Master MICA - Analisi di "The Others"
24/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
"The Others"
di Giada Baccherini
Isola di Jersey, 1945. Questi il “dove” e “quando” di The Others, film scritto e diretto da Alejandro Amenábar. La protagonista, Grace (Nicole Kidman), è una giovane donna che vive in una casa isolata con i due figli afflitti da una rara forma di fotosensibilità. Attraverso l'indagine dei temi del lutto, della separazione e del dolore, il film esplora le sfere della paura, sino a giungere alle soglie di una realtà crudele ma inderogabile. Questa intersezione tra paura e realtà segna l'inizio di due storie indissolubilmente legate l’una all’altra: quella della famiglia Stewart e quella, altrettanto dolorosa ma vera, del regista stesso. La famiglia di Amenábar, infatti, fuggì dal Cile poco prima del golpe di Pinochet e visse in Spagna durante gli ultimi anni della dittatura di Franco. Non sorprende, dunque, la scelta di esorcizzare tramite l’arte un sentimento, la paura, che ha permeato un secolo e coloro che lo hanno abitato.
Mentre scorrono i titoli di testa, Grace dipinge il mito della creazione con le parole e nel frattempo si susseguono delle immagini: due bambini seduti sulle scale che osservano qualcosa (o qualcuno); una donna che sorregge una lampada a olio e inserisce una chiave in una serratura; un’ombra che sta per toccare un bambino che grida; una marionetta di un angelo; infine, il disegno di una villa antica sfuma nell’immagine di una casa reale. All’improvviso una donna – Grace – si sveglia in preda al terrore di un incubo. Dopo questo prologo agghiacciante, tre figure emergono dalla nebbia e si dirigono verso la casa, rivelando di essere i nuovi domestici: Bertha Mills (Fionnula Flanagan), una governante anziana, Edmund Tuttle (Eric Sykes), il giardiniere, e Lydia (Elaine Cassidy), una giovane cameriera muta. L'ambientazione ci suggerisce non solo che la casa si trova in un punto isolato dell'isola, ma anche che è avvolta da una nebbia densa. La nebbia dà forma alla confusione, all’offuscamento, all’impossibilità di uscire e vedere. Come il velo che circonda la casa e ne limita la visibilità, il regime autoritario di Franco restringeva le libertà civili e politiche dei cittadini, generando un senso di oppressione e costrizione.
Non appena i nuovi arrivati vengono accolti da Grace ed entrano nella casa, quella sensazione di chiusura che ha iniziato a diffondersi non si esaurisce; al contrario, diventa sempre più soffocante, complici anche gli scenari gotici che creano un’atmosfera di oscurità e mistero, trasportandoci in un luogo al tempo stesso maestoso e decadente, come un antico castello o una dimora abbandonata. La villa diventa il palcoscenico in cui si intrecciano le vicende individuali e collettive, un piccolo mondo in cui si manifestano le ferite e le cicatrici di un'epoca segnata dalla lotta per la libertà. I personaggi si muovono in spazi tortuosi e claustrofobici che amplificano la loro angoscia, trascinando lo spettatore in un labirinto di ossessioni e inaspettate svolte narrative.
Quando i domestici varcano la soglia della villa e vengono accolti da Grace, lei li conduce verso la stanza della musica. Qui, uno sfondo pittorico svela un dettaglio significativo: un affresco che raffigura una scogliera isolata, con un’imponente struttura arroccata sulla cima. Questo particolare evidenzia come la sensazione di oppressione e claustrofobia, anziché attenuarsi, si intensifichi sempre di più. Non è chiaro se le barche che solcano le acque intorno alla scogliera si stiano avvicinando o allontanando, ciò che è evidente è che questa ambiguità riflette la situazione delicata in cui si trovano i personaggi, intrappolati in una condizione vulnerabile, ma con la speranza flebile di un soccorso imminente. Continuando il giro della casa, Grace impartisce ai domestici l’ordine inequivocabile di chiudere ogni porta prima di aprirne un’altra, anticipando il momento in cui verranno presentati per la prima volta i suoi figli che, come già anticipato, soffrono di una violenta allergia alla luce e devono essere protetti da qualsiasi forma di luminosità intensa, inclusa quella del sole. La luce, dunque, è una minaccia che va allontanata. L’illuminazione fioca e il calore delle candele ingannano i sensi e rendono l’oscurità un apparente rifugio sicuro per scappare dalla luce accecante della verità, che potrebbe rivelare troppo e sconvolgere l'equilibrio precario delle cose.
