Master MICA - Analisi di "Skyfall"
22/03/2023
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

SKYFALL
di Andrea Dall'Armi 

Skyfall è un film del 2012 diretto da Sam Mendes. La pellicola numero ventitré della famosa serie dell’agente segreto britannico arriva dopo il discusso Quantum of Solace, e ha il difficile compito di continuare la trasposizione di James Bond adattandolo ai giorni nostri, operazione iniziata con il reboot della saga in Casino Royale.

1. Attacco al cuore dell’Inghilterra
Dopo la sequenza iniziale del film in cui una lista contenente i nomi degli agenti infiltrati in operazioni segrete e reti terroristiche, M viene convocata dal suo superiore per il mancato successo dell’operazione. Durante il viaggio di ritorno verso il quartier generale dell’MI6, il suo computer viene hackerato e una parte della base operativa viene fatta esplodere con una fuga di gas.
Questa scena è significativa perché, oltre ad innescare le successive evoluzioni della trama, ricorda pur senza citarlo l’11 settembre con l’attentato alle torri gemelle di New York. Il risultato dell’attacco terroristico, pur riportando un numero inferiore di vittime, è ancora più grave di quello avvenuto nella realtà perché gli stessi servizi segreti, con il preciso compito di proteggere i cittadini dalle minacce esterne ed interne, sono stati presi sotto scacco. Preceduta dalla frase Think on your sin- pensa ai tuoi peccati- M è costretta a guardare la sua sede esplodere, con un’espressione addolorata e impotente che trasmette allo spettatore il dolore dell’impossibilità di agire di fronte ad eventi di questo tipo.
La persona responsabile di questa distruzione si rivela essere un ex agente segreto. Un individuo che non proviene quindi dall’esterno, come spesso la società spinge a pensare quando accadono eventi del genere, ma dall’interno, quindi perfettamente conscio di come funziona il “gioco” e di come si muovono le pedine che lo giocano. Silva è una figura che viene dal passato e che ha dei conti in sospeso con M. In quel caso il nemico era esterno, tuttavia era legato al passato della nazione, che più volte ha effettuato interventi militari nelle zone di provenienza dei terroristi. Nel film, il passato del protagonista e di M torna più volte a bussare alla porta, come a ricordare che tutte le azioni che l’essere umano compie nell’arco della sua esistenza non possano essere sepolte né tantomeno dimenticate.
In questo caso è singolare come il protagonista e il nemico del film siano collegati alla figura di M, che funge da punto di riferimento per Bond e da “madre” per Silva. Un legame incrementato e messo ancora più in evidenza dall’ex agente traditore quando, durante il loro primo incontro sull’isola che funge da base operativa racconta la storia su come eliminare i topi, considerando loro due gli ultimi sopravvissuti della loro specie, che si nutrono solo di altri simili perché la loro natura è stata cambiata.

2. Giochi di luce e ombre
Una tematica che ritorna molto spesso in questo film è quella della dicotomia luce/ombra.
Gli agenti segreti sotto copertura operano infatti nell’ombra, mentre la sede dell’MI6 è in piena luce, quasi a fungere da monito ai nemici e ai cittadini come per affermare «noi siamo qui per proteggervi».
Sempre riguardo al tema delle ombre è molto importante la frase che Mallory dice a M prima del processo di pubblica accusa per come è stata gestita l’operazione, accennando che essendo una democrazia i cittadini hanno diritto ad essere informati su come sono salvaguardati dalle possibili minacce esterne. Questa fase del film rappresenta di fatto un capovolgimento, visto che assai raramente nella storia i servizi segreti hanno dovuto giustificare le loro azioni in pubblico.
Basti pensare ad esempio ad un altro film come Jason Bourne, dove la CIA cerca di insabbiare più cose possibili affinché non vengano scoperte e rese pubbliche. M deve difendersi dalla pubblica accusa, che incolpa i servizi segreti per la gestione dell’operazione, definendoli arretrati e inutili, con il pensiero fisso del mondo visto come ancora fermo al periodo della guerra fredda, tempo in cui nessuno di fidava del prossimo.
La donna risponde alle accuse dicendo che i servizi di Sua Maestà sono perfettamente consci che il mondo sia cambiato, tanto che ormai non si tratta più di battaglie tra nazioni ma bensì di individui, esseri che provengono dall’ombra, che ha detta di molti non esiste più. Questi sono spesso mercenari, che emergono alla luce del sole solo per portare a compimento la loro missione e, una volta svolto il loro incarico, tornano ad essere dei fantasmi senza volto nel loro luogo di appartenenza. La donna conclude il suo intervento citando la parte finale di una poesia di Tennyson che riguarda Ulisse e il suo viaggiare per il mondo, dicendo che « Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi mosse terra e cieli, ciò che siamo è un eguale indole di eroici cuori, fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare, e di non cedere».
Questa parte finale a livello interpretativo si estende a tutte quelle grandi potenze che in passato hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel corso della storia, sia al tempo del colonialismo sia nel più recente passato, come gli Stati Uniti, che si trovano in difficoltà nell’affrontare singoli individui che sfuggono alle loro maglie. La scena del tribunale si conclude con un nuovo attacco da parte di Silva nel tentativo di assassinare M, dimostrando che senza l’intervento e la protezione dei servizi segreti le potenziali vittime sarebbero notevolmente maggiori, a riprova della loro utilità e del fatto che probabilmente è meglio che non tutto venga svelato all’opinione pubblica, lasciando che questi “angeli custodi” operino indisturbati salvando i cittadini e preservandoli da possibili minacce. In merito a questo argomento è opportuno citare una frase dal film Kingsman, quando Colin Firth dice al suo allievo “Per un agente segreto la cosa più importante e che il giorno dopo la missione si parli di altro, per questo ho inquadrato i giornali”, ossia che i cittadini siano ignari delle minacce che gravano su di loro e parlino di frivolezze come le partite di calcio, gossip e mondanità.

