Master MICA - Analisi di "Noi"
15/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

“NOI"
di Paolo Barzaghi

“Noi” è il titolo del secondo lungometraggio del regista e comico americano Jordan Peele, che confeziona un altro lavoro estremamente interessante, in cui il genere dell’horror viene piegato alle necessità della critica sociale contemporanea. Peele non è nuovo a questa procedura, già vista nella sua opera prima dal titolo “Scappa - Get Out”, in cui possiamo osservare una profonda critica della società americana odierna. Ed ecco che anche in “Noi” il regista gioca con lo spettatore, mettendolo di fronte ad un mondo spaccato, che non è altro che il riflesso dell’interiorità di quelle stesse persone che lo abitano.

ALLA RICERCA DI NOI STESSI
Il punto di partenza è la parola “Noi”, non solo come chiaro rimando agli United States (US), ma soprattutto ad indicarci che il tema è per “noi”, non solo spettatori, ma membri di comunità, di collettività, di famiglie. Tutti luoghi che appaiono in superficie quasi perfetti e intatti, ma che in realtà nascondono e celano al loro interno profonde fratture e segreti. Il regista stesso ci presenta un mondo americano apparentemente perfetto, fatto di luna park, ricordandoci però che proprio questo territorio è attraversato da migliaia e migliaia di chilometri di tunnel abbandonati, di cui molti ignorano la presenza e che probabilmente non hanno alcun uso. Luoghi sepolti e abbandonati, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente, che trovano un rimando nella complessità interna di ogni singolo individuo. Ed è proprio in uno di questi luoghi che comincia il viaggio della protagonista del film Adelaide, che, quasi come una principessa smarrita delle favole, si troverà a fare i conti con le sue paure più viscerali. Una principessa che dovrà sporcarsi le mani e lottare per difendere il proprio status. “SHAMAN’S VISION QUEST: FIND YOURSELF”: questo il nome dell’attrazione che attira la piccola Adelaide verso una parte quasi celata del luna park, più in basso rispetto alle altre attrazioni e al suo stesso mondo. Qui, tra riflessi e paure, è “Red” a prendere il controllo, strozzando la sua parte più privilegiata e razionale, togliendole la voce, desiderosa di prendere il suo posto così da poter vivere anche lei nel mondo “in alto”. Red diventa quindi Adelaide mentre Adelaide diventa Red, in una dinamica di duplicità e lotta, che punta al dominio di una delle due, di fronte all’invasione dell’altra. America che, come società, ha vissuto e vive tutt’ora con la paura dell’invasione e l’ossessione del dominio. La paura di un conflitto non solo territoriale, ma anche culturale, sociale ed economico, che potrebbe rovesciare le classi dominanti benestanti e privilegiate.

HANDS ACROSS AMERICA 
Il citazionismo pop è molto presente all’interno del film, diventando un elemento virtuoso ma anche funzionale alla narrazione e alla riflessione elaborata da Peele. Ci sono sicuramente citazioni più leggere come il VHS del celebre film “Goonies” del 1985, che vediamo ad inizio film nella libreria in casa di Adelaide mentre guarda alla televisione lo spot dell’iniziativa “Hands Across America” del 1986. Quest’ultima, invece, diventa un elemento estremamente preciso e di chiara lettura, che il regista utilizza per fare emergere le criticità e le ipocrisie della società americana, ma sopratutto l’iniziativa stessa diventa un idolo di quel falso mondo in superficie, che gli abitanti del sottosuolo aspirano a raggiungere. Ed è proprio “Hands Across America”, raffigurata sulla maglietta che Red conserva gelosamente nella sua casa sotterranea, a ispirare il suo piano di rivolta, con l’obiettivo di mandare un vero messaggio al mondo, che tutti possano vedere. Una possibilità che nel mondo finzionale creato dal regista sembra essere più realizzabile ed efficace, rispetto ai risultati ottenuti dalla vera iniziativa nel 1986. Una versione sicuramente più brutale ma che possa fare veramente aprire gli occhi a tutti gli abitanti del “mondo di sopra”. In tutto questo possiamo osservare la critica del regista verso una società ossessionata dal mezzo televisivo e dai contenuti che esso produce, a tal punto che questi diventano una falsa rappresentazione della realtà, specialmente per quegli individui che vivono nelle fasce più basse della società e che si limitano ad osservarla da lontano e aspirare un giorno a raggiungerla. 

