Master MICA - Analisi di "The Mist"
23/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
The Mist
di Amelia Assi
Una voce fuori campo (Rod Serling) chiude la puntata The Monsters are due on Maple Street (1960) della serie The Twilight Zone. The Mist (2007), horror di fantascienza diretto da Frank Darabont, si rifà all’episodio esplorando le fragilità umane e i meccanismi psicologici che vengono a crearsi nel confronto con l’ignoto. La pellicola mette in luce un’inquietante America post 11 settembre, riflettendo sulle dinamiche sociali createsi a causa del trauma. La minaccia della nebbia si trasforma in una metafora per le ansie, i timori e le incertezze di un’epoca segnata dal terrore.
Darabont viene spesso definito il regista kinghiano per eccellenza. The Mist è il quarto adattamento dai romanzi del maestro dell’horror, ispirato all’omonimo racconto pubblicato per la prima volta nel 1980 e inserito nella raccolta Scheletri nel 1985.
Il regista riesce abilmente a proporre il terrore descritto da Stephen King, sfruttando il ruolo della nebbia come emblema dell’ignoto. L’oscurità cela un orrore invisibile ed estraneo, ma ben percepibile. Il confronto con un nemico sconosciuto fa più paura e va a frantumare il senso di sicurezza collettivo. Il concetto presentato suggerisce un immaginario riconducibile a quello americano, dominato da una paranoica società in lotta contro il terrorismo. Gli esseri che popolano la nebbia sono sconosciuti e non ben identificati, assimilabili alla concezione americana del terrorismo jihadista.
Un pericolo alle porte
La normalità della vita quotidiana dei cittadini di Bridgton nel Maine viene improvvisamente stravolta, ne è preludio la forte tempesta che apre il film. Fin dall’inizio si crea un senso di inquietudine e di paura, la tensione è palpabile lungo tutta la pellicola. La seconda inquadratura mostra il tempestoso paesaggio, al cui centro si staglia un imponente albero a rappresentare l’apparente stabilità dell’esistenza dei personaggi presto sconvolta. La caduta dell’enorme pianta, che irrompe nella casa, si configura come segno premonitore.
Diversi segnali di anticipazione vengono seminati dalle prime scene del film. L’esplicito avvertimento arriva alle orecchie dello spettatore prima che agli occhi: si propaga nel supermercato il suono di una sirena, che evoca una situazione di emergenza e rimanda all’allarme antiaereo. L’ansia si diffonde tra i presenti simulando il clima emotivo dei newyorkesi sotto attacco, travolti da un groviglio di emozioni e stati d’animo: stupore, incomprensione, disperazione, incredulità. Mentre continua a diffondersi il suono della sirena, una fitta coltre di nebbia avanza inarrestabile sulle vie della città, avvolgendo tutto quello che incontra al suo passaggio. La nebbia claustrofobica evoca la nube di fumo che ha avvolto il World Trade Center la mattina dell’11 settembre e la violenta scossa di terremoto che si avverte simula l’urto contro le Torri Gemelle. L’avvenimento innesta scompiglio tra gli individui rifugiati nel supermercato e nella disperazione si fa viva un’unica certezza: non essere più al sicuro. Il terremoto può essere visto anche come una spaccatura della rete sociale, a rappresentare le tensioni e le divisioni che si andranno a creare nel gruppo.
Nell’ombra di un’umanità perduta: tra politica e fanatismo religioso
Il film fa una profonda riflessione sociale, il microcosmo rappresentato dai personaggi che popolano il supermercato si fa metafora della condizione della società americana di quegli anni. Gli Stati Uniti si trovano a vivere in un clima di terrore e sono proprio la politica e la religione a far leva su questo aspetto, manipolando e sfruttando la paura dei cittadini.