3. Vecchia volpe nuovi trucchi
Nel film Goldeneye, con protagonista Pierce Brosnan, quando Bond incontra M per la prima volta questa gli si rivolge definendolo un dinosauro misogino e sessista, figlio di un’epoca che non esiste più. Daniel Craig invece interpreta un agente segreto completamente diverso rispetto a quanto la saga ha abituato lo spettatore finora.
Questo tema viene portato avanti per tutta la durata del film. Infatti fin dall’inizio Bond e M si rinfacciano l’un l’altra di essere troppo vecchi e di giocare a questo gioco- dello spionaggio- da troppo tempo, perdendo quindi la lucidità con cui questa professione deve essere portata avanti.
Un’altra scena che merita di essere presa in considerazione è quella in cui Bond incontra per la prima Q, l’esperto di armamenti, nel museo. In questo frangente il protagonista è seduto davanti ad un quadro che ritrae una grande imbarcazione trainata da una più piccola verso il porto per essere dismessa. Quando interpellato dal “giovane con i brufoli” Bond dice di vedere nel quadro solo una barca e dell’acqua, Q invece si dilunga nel descrivere la tristezza provocata in lui dalla visione di una gloriosa imbarcazione trascinata ingloriosamente verso la fine per l’ineluttabilità del tempo.
Questo discorso, apparentemente innocuo e pensato per introdurre il personaggio con un giocoso scambio di battute, nasconde in sé un’interpretazione molto più complessa.
Infatti la barca che pian piano sta venendo trainata verso il porto può essere paragonata a Bond che ha fatto il suo tempo.
Anche la scelta dei gadget si rivela fondamentale per questa concezione del viaggio verso la fine dell’eroe. Per completare la cattura di Silva il protagonista può infatti contare solamente su una pistola codificata con le sue impronte digitali e una radio per segnalare la propria posizione. Anche la battuta ilare con cui Bond riceve l’equipaggiamento «non è certo Natale» strizza l’occhio allo spettatore appassionato e ai fan storici della serie, abituati a vedere il protagonista dotato di gadget esotici per completare le missioni, dal Jetpack al piccolo velivolo- denominato Nelly- in You only live twice. La risposta di Q alle perplessità espresse da Bond risponde «cosa ti aspettavi, una penna esplosiva? Quelle cose non le facciamo più da un pezzo» è un chiaro messaggio dei produttori a fan più affezionati del franchise, che semplicemente dicono senza fronzoli che James Bond non è più quello di un tempo. Queste cose potevano funzionare negli anni sessanta e settanta,
ma ora la contemporaneità esige un abbandono della fantasia per tendere verso un realismo crudo senza esclusione di colpi con temi attuali.
Tuttavia è opportuno riflettere sul fatto che in questo film siano protagonisti gli “anziani”.
La battaglia a tre che si gioca in questo film avviene esclusivamente tra persone esperte del mestiere, i giovani non riescono a stare al passo con loro o sono relegati a figure marginali. A dirigere le danze sono invece le persone con notevoli esperienze di vita- un ulteriore esempio viene fornito dall’anziano guardiacaccia che aiuta Bond nella battaglia finale- mentre i giovani che tanto scalpitano per ottenere il loro spazio vengono presentati come inesperti.
Un film che poggia quindi anche sul contrasto generazionale oltre che alla dicotomia luce/ombra. Un film che vuole distaccarsi in parte dal proprio passato ma che non riesce ad innovarsi oltre certi limiti, dovuti ai canoni a cui la saga deve aderire.