La pellicola presenta forti richiami alla tradizione giudaico-cristiana, evidenziati sin dall'inizio sia dall'incipit della storia sia dai nomi dei protagonisti: Grace, Anne e Nicholas. Grace, che emerge come figura centrale, incarna la devozione materna e la ricerca della virtù, ma la sua rigida educazione religiosa si scontra con la ribellione dei figli. Questi, mettendo in discussione i suoi insegnamenti, confessano verità che lei non può accettare, come la possibilità di rinnegare Cristo per salvarsi dalla morte. In risposta, Grace li rimprovera, suggerendo che evitare la decapitazione li avrebbe protetti in questa vita ma non nella successiva, dove sarebbero finiti nel "limbo dei piccoli", destinato ai bambini che dicono bugie.
Con il progredire della narrazione, il film assume un ritmo sempre più incalzante e iniziano a susseguirsi eventi insoliti. Grace percepisce dei pianti e Anne le riferisce la presenza di estranei in casa. Sebbene all’inizio la giovane donna mostri scetticismo, col passare del tempo, anche lei diventa sempre più sospettosa, temendo la presenza dei nazisti nella sua dimora e realizzando che non può fidarsi di nessuno. La musica, composta da Amenábar stesso, non solo contribuisce a creare atmosfera e tensione, ma partecipa all’evoluzione della trama e dei personaggi. All'inizio, la colonna sonora è delicata e leggera. Man mano che la storia si sviluppa e i segreti della casa vengono svelati, le note producono suoni sempre più intensi e inquietanti, amplificando il senso di paura e di minaccia, che si insinua nell'aria.
A questo punto Grace, impaurita, decide di rivolgersi a un prete per chiedere la benedizione della casa, convinta che sia la soluzione migliore. Tuttavia, la casa sembra trasformarsi sempre più in una prigione, con la nebbia che ritorna per intrappolare i personaggi. Mentre naviga nella foschia, Grace incontra Charles (Christopher Eccleston), il suo amato marito e insieme tornano indietro. Nel film, Charles è ritratto come padre assente, impegnato nella guerra e fisicamente lontano dalla sua famiglia. Nonostante ciò, rimane figura dominiate all’interno delle dinamiche domestiche poiché la sua presenza è costantemente sentita anche se non è visibile. Charles, che per quasi tutto il film è un nome senza volto e si mostra solo attraverso i racconti dei suoi cari, incarna il destino di coloro che sono scomparsi senza lasciare traccia, abbandonando le loro famiglie nella disperazione e nell'attesa di una risposta che potrebbe non giungere mai.
Amenábar guida gli spettatori attraverso un viaggio emozionante e destabilizzante fino al culmine del film, dove il colpo di scena rivela una verità sorprendente e sconvolgente: i vivi si rivelano essere i morti, e viceversa. È un momento che trascende la mera sorpresa cinematografica, è un momento catartico che con la sua forza dirompente, riesce a toccare corde profonde e personali, poiché ci costringe a confrontarci con il concetto stesso di realtà e percezione, mettendo in discussione ciò che pensavamo di sapere. La villa è il paese sotto il regime dittatoriale. Come i fantasmi nella casa di Grace, le persone vivono nell’illusione, ignorando la loro mancanza di libertà. Grace persiste nel suo rifiuto, respinge ogni cosa e non accetta le parole dei suoi figli; serra le porte per allontanare la luce; teme prima i nazisti, poi gli intrusi. La paura dell’altro, di ciò che c’è all’esterno è eterna. La casa è il vero limbo; è il luogo in cui le anime devono affrontare i propri peccati prima di procedere oltre. Il limbo, con le sue sfumature e declinazioni, riflette anche il percorso personale del regista, che esplora paure profonde e nascoste. Amenábar, rielaborando un trauma personale, cattura perfettamente la paura di far entrare la luce anche attraverso un gesto quotidiano come quello di aprire le tende.