I diversi comportamenti dei personaggi portano a un’evidente spaccatura interna al gruppo, che evidenzia una forte analogia con il quadro sociale post 11 settembre: chi cerca di agire con prudenza e logica, mantenendo la calma e la lucidità, come David e il suo piccolo gruppo; chi, guidato dallo scetticismo, nega totalmente l’evidenza, come Brent Norton, che troverà la morte proprio a causa della sua diffidenza e del suo orgoglio; chi, invece, cedendo al panico e alla disperazione, trova conforto nelle farneticanti teorie della signora Carmody, anziana fondamentalista religiosa che vede negli avvenimenti che si susseguono i segni dell’Apocalisse.
La signora Carmody, figura ambigua e controversa, fa leva sulla paura dell’ignoto, attirando a sé un numero sempre maggiore di seguaci. La religione della signora Carmody ha la capacità di polarizzare la maggioranza, dimostrandosi un porto sicuro per i suoi discepoli ma pericolo e causa di tensione per gli oppositori al suo credo. «La nebbia gli ha dato il potere di annebbiare la mente degli uomini», scrive King nel suo romanzo.
Le dinamiche rappresentate evidenziano parallelismi con l’atmosfera politica e religiosa dell’America nei primi anni 2000, durante la presidenza repubblicana di George W. Bush (2001 - 2009). Egli delinea la lotta al terrorismo come una lotta tra Bene e Male assoluto, definendo i terroristi come nemici e miscredenti che tradiscono i principi della loro fede. Il conservatorismo religioso diventa ciò che può difendere e stabilire l’ordine e chi ne è rappresentante è legittimato a fare qualunque cosa per proteggerlo. «Every nation, in every region, now has a decision to make. Either you are with us, or you are with the terrorists», afferma Bush. Analogia che si trova nel film quando i protagonisti, pronti a fuggire dal supermercato, vengono fermati dalla signora Carmody e additati come nemici, il perfetto capro espiatorio. L’espiazione e il sacrificio sono associati al contesto politico dominato dai conservatori sostenitori di Bush, le cui posizioni hanno portato l’America a uccidere e sacrificare soldati in nome della religione durante la guerra in Iraq (2003-2011), come reazione all’attacco alle Torri Gemelle.
Questione di scelte
Non ci sono eroi nella storia, ma individui imperfetti costretti ad affrontare scelte che influiscono in maniera preponderante sulle dinamiche sociali del gruppo. Se da un lato la lotta dei personaggi guidati da Drayton li porta a dover affrontare le drammatiche conseguenze delle loro azioni, dall’altro le estreme convinzioni religiose portano alla divisione, alla violenza e alla morte.
Il conflitto culmina in un momento di alta tensione che si dipana solamente con l’uccisione della signora Carmody per mano di Ollie Weeks, vicedirettore del supermercato. La macchina da presa si sofferma sul corpo privo di vita della donna, il cui posizionamento allude visivamente alla crocifissione e, a sottolineare la simbologia religiosa, è l’aureola di sangue che si viene a formare attorno alla sua testa. L’associazione vuole evidenziare una simbologia distorta e corrotta del simbolo religioso propria del personaggio, che sfrutta la fede per giustificare atti violenti.
La violenta morte della signora Carmody pone fine al suo controllo tirannico, rappresentando una liberazione temporanea che permette al gruppo di tentare la fuga, ma questa libertà verrà presto stroncata. La pellicola porta a riflettere sull’importanza delle scelte e delle possibili conseguenze che ne derivano: fino a dove può spingersi l’uomo quando la speranza viene meno?
Nelle braccia della speranza o in un baratro di disperazione?
King nel suo racconto suggerisce una possibile svolta tragica per i personaggi, mantenendo però un atteggiamento ambiguo. Il protagonista considera il destino a cui potrebbero andare incontro, controlla la pistola che possiede e, notando l’insufficienza dei proiettili, riflette sulla possibilità di sacrificare sé stesso e cercare un modo diverso di togliersi la vita. Se nel romanzo rimane solo una remota eventualità, nella pellicola è proprio ciò che accade. L’azione estrema porta il protagonista a uccidere, tra gli altri, anche suo figlio.
