater quali “A scanner darkly” (2006) a tema sfasamento dell’identità, tant’è che non è raro assistere ad un’inquadratura della co- protagonista youtuber nel bel mezzo di sequenze di conversazione della giovane con l’amica. La spazialità ristretta e claustrofobica della stanza scompare quasi del tutto, a favore di una liberazione mentale e della fuga nell’estesa foresta amata.

Il rapporto dialettico tra prologo ed epilogo
La sequenza iniziale di circa cinque minuti di “Coma” è fondamentale perché stabilisce sia l’operato sperimentalista di Bonello, sia una fitta rete di collegamenti con lavori precedenti di cui continua la ricerca teorica e contenutistica. Senza dialoghi parlati e con il solo accompagnamento musicale, le prime immagini sono tratte dall’epilogo di “Nocturama” e ritraggono alcuni dei giovani terroristi asserragliati nel centro commerciale e nel tentativo di nascondersi dalla polizia armata. Il regista francese, quindi, esplicita la ripresa dell’azione di ri-montaggio e cambiamento eseguita proprio su “Nocturama” nel cortometraggio “Où en êtes-vous? (Numéro 2)”, ora portata all’estremo: le immagini sono sgranate e focalizzate su dettagli del corpo e di oggetti, in una frammentazione del profilmico che prosegue progressivamente, fino all’astrattismo e all’essenzialità, come si può osservare nelle schermate verdi e gialle prima dell’apparizione del titolo. Se il verde rappresenta la primavera che verrà, il giallo è un colore simbolicamente più ambiguo, che trasmette significati vari a seconda dell’uso (follia, ossessione, ingenuità, saggezza...).

In basso, compaiono già da prima dei sottotitoli che rivelano la dedica di Bonello alla figlia Anna, per la quarta volta dopo i due cortometraggi di “Où en êtes- vous?” (il primo del 2014) e lo stesso “Nocturama”. Si tratta di una lettera d’amore, in cui il regista chiarisce l’intenzione di voler riflettere “sul tempo, sulla percezione delle cose nel tempo”, tema evidente nei due precedenti lungometraggi della trilogia della gioventù. Infine, nel prologo si avverte in sottofondo una voce declamare il Vangelo di Matteo, 23, 27-31, un estratto da “Il Vangelo secondo Matteo” (1964) di Pasolini, una delle fonti di ispirazione per Bonello. I versetti in questione, ripetuti e già presenti in “Où en êtes-vous? (Numéro 2)”, sono atti di accusa verso i farisei e gli scribi del nostro tempo, identificabili nella maggioranza degli adulti odierni che ha lasciato alla generazione Z un mondo devastato dalla disoccupazione, dal riscaldamento globale incontrollato e dall’abuso delle tecnologie. Questo, ovviamente, è un concetto che affiora soprattutto nell’epilogo. Bertrand Bonello riprende la lettera sospesa di inizio film e la pone alla fine di tutto. Tuttavia, le immagini sono volutamente l’opposto delle prime: ora la sfocatezza estrema ha lasciato posto alla nitidezza del digitale; gli zoom a concentrarsi su dettagli sono sostituiti da campi lunghi; l’oggettistica e i particolari sono rimpiazzati da ambienti naturali immensi e ampi. Quella del regista è una chiusura che riassume dentro di sé il paradosso della natura, creatrice di spettacoli affascinanti nella sua forza distruttrice. Tsunami, tornado, slavine, frane, maremoti, cadute di ghiacciai, eruzioni di vulcani, colate di lava: l’apocalisse che attende i giovani di oggi e quelli del futuro non è lontana, ma Bonello ripone fiducia nella figlia Anna e nella sua abilità di riempire lo spazio vuoto del limbo e di uscirne rinata.

In conclusione, risulta interessante come prologo ed epilogo dialoghino tra di loro in un rapporto di comunanza, al di là dell’opposizione visiva. In effetti, le rispettive immagini si assomigliano nell’intento, ossia ricercare un ordine primigenio dell’elemento visuale, oltre la norma e le regole, delineando due possibilità di generare liberamente nuovi scenari cinematografici.

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