CONIGLI
A Jordan Peele piace mettere il nostro senso di sicurezza a dura prova, rendendo cattivo presagio e segnale di pericolo anche la creatura più innocente possibile, come i vari conigli presenti nel film. Il coniglio appare in molteplici occasioni durante la narrazione, sia in carne d’ossa, sia come simbolo. Lo vediamo rappresentato sulla maglietta di Zora Wilson e su una felpa, sempre indossata dalla figlia di Adelaide, con la scritta “Tho”, che in Vietnamese vuol dire appunto coniglio. Nella casa delle vacanze della famiglia Wilson vediamo un coniglio di pezza che poi verrà tenuto tra le mani da Jason Wilson, alla fine del film. Una presenza dunque ricorrente che apre e chiude il film, seguendo le orme e le azioni degli abitanti del sottosuolo, prima rinchiusi nelle loro “gabbie”, poi alla fine liberi di vagare dove vogliono. Animali che si riproducono velocemente e che diventano il sostentamento alimentare della popolazione che vive al di sotto dei “liberi”, che vediamo invece cibarsi di hamburger e patatine. Inoltre, è importante sottolineare come nel mondo scientifico il coniglio sia stato uno dei primi animali da allevamento ad essere clonato e ad essere usato largamente per esperimenti e trattamenti sperimentali per gli esseri umani. Si istaura chiaramente un legame tra di loro e la creazione degli abitanti del sottosuolo, clonati per assolvere a chissà quale scopo.

MESSIAH
Un altro tema con cui il regista sembra giocare e che rappresenta senza ombra di dubbio uno dei dogmi culturali americani, assieme alla televisione, è la religione. Uno dei primi elementi religiosi che avvistiamo è un cartello con la scritta “Jeremiah 11:11”, il quale ritornerà in due scene chiave del film, chiaro riferimento ad un preciso passaggio della Bibbia, che recita così: “Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su di loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò”. Una calamità quindi che si abbatterà su una popolazione che non ha via di scampo. Ed è qui che entra in gioco la figura di Red, Messiah scelta da “dio”, per guidare una rivoluzione, dal basso verso l’alto, dai poveri verso i ricchi. Una prescelta che diventa però un antieroe cupo e malvagio, che più che ricordare Gesù rimanda all’AntiCristo. Questo ci dice molto della visione che Peele ha della religione. Red si scontra con violenza contro il concetto di “classe sociale” e “privilegio”, attuando una sommossa per niente pacifica, ma anzi volta a riprendersi quello che secondo lei le spetta di diritto, seguendo una direzione totalmente opposta rispetto all’illusione pacifica di Cristo, all’interno della Bibbia. Red in quanto capace di comprendere il mondo in alto e parlare la sua lingua, rappresenta l’unica possibilità di rivalsa e di libertà per gli abitanti del sottosuolo, che infatti la scelgono come loro guida spirituale. Questo può riassumere la concezione che Peele ha della religione, un qualcosa in cui non esiste un equilibrio ma invece una forte divisione e dominanza, che separa e fa versare litri e litri di sangue, in nome di qualcosa di intelligibile ai più. Un’ ipocrisia quella della religione che ha da sempre guidato la società americana, amplificando sempre di più il divario sociale e le disparità tra classi.

DUALISMO
Una lotta sanguinosa, dunque, quella che viene messa in scena da Jordan Peele, un conflitto tra due mondi, quello privilegiato in alto, contro quello imprigionato del basso. Una lotta che sembra esaurirsi in una dimensione esterna da quell’Io, ma che in realtà trova riflesso proprio nello sdoppiamento dell’individuo. Adelaide prende il posto di Red, questo il primo ribaltamento. La parte razionale di una persona che viene strozzata, dominata e sostituita da quella più irrazionale, guidata da una rabbia viscerale che ci può rendere ciechi e annebbiare la vista di “rosso”. Quindi la “vera” Adelaide diventa la “falsa” Red, mentre la “vera” Red diventa la “falsa” Adelaide, in un gioco di sdoppiamento, che mette in difficoltà la capacità di riconoscere se stessi. Un ribaltamento del ribaltamento che crea confusione, anche quando siamo sicuri di essere noi stessi, sicuri che quel riflesso davanti allo specchio rappresenti la vera parte di noi. I “Tethered” si risvegliano ed emergono con violenza, facendo tremare le nostre certezze. Questi individui “legati” (Tethered appunto) sembrano diversi dalla famiglia Wilson, appaiano come degli estranei, ma una volta faccia a faccia, non sono altro che loro, o forse “Noi”. Sono i “Nostri” riflessi, la nostra parte più irrazionale e perversa, relegata nelle profondità dell’Io e impossibilitata a risalire, dal momento che la strada creata per loro ha una direzione obbligata esclusivamente verso il basso, come la scala mobile che collega il sottosuolo con il mondo reale. La visione d’insieme è la società, ma non ci si limita solo a questo. I Wilson siamo “noi”, sono le nostre famiglie, così come Adelaide sono “io”, singolo spettatore davanti allo schermo. Il racconto al quale assistiamo altro non è che una ricerca di se stessi, Jordan Peele ce lo dice fin dall’inizio. Ognuno di noi ha un doppio, una parte nascosta dentro di sé, che ogni tanto emerge e prende il controllo, in una continua lotta dualistica.

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