L’ironia tragica del finale è alimentata dal disvelamento progressivo dell’arrivo dei soccorsi militari. Se da una parte King presenta un finale ambiguo, aperto a una libera interpretazione; Darabont opta per una conclusione più lugubre. L’opera non lascia spazio alla speranza, che è invece l’ultima parola che chiude il romanzo, sussurrata da David all’orecchio del figlio. L’importanza del repentino cambiamento nell’adattamento sta forse nell’essere un emblematico riflesso dell’America post 11 settembre, circondata da un aumento del pessimismo e da un conseguente calo della speranza nell’animo dei cittadini.
L’ultima parte del film è accompagnata da una musica eterea, si tratta di Host of Seraphim, numero che apre l’album The Serpent’s Egg (1988) del gruppo Dead Can Dance. È uno dei pochi brani presenti nel film, il regista ha infatti optato per una cinematografia più silenziosa dal punto di vista musicale, ritenendo che il silenzio possa suscitare maggiore terrore.
La dimensione apocalittica delle scene viene sottolineata dalla melodia di desolazione, perdita e sofferenza. Si rimane con il fiato sospeso seguendo il lento procedere del gruppo nella nebbia fino a che la benzina finisce, la macchina si ferma e così anche la musica, lasciando spazio al silenzio, interrotto solamente dal boato dei colpi di pistola e dalle disperate grida del protagonista. Anche l’ultimo barlume di speranza si è spento, nonostante la salvezza fosse così vicina.
Il film si conclude nella più totale desolazione, l’immaginario riprende ancora una volta il fumo, le macerie e la distruzione che hanno invaso l’area di Lower Manhattan a seguito del tragico attacco. L’ultima scena di The Mist rimane impressa nella mente dello spettatore come un trauma. Lascia poi spazio a un vuoto, il nero dello schermo, su cui scorrono i titoli di coda accompagnati dal suono di elicotteri e mezzi militari.
The Mist
di Amelia Assi
There are weapons that are simply thoughts, attitudes, prejudices, to be found only in the mind of men. For the record prejudices can kill and suspicion can destroy.
Una voce fuori campo (Rod Serling) chiude la puntata The Monsters are due on Maple Street (1960) della serie The Twilight Zone. The Mist (2007), horror di fantascienza diretto da Frank Darabont, si rifà all’episodio esplorando le fragilità umane e i meccanismi psicologici che vengono a crearsi nel confronto con l’ignoto. La pellicola mette in luce un’inquietante America post 11 settembre, riflettendo sulle dinamiche sociali createsi a causa del trauma. La minaccia della nebbia si trasforma in una metafora per le ansie, i timori e le incertezze di un’epoca segnata dal terrore.
Darabont viene spesso definito il regista kinghiano per eccellenza. The Mist è il quarto adattamento dai romanzi del maestro dell’horror, ispirato all’omonimo racconto pubblicato per la prima volta nel 1980 e inserito nella raccolta Scheletri nel 1985.
Il regista riesce abilmente a proporre il terrore descritto da Stephen King, sfruttando il ruolo della nebbia come emblema dell’ignoto. L’oscurità cela un orrore invisibile ed estraneo, ma ben percepibile. Il confronto con un nemico sconosciuto fa più paura e va a frantumare il senso di sicurezza collettivo. Il concetto presentato suggerisce un immaginario riconducibile a quello americano, dominato da una paranoica società in lotta contro il terrorismo. Gli esseri che popolano la nebbia sono sconosciuti e non ben identificati, assimilabili alla concezione americana del terrorismo jihadista.
Un pericolo alle porte
La normalità della vita quotidiana dei cittadini di Bridgton nel Maine viene improvvisamente stravolta, ne è preludio la forte tempesta che apre il film. Fin dall’inizio si crea un senso di inquietudine e di paura, la tensione è palpabile lungo tutta la pellicola. La seconda inquadratura mostra il tempestoso paesaggio, al cui centro si staglia un imponente albero a rappresentare l’apparente stabilità dell’esistenza dei personaggi presto sconvolta. La caduta dell’enorme pianta, che irrompe nella casa, si configura come segno premonitore.
