Master MICA - Analisi di "Thirteen"
23/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

Thirteen- 13 anni 
di Naila Sozzo


Scritto e diretto dall’ex scenografa ed esordiente regista Catherine Hardwicke, Thirteen- 13 anni (2003) vuole raccontare il disagio esistenziale di giovani bambine che improvvisamente desiderano essere donne adulte e fare più esperienze possibili superando ogni limite.
La storia segue la vita di Tracy, un adolescente di tredici anni che gioca ancora con le bambole e indossa ciò che la madre le dice. Desiderosa di iniziare a esplorare il mondo più adulto e trasgressivo, stringe una malsana amicizia con la ribelle e seducente Evie, che invece pensa solo ai ragazzi, a rubare per negozi e a vendere droga. Tracy si allontana dalla sua famiglia, si immerge in comportamenti sempre più autodistruttivi. La sua trasformazione diventa una sfida per tutti coloro che le sono vicini, in particolar modo per la madre Melanie che cercherà insistentemente di trovare un punto di contatto con la figlia.
Attraverso l’analisi di Thirteen, questo elaborato vuole essere una critica ad alcune delle problematiche presenti negli Stati Uniti nei primi anni 2000. Il film rappresenta un'intera società, adolescenti e adulti, in uno stato di scompiglio e squilibrio, alla ricerca della propria identità e come questi si allontanano dai valori tradizionali per abbracciare i piaceri effimeri del nuovo millennio. Contestualmente, la pellicola mette in luce l'ossessione delle donne verso la propria immagine. Influenzate dai nuovi media e pubblicità, queste sono alla continua ricerca della perfezione e della sensualità. Questa ossessione le spinge a perdere il rispetto per sé stesse e il proprio corpo, arrivando addirittura a competere tra di loro.

Girl culture e stereotipi tossici
L’estetica della donna nel film è una fondamentale chiave di lettura interpretativa che porta a galla una delle problematiche che ha più colpito gli Stati Uniti in quegli anni.
Tracy è una ragazzina tranquilla, capelli biondi, porta a spasso il cane ed è la più brava delle classe. C’è qualcosa però che Tracy non ha e desidera profondamente, per questo è attratta da Evy, mora, fisico perfetto, egocentrica ed estroversa che flirta con i ragazzi come nemmeno una donna adulta sa fare.
Parliamo di Girl Culture, ovvero quella tendenza che, a causa dell’influsso dei media, della pubblicità e della mentalità un po’ troppo maschilista degli anni 2000, porta ragazzine adolescenti e non solo, a vivere e comportarsi in modo troppo adulto per la loro età, nel tentativo di adeguarsi e mostrarsi all’altezza di un mondo complesso e spietato. L'adolescenza rappresenta una fase della vita segnata da forti tensioni e notevoli cambiamenti fisici, psicologici ed emotivi. Durante questo periodo, le ragazze avvertono il bisogno irrefrenabile di omologarsi al gruppo per rafforzare l'autostima e acquisire una nuova immagine di sé.
L’ossessione della cultura e della moda pop si manifesta anche nella vita delle protagoniste, attraverso jeans a vita bassa, mollettine colorate, glitter e cristalli sul viso. Questo stile di vita rappresenta la realtà di molte adolescenti americane, che aspirano a ricreare l'immagine sexy delle loro icone femminili. Nel film infatti, la tensione e il desiderio sessuale emerge in particolar modo nell’appuntamento a quattro tra le due protagoniste e due ragazzi più grandi di loro. Le due amoreggiano contemporaneamente con i rispettivi partner e insieme si tengono d’occhio, studiano le reciproche mosse, quasi come se si stessero corteggiando a distanza o come se quella in realtà fosse una gara. Più si va avanti con la narrazione più si avverte un velo di competizione tra le due.
L’autrice vuole che la critica ai nuovi media e alla disperata ricerca della perfezione, risuoni costantemente nella testa dello spettatore. Ecco spiegata la presenza di un’immagine in tutto il film, un cartellone pubblicitario con lo slogan beauty is truth, la bellezza è verità. Frase celebre del poeta inglese John Keats in “Ode on a Grecian urn”. Nell’ode si celebra l’amore per la bellezza, per l’arte. Tutto ciò che è bello è vero. Per Keats la bellezza eterna è quel valore dell’uomo che viene ricercato per tutta la vita e che quindi si associa alla verità. La differenza è che per gli antichi greci la bellezza non riguardava l’estetica di una persona, bensì tutti i valori che la determinano, il modo di essere, di comportarsi e di pensare. Nel mondo rappresentato dall’Hardwicke invece la bellezza è verità assoluta, perciò solo chi è bello è vero, è degno di essere visto, di assaporare i piaceri della vita. La critica perciò è un disagio profondo, radicato nella società e che spinge le protagoniste, e tanti come loro nella vita reale, a cercare rifugio in una vita fatta di apparenza, droghe e sesso, con una rabbia cosi forte, derivata dall’impossibilità di arrivare alla perfezione. Questa ossessione alla bellezza purtroppo è una tendenza che sin dalle sue prime apparizioni è stata passivamente accettata dalle donne e come ogni “moda” che si rispetti, la Girl culture sembrerebbe stia tornando in voga nella nostra generazione, si spera però che l’evoluzione e la consapevolezza degli ultimi vent’anni non sia così fragile da provocare danni a queste nuove generazioni.