Nonostante siano trascorsi più di vent'anni dalla sua uscita, The Others resta incredibilmente rilevante nel panorama contemporaneo. Nel corso del tempo, la natura della paura si è trasformata. Oggi, nell’era post Snowden, la paura di essere costantemente sorvegliati e spiati, riflette le paranoie attuali. Queste stesse paure sono state condivise in un’epoca differente da Amenábar, quando la manipolazione il controllo erano eserciate dalle istituzioni politiche; e nel film da Grace, diventando un riflesso della sua stessa follia. Come i personaggi del film, ci sentiamo vulnerabili e impotenti di fronte alla possibilità di essere spiati e controllati da entità invisibili.
In conclusione, The Others emerge come un'opera inquietante e avvincente che trascende il contesto temporale e geografico. La sua narrativa intricata e i suoi personaggi sfumati servono da specchio per riflettere le tematiche universali di oppressione, controllo e resistenza. Attraverso l'oscuro scenario della casa isolata e dei suoi abitanti, il film rivela senza pietà la natura umana, esplorando le profondità dell'animo e la fragilità della realtà. L'incertezza permea ogni scena, costringendo gli spettatori a confrontarsi con le proprie paure più profonde e a interrogarsi sul confine sottile tra verità e illusione. In un mondo segnato da paranoia e oppressione, The Others acquisisce una nuova rilevanza, riflettendo le preoccupazioni odierne e le sfide individuali. In questo gioco tra luce e oscurità, il film ci ricorda che la vera angoscia non deriva solo dagli orrori visibili, ma piuttosto dai demoni interiori che possono emergere nell'oscurità più profonda della nostra essenza.
"The Others"
di Giada Baccherini
Isola di Jersey, 1945. Questi il “dove” e “quando” di The Others, film scritto e diretto da Alejandro Amenábar. La protagonista, Grace (Nicole Kidman), è una giovane donna che vive in una casa isolata con i due figli afflitti da una rara forma di fotosensibilità. Attraverso l'indagine dei temi del lutto, della separazione e del dolore, il film esplora le sfere della paura, sino a giungere alle soglie di una realtà crudele ma inderogabile. Questa intersezione tra paura e realtà segna l'inizio di due storie indissolubilmente legate l’una all’altra: quella della famiglia Stewart e quella, altrettanto dolorosa ma vera, del regista stesso. La famiglia di Amenábar, infatti, fuggì dal Cile poco prima del golpe di Pinochet e visse in Spagna durante gli ultimi anni della dittatura di Franco. Non sorprende, dunque, la scelta di esorcizzare tramite l’arte un sentimento, la paura, che ha permeato un secolo e coloro che lo hanno abitato.
Mentre scorrono i titoli di testa, Grace dipinge il mito della creazione con le parole e nel frattempo si susseguono delle immagini: due bambini seduti sulle scale che osservano qualcosa (o qualcuno); una donna che sorregge una lampada a olio e inserisce una chiave in una serratura; un’ombra che sta per toccare un bambino che grida; una marionetta di un angelo; infine, il disegno di una villa antica sfuma nell’immagine di una casa reale. All’improvviso una donna – Grace – si sveglia in preda al terrore di un incubo. Dopo questo prologo agghiacciante, tre figure emergono dalla nebbia e si dirigono verso la casa, rivelando di essere i nuovi domestici: Bertha Mills (Fionnula Flanagan), una governante anziana, Edmund Tuttle (Eric Sykes), il giardiniere, e Lydia (Elaine Cassidy), una giovane cameriera muta. L'ambientazione ci suggerisce non solo che la casa si trova in un punto isolato dell'isola, ma anche che è avvolta da una nebbia densa. La nebbia dà forma alla confusione, all’offuscamento, all’impossibilità di uscire e vedere. Come il velo che circonda la casa e ne limita la visibilità, il regime autoritario di Franco restringeva le libertà civili e politiche dei cittadini, generando un senso di oppressione e costrizione.