Diversi segnali di anticipazione vengono seminati dalle prime scene del film. L’esplicito avvertimento arriva alle orecchie dello spettatore prima che agli occhi: si propaga nel supermercato il suono di una sirena, che evoca una situazione di emergenza e rimanda all’allarme antiaereo. L’ansia si diffonde tra i presenti simulando il clima emotivo dei newyorkesi sotto attacco, travolti da un groviglio di emozioni e stati d’animo: stupore, incomprensione, disperazione, incredulità. Mentre continua a diffondersi il suono della sirena, una fitta coltre di nebbia avanza inarrestabile sulle vie della città, avvolgendo tutto quello che incontra al suo passaggio. La nebbia claustrofobica evoca la nube di fumo che ha avvolto il World Trade Center la mattina dell’11 settembre e la violenta scossa di terremoto che si avverte simula l’urto contro le Torri Gemelle. L’avvenimento innesta scompiglio tra gli individui rifugiati nel supermercato e nella disperazione si fa viva un’unica certezza: non essere più al sicuro. Il terremoto può essere visto anche come una spaccatura della rete sociale, a rappresentare le tensioni e le divisioni che si andranno a creare nel gruppo.
Nell’ombra di un’umanità perduta: tra politica e fanatismo religioso
Il film fa una profonda riflessione sociale, il microcosmo rappresentato dai personaggi che popolano il supermercato si fa metafora della condizione della società americana di quegli anni. Gli Stati Uniti si trovano a vivere in un clima di terrore e sono proprio la politica e la religione a far leva su questo aspetto, manipolando e sfruttando la paura dei cittadini.
As a species we’re fundamentally insane. Put more than two of us in a room, we pick sides and start dreaming up reasons to kill one another. Why do you think we invented politics and religion?
I diversi comportamenti dei personaggi portano a un’evidente spaccatura interna al gruppo, che evidenzia una forte analogia con il quadro sociale post 11 settembre: chi cerca di agire con prudenza e logica, mantenendo la calma e la lucidità, come David e il suo piccolo gruppo; chi, guidato dallo scetticismo, nega totalmente l’evidenza, come Brent Norton, che troverà la morte proprio a causa della sua diffidenza e del suo orgoglio; chi, invece, cedendo al panico e alla disperazione, trova conforto nelle farneticanti teorie della signora Carmody, anziana fondamentalista religiosa che vede negli avvenimenti che si susseguono i segni dell’Apocalisse.
La signora Carmody, figura ambigua e controversa, fa leva sulla paura dell’ignoto, attirando a sé un numero sempre maggiore di seguaci. La religione della signora Carmody ha la capacità di polarizzare la maggioranza, dimostrandosi un porto sicuro per i suoi discepoli ma pericolo e causa di tensione per gli oppositori al suo credo. «La nebbia gli ha dato il potere di annebbiare la mente degli uomini», scrive King nel suo romanzo.
Le dinamiche rappresentate evidenziano parallelismi con l’atmosfera politica e religiosa dell’America nei primi anni 2000, durante la presidenza repubblicana di George W. Bush (2001 - 2009). Egli delinea la lotta al terrorismo come una lotta tra Bene e Male assoluto, definendo i terroristi come nemici e miscredenti che tradiscono i principi della loro fede. Il conservatorismo religioso diventa ciò che può difendere e stabilire l’ordine e chi ne è rappresentante è legittimato a fare qualunque cosa per proteggerlo. «Every nation, in every region, now has a decision to make. Either you are with us, or you are with the terrorists», afferma Bush. Analogia che si trova nel film quando i protagonisti, pronti a fuggire dal supermercato, vengono fermati dalla signora Carmody e additati come nemici, il perfetto capro espiatorio. L’espiazione e il sacrificio sono associati al contesto politico dominato dai conservatori sostenitori di Bush, le cui posizioni hanno portato l’America a uccidere e sacrificare soldati in nome della religione durante la guerra in Iraq (2003-2011), come reazione all’attacco alle Torri Gemelle.