Gli effetti collaterali della perdita della figura genitoriale
Tutto ciò che viene mostrato in Thirteen è squallido, ma ciò non è solo riferito alla vita spericolata e irresponsabile degli adolescenti, piuttosto ciò che è ancora più squallido è l’intero ritratto della società che emerge dalla pellicola. Attraverso la storia di Tracy e di tutti quelli che la circondano, escono fuori i peggiori tratti della nostra cultura, le peggiori abitudini, i pregiudizi e i lati più oscuri della mente. “Nostra cultura”, poiché anche la nostra generazione è succube di quei modi di pensare e agire.
Agli inizi del XX secolo, Los Angeles è una delle città con un altissimo tasso di criminalità e problemi sociali. La pellicola ritrae alla perfezione, se non oltre il limite, quella che era la città un tempo. Nel film però il crimine non si mostra solo attraverso le disparità socio-economiche ma anche attraverso disparità razziali. Non è un caso che nella narrazione il ruolo dei “cattivi” o del “diavolo tentatore” sia sempre messo in scena da adolescenti ispanici o afroamericani. L’America dei primi anni 2000 ha subito non pochi eventi traumatici e probabilmente la regista ha voluto ritrarre una società ancora troppo debole e diffidente verso gli stranieri.
Thirteen è manifesto non solo del dramma delle adolescenti che lottano per sopportare una società tossica, ma è anche il dramma del mondo adulto, dei genitori che non riescono più a fare i genitori, non sono più capaci di tracciare una linea di confine tra loro e i figli, chi per troppo amore, chi per troppa indifferenza e menefreghismo.
Il mondo adulto nella narrazione non fa semplicemente da cornice, al contrario anche esso è protagonista. Ciò che viene riprodotto è l’incapacità di molte famiglie di rappresentare modelli comportamentali, anche a causa di una società sempre più frenetica che limita il rapporto genitore-figlio. La madre di Tracy, è una parrucchiera che lavora in casa, divorziata da un marito troppo impegnato nel lavoro (e poco presente con i figli) e ha una relazione con uomo buono ma cocainomane. Evie è figlia di una prostituta eroinomane, ha subito violenze da bambina da parte dello zio, ed è sotto la tutela della cugina, una modella e aspirante attrice che non fornisce alla ragazza nessun punto di riferimento. L’unico momento in cui questa donna avrà un minimo di maturità, nascosta da tanta ipocrisia, sarà nella scena finale, in cui finalmente capisce che la nipote è allo sbando, decidono di andare via da L.A..
La Hardwicke non giudica né condanna: si limita ad illustrare con lucidità la realtà dei fatti. Mostra, ad esempio, la cecità delle madre\tutrice di Tracy e Evie, ma anche e soprattutto la loro solitudine. Le donne sanno che c’è qualcosa che non va nelle ragazze, ma fino a quando non vedono tutto precipitare fanno ben poco. Non riescono a farsi rispettare come adulti e non riescono a trasmettere niente se non i lati più negativi del mondo adulto.
È importante quindi per i giovani avere adulti accanto a loro, capaci di guidarli in questa fase, è che dimostri o quali sono i veri valori. Gli adulti devono essere credibili e affidabili, e nella pellicola vediamo solo un mondo adulto privo di responsabilità, che predica virtù, ma agisce in modo ipocrita, risultando poco credibile.
L’intento dei film è raccontare l'autenticità di queste storie attraverso lo stile documentaristico.
La Hardwicke nella pellicola mostra i luoghi della trasgressione così come li vedono le ragazze, il sovraccarico sensoriale che le due affrontano costantemente, emerge attraverso scenari affollati in cui le protagoniste si trovano spesso disorientate.
Alla regista non interessa indagare su cause o attribuire torti e ragioni, ma fotografare istanti di quotidiana ebbrezza: incessantemente immersa nel flusso degli eventi. La fremente macchina da presa offre convincenti piani sequenza, la messinscena delle sgranature notturne o dei momenti di euforia nel parco di notte come se fossero riprese da una videocamera di scarsa qualità. Questa tecnica sommata all’uso dei colori protagonisti in ogni scena, segue le giovani protagoniste nelle loro avventure più estreme, cercando di far provare al pubblico il medesimo senso di confusione e smarrimento.
Nell’ultima parte del film la nostra Tracy finalmente crolla e abbandona tutta la rabbia che la rendeva prigioniera di se stessa. Tutti i colori si susseguono violentemente nell’occhio dello spettatore, fino ad arrivare ad una luce naturale che trasmette guarigione.
Una scena piena di naturalezza e sincerità, che fa nascere la speranza di un possibile lieto fine per la protagonista, ma anche per chi come lei ha vissuto la stessa straziante e turbolenta esperienza.

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