Non appena i nuovi arrivati vengono accolti da Grace ed entrano nella casa, quella sensazione di chiusura che ha iniziato a diffondersi non si esaurisce; al contrario, diventa sempre più soffocante, complici anche gli scenari gotici che creano un’atmosfera di oscurità e mistero, trasportandoci in un luogo al tempo stesso maestoso e decadente, come un antico castello o una dimora abbandonata. La villa diventa il palcoscenico in cui si intrecciano le vicende individuali e collettive, un piccolo mondo in cui si manifestano le ferite e le cicatrici di un'epoca segnata dalla lotta per la libertà. I personaggi si muovono in spazi tortuosi e claustrofobici che amplificano la loro angoscia, trascinando lo spettatore in un labirinto di ossessioni e inaspettate svolte narrative.
Quando i domestici varcano la soglia della villa e vengono accolti da Grace, lei li conduce verso la stanza della musica. Qui, uno sfondo pittorico svela un dettaglio significativo: un affresco che raffigura una scogliera isolata, con un’imponente struttura arroccata sulla cima. Questo particolare evidenzia come la sensazione di oppressione e claustrofobia, anziché attenuarsi, si intensifichi sempre di più. Non è chiaro se le barche che solcano le acque intorno alla scogliera si stiano avvicinando o allontanando, ciò che è evidente è che questa ambiguità riflette la situazione delicata in cui si trovano i personaggi, intrappolati in una condizione vulnerabile, ma con la speranza flebile di un soccorso imminente. Continuando il giro della casa, Grace impartisce ai domestici l’ordine inequivocabile di chiudere ogni porta prima di aprirne un’altra, anticipando il momento in cui verranno presentati per la prima volta i suoi figli che, come già anticipato, soffrono di una violenta allergia alla luce e devono essere protetti da qualsiasi forma di luminosità intensa, inclusa quella del sole. La luce, dunque, è una minaccia che va allontanata. L’illuminazione fioca e il calore delle candele ingannano i sensi e rendono l’oscurità un apparente rifugio sicuro per scappare dalla luce accecante della verità, che potrebbe rivelare troppo e sconvolgere l'equilibrio precario delle cose.
La pellicola presenta forti richiami alla tradizione giudaico-cristiana, evidenziati sin dall'inizio sia dall'incipit della storia sia dai nomi dei protagonisti: Grace, Anne e Nicholas. Grace, che emerge come figura centrale, incarna la devozione materna e la ricerca della virtù, ma la sua rigida educazione religiosa si scontra con la ribellione dei figli. Questi, mettendo in discussione i suoi insegnamenti, confessano verità che lei non può accettare, come la possibilità di rinnegare Cristo per salvarsi dalla morte. In risposta, Grace li rimprovera, suggerendo che evitare la decapitazione li avrebbe protetti in questa vita ma non nella successiva, dove sarebbero finiti nel "limbo dei piccoli", destinato ai bambini che dicono bugie.
Con il progredire della narrazione, il film assume un ritmo sempre più incalzante e iniziano a susseguirsi eventi insoliti. Grace percepisce dei pianti e Anne le riferisce la presenza di estranei in casa. Sebbene all’inizio la giovane donna mostri scetticismo, col passare del tempo, anche lei diventa sempre più sospettosa, temendo la presenza dei nazisti nella sua dimora e realizzando che non può fidarsi di nessuno. La musica, composta da Amenábar stesso, non solo contribuisce a creare atmosfera e tensione, ma partecipa all’evoluzione della trama e dei personaggi. All'inizio, la colonna sonora è delicata e leggera. Man mano che la storia si sviluppa e i segreti della casa vengono svelati, le note producono suoni sempre più intensi e inquietanti, amplificando il senso di paura e di minaccia, che si insinua nell'aria.