Questione di scelte
Non ci sono eroi nella storia, ma individui imperfetti costretti ad affrontare scelte che influiscono in maniera preponderante sulle dinamiche sociali del gruppo. Se da un lato la lotta dei personaggi guidati da Drayton li porta a dover affrontare le drammatiche conseguenze delle loro azioni, dall’altro le estreme convinzioni religiose portano alla divisione, alla violenza e alla morte.
Il conflitto culmina in un momento di alta tensione che si dipana solamente con l’uccisione della signora Carmody per mano di Ollie Weeks, vicedirettore del supermercato. La macchina da presa si sofferma sul corpo privo di vita della donna, il cui posizionamento allude visivamente alla crocifissione e, a sottolineare la simbologia religiosa, è l’aureola di sangue che si viene a formare attorno alla sua testa. L’associazione vuole evidenziare una simbologia distorta e corrotta del simbolo religioso propria del personaggio, che sfrutta la fede per giustificare atti violenti.
La violenta morte della signora Carmody pone fine al suo controllo tirannico, rappresentando una liberazione temporanea che permette al gruppo di tentare la fuga, ma questa libertà verrà presto stroncata. La pellicola porta a riflettere sull’importanza delle scelte e delle possibili conseguenze che ne derivano: fino a dove può spingersi l’uomo quando la speranza viene meno?
Nelle braccia della speranza o in un baratro di disperazione?
King nel suo racconto suggerisce una possibile svolta tragica per i personaggi, mantenendo però un atteggiamento ambiguo. Il protagonista considera il destino a cui potrebbero andare incontro, controlla la pistola che possiede e, notando l’insufficienza dei proiettili, riflette sulla possibilità di sacrificare sé stesso e cercare un modo diverso di togliersi la vita. Se nel romanzo rimane solo una remota eventualità, nella pellicola è proprio ciò che accade. L’azione estrema porta il protagonista a uccidere, tra gli altri, anche suo figlio.
L’ironia tragica del finale è alimentata dal disvelamento progressivo dell’arrivo dei soccorsi militari. Se da una parte King presenta un finale ambiguo, aperto a una libera interpretazione; Darabont opta per una conclusione più lugubre. L’opera non lascia spazio alla speranza, che è invece l’ultima parola che chiude il romanzo, sussurrata da David all’orecchio del figlio. L’importanza del repentino cambiamento nell’adattamento sta forse nell’essere un emblematico riflesso dell’America post 11 settembre, circondata da un aumento del pessimismo e da un conseguente calo della speranza nell’animo dei cittadini.
L’ultima parte del film è accompagnata da una musica eterea, si tratta di Host of Seraphim, numero che apre l’album The Serpent’s Egg (1988) del gruppo Dead Can Dance. È uno dei pochi brani presenti nel film, il regista ha infatti optato per una cinematografia più silenziosa dal punto di vista musicale, ritenendo che il silenzio possa suscitare maggiore terrore.
La dimensione apocalittica delle scene viene sottolineata dalla melodia di desolazione, perdita e sofferenza. Si rimane con il fiato sospeso seguendo il lento procedere del gruppo nella nebbia fino a che la benzina finisce, la macchina si ferma e così anche la musica, lasciando spazio al silenzio, interrotto solamente dal boato dei colpi di pistola e dalle disperate grida del protagonista. Anche l’ultimo barlume di speranza si è spento, nonostante la salvezza fosse così vicina.
Il film si conclude nella più totale desolazione, l’immaginario riprende ancora una volta il fumo, le macerie e la distruzione che hanno invaso l’area di Lower Manhattan a seguito del tragico attacco. L’ultima scena di The Mist rimane impressa nella mente dello spettatore come un trauma. Lascia poi spazio a un vuoto, il nero dello schermo, su cui scorrono i titoli di coda accompagnati dal suono di elicotteri e mezzi militari.