4. Let the sky fall
James Bond ha vita difficile da quando è iniziato il reboot del suo personaggio e questo film non è da meno. La morte è una presenza costante in questa produzione, tanto che il protagonista viene quasi ucciso all’inizio della storia. In una linea di dialogo con Silva, quando questi tenta di convincerlo a lavorare con lui e a scegliersi le proprie missioni, Bond dice che il suo hobby è la resurrezione.
Una frase molto importante che si ricollega a quanto detto prima sul distaccarsi dal passato, dal mutare pelle, dal cambiamento. Il protagonista muore di fatto su quel ponte quando viene colpito dalla collega, scena a cui fanno seguito gli iconici titoli di apertura con la canzone cantata da Adele. A questo giro a fare da sfondo alla voce della cantante sono draghi cinesi fiammeggianti che richiamano l’inferno con le fiamme, manichini del tiro a segno sanguinolenti e varie armi da fuoco e pugnali, il tutto con varie immagini della residenza dei Bond in Scozia, denominata Skyfall.
L’immaginario su cui gioca questo titolo è oppressivo, sembra non lasciare spazio alla speranza, come nell’iconica scena della prigione del film Il cavaliere oscuro- Il Ritorno di Nolan, luogo di detenzione scavato in un buco nel terreno nel quale i detenuti guardano verso l’alto per scorgere il cielo e la luce e avere quindi idea di una possibile speranza.
Skyfall, come si scopre verso la fine del film è anche il nome della residenza dove Bond è cresciuto e dove ha assistito al suo dramma familiare. Quando lo psicologo nomina questa parola durante il colloquio per l’abilitazione al servizio, il protagonista si rifiuta di proseguire la conversazione, denunciando una mancanza di volontà di affrontare il passato. Skyfall è infatti il luogo della fine, dove Bond ha appreso della morte dei suoi genitori e, dopo essersi rintanato nel passaggio segreto della casa, è diventato adulto.
Anche in questo caso ritorna il tema morte/resurrezione: morte del fanciullo e risurrezione come adulto e anche la fine dell’infanzia provocata da un evento traumatico.
Il protagonista sceglie di affrontare l’antagonista in questo luogo alla fine del tempo, da dove poi uscirà vincitore come l’ultimo topolino, il solo rimasto della sua specie la cui natura è stata cambiata. Nel farlo Bond sceglie di tornare alle proprie radici, ad un posto che un tempo ha potuto chiamare casa e dove sente di poter essere in vantaggio su Silva. Un ritorno alle origini che rappresenta tuttavia un’occasione per tranciarle.
Nel corso dell’ultima battaglia il protagonista perde il proprio iconico mezzo di trasporto.
La famosa Aston Martin che ha fatto la propria comparsa in Goldfinger viene infatti distrutta nel corso del conflitto, riallacciandosi come idea alla barca che viene traghetta in porto perché ha fatto il suo tempo e allo stesso tempo al voler togliere un elemento caratteristico della serie con la “morte” del veicolo.
Un altro elemento chiave che viene tolto a Bond nella parte finale del film è M. Questa infatti muore in seguito alle ferite riportate nel conflitto con gli uomini di Silva. Una perdita tragica per il protagonista, che vede nella donna/capo una figura di riferimento importante, sia dal punto di vista lavorativo che affettivo, come se fosse una madre adottiva.
Inoltre nel combattimento finale Bond perde anche la residenza che un tempo era casa sua e dei suoi genitori, l’ultimo baluardo che lo collegava con delle radici ed un'identità  definita. Questa viene divorata dalle fiamme dell’esplosione generata dall’abbattimento dell’elicottero, tranciando definitivamente il passato che Bond aveva con quel luogo.
Ulteriore rilevanza assume in questo contesto la scena della morte di M nella Chiesa che ospita le lapidi dei genitori di Bond, che come dice Silva «doveva essere in questo luogo».
La scelta assume un carattere ancora più drammatico perché va a suggellare l’idea che in quel posto dimenticato riposino tutte le persone che Bond ha potuto chiamare famiglia. In questo senso si può affermare che in Skyfall e a Skyfall il protagonista ha perso la sua umanità ed è entrato nel mondo dell’ombra.
Infine è opportuno soffermarsi sulla statuetta del bulldog inglese lasciata in eredità da M a Bond. Oggetto in apparenza banale vista la sua natura di soprammobile, il cane, creatura fedele per antonomasia, richiama la lealtà e la devozione alla bandiera britannica, sentimenti che Bond rappresenta. Infatti nel periodo oscuro della contemporaneità la tenacia è una dote più che mai importante per affrontare la quotidianità e le ignote sfide che si manifestano. Un ulteriore elemento evocato dalla statuina con la bandiera inglese che il protagonista tanto detesta è il concetto di sopravvivenza. Nel film il soprammobile sopravvive all’esplosione dell’intero ufficio, richiamando la potenza della volontà di sopravvivenza di un popolo; unito al significato intrinseco del cane visto come guardiano di casa acquisisce il messaggio che per quanto la quotidianità sia difficile, per quanto le difficoltà mettano a dura prova- nel film infatti la statuina è rattoppata- ci sarà sempre qualcuno che celato nell’ombra sarà pronto a vegliare su di noi. Da questo la volontà di Bond di non accettare un lavoro d’ufficio.

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