A questo punto Grace, impaurita, decide di rivolgersi a un prete per chiedere la benedizione della casa, convinta che sia la soluzione migliore. Tuttavia, la casa sembra trasformarsi sempre più in una prigione, con la nebbia che ritorna per intrappolare i personaggi. Mentre naviga nella foschia, Grace incontra Charles (Christopher Eccleston), il suo amato marito e insieme tornano indietro. Nel film, Charles è ritratto come padre assente, impegnato nella guerra e fisicamente lontano dalla sua famiglia. Nonostante ciò, rimane figura dominiate all’interno delle dinamiche domestiche poiché la sua presenza è costantemente sentita anche se non è visibile. Charles, che per quasi tutto il film è un nome senza volto e si mostra solo attraverso i racconti dei suoi cari, incarna il destino di coloro che sono scomparsi senza lasciare traccia, abbandonando le loro famiglie nella disperazione e nell'attesa di una risposta che potrebbe non giungere mai.
Amenábar guida gli spettatori attraverso un viaggio emozionante e destabilizzante fino al culmine del film, dove il colpo di scena rivela una verità sorprendente e sconvolgente: i vivi si rivelano essere i morti, e viceversa. È un momento che trascende la mera sorpresa cinematografica, è un momento catartico che con la sua forza dirompente, riesce a toccare corde profonde e personali, poiché ci costringe a confrontarci con il concetto stesso di realtà e percezione, mettendo in discussione ciò che pensavamo di sapere. La villa è il paese sotto il regime dittatoriale. Come i fantasmi nella casa di Grace, le persone vivono nell’illusione, ignorando la loro mancanza di libertà. Grace persiste nel suo rifiuto, respinge ogni cosa e non accetta le parole dei suoi figli; serra le porte per allontanare la luce; teme prima i nazisti, poi gli intrusi. La paura dell’altro, di ciò che c’è all’esterno è eterna. La casa è il vero limbo; è il luogo in cui le anime devono affrontare i propri peccati prima di procedere oltre. Il limbo, con le sue sfumature e declinazioni, riflette anche il percorso personale del regista, che esplora paure profonde e nascoste. Amenábar, rielaborando un trauma personale, cattura perfettamente la paura di far entrare la luce anche attraverso un gesto quotidiano come quello di aprire le tende.
Nonostante siano trascorsi più di vent'anni dalla sua uscita, The Others resta incredibilmente rilevante nel panorama contemporaneo. Nel corso del tempo, la natura della paura si è trasformata. Oggi, nell’era post Snowden, la paura di essere costantemente sorvegliati e spiati, riflette le paranoie attuali. Queste stesse paure sono state condivise in un’epoca differente da Amenábar, quando la manipolazione il controllo erano eserciate dalle istituzioni politiche; e nel film da Grace, diventando un riflesso della sua stessa follia. Come i personaggi del film, ci sentiamo vulnerabili e impotenti di fronte alla possibilità di essere spiati e controllati da entità invisibili.
In conclusione, The Others emerge come un'opera inquietante e avvincente che trascende il contesto temporale e geografico. La sua narrativa intricata e i suoi personaggi sfumati servono da specchio per riflettere le tematiche universali di oppressione, controllo e resistenza. Attraverso l'oscuro scenario della casa isolata e dei suoi abitanti, il film rivela senza pietà la natura umana, esplorando le profondità dell'animo e la fragilità della realtà. L'incertezza permea ogni scena, costringendo gli spettatori a confrontarsi con le proprie paure più profonde e a interrogarsi sul confine sottile tra verità e illusione. In un mondo segnato da paranoia e oppressione, The Others acquisisce una nuova rilevanza, riflettendo le preoccupazioni odierne e le sfide individuali. In questo gioco tra luce e oscurità, il film ci ricorda che la vera angoscia non deriva solo dagli orrori visibili, ma piuttosto dai demoni interiori che possono emergere nell'oscurità più profonda della nostra essenza.