The Haunting of Bly Manor ci fa viaggiare tra i fantasmi del nostro subconscio
14/10/2020

"Lei è perfettamente splendida”


Quando una serie tv è liberamente tratta da Giro di vite dello scrittore Henry James - una delle novelle più celebri della storia della letteratura - non possiamo che bruciare di ardente curiosità e tentare di fare il punto. Disponibile su Netflix dal 9 ottobre, The Haunting of Bly Manor è il secondo capitolo di The Haunting of Hill House, serie tv firmata dal regista e sceneggiatore Mike Flanagan.
Stessa squadra, stessi attori (chi più chi meno), per questa seconda stagione non collegata dal punto di vista narrativo alla prima.



In The Haunting of Bly Manor una giovane insegnante americana, Dani Clayton (Victoria Pedretti) accetta l’incarico di lavorare nella tetra magione di Bly in Inghilterra, per conto di Lord Henry Wingrave (Henry Thomas). Dani dovrà occuparsi dell’educazione dei piccoli ma vivacissimi Miles (Benjamin Evan Ainsworth) e Flora (Amelia Bea Smith), con l’accordo di non disturbare Wingrave per nessun motivo al mondo.
Nella sua nuova e inquietante residenza inglese Dani condividerà la vita con la governante Hanna Grose (T’Nia Miller), il cuoco Owen (Rahul Kohli) e la giardiniera Jamie (Amelia Eve). La giovane Dani si renderà subito conto che, sulla casa, aleggia vivo il ricordo della precedente istitutrice, Rebecca Jessel (Tahirah Sharif), morta suicida nel laghetto antistante la casa dopo la turbolenta fine della relazione con l’assistente di Wingrave, Peter Quint (Oliver Jackson-Cohen).

Chiaramente, di fronte di fantasmi immobili che appaiono nel cuore della notte, uno spettro dagli occhiali luccicanti che guarda Dani attraverso gli specchi e bamboline inquietanti che girano la testa in soffitta, non possiamo che gridare "orrore".
Questi atti di terrore, però, snodati sapientemente da Flanagan lungo le nove denissime puntate della serie, sembrerebbero essere il fulcro della storia solo a un primo veloce sguardo.



Come per Giro di Vite e Hill House, ogni personaggio è profondamente incastrato nelle sue vicende personali: insomma vale l’incipit di Anna Karenina “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.
Non siamo dunque in presenza di un horror tout court, ma molto di più. 
In buona sostanza l’horror, che si dipana solo a sprazzi e pochissimo alla volta all’interno della scricchiolante e cupa Bly Manor, è funzionale a descrivere i traumi che si celano dentro ognuno di noi. Una puntata è persino in costume e dedicata alla Viola di Bly, Lady che abitò la magione nel XVII secolo, e alla sua triste storia fatta di lutti, omicidi e malattie.

Non ci spaventiamo dei fantasmi, in un genere a parte quale è quello di The Haunting of Bly Manor e Hill House, ma del fatto che gli stessi incarnano quell’inconscio collettivo di perdita e dolore che è presente nel cuore di ogni singolo umano sulla faccia della terra e valido in qualunque epoca storica. Flanagan ci costringe a fare i conti con noi stessi e con i nostri errori ed è la stessa protagonista Flora che, nel finale di stagione, dirà: “Questa non è una storia di fantasmi, ma una vera storia d’amore”.



Coinvolgente è la scelta dei diversi piani temporali all’interno di un’eccellente struttura narrativa: non solo un andirivieni tra presente e passato, ma anche uno “scivolare” consapevole tra i gli spiriti e i vivi, nel rivivere un ricordo. 

In questa serie tostissima, una volta usciti poco indenni e totalmente disorientati dal frullatore di otto puntate, scopriamo un finale che non brilla per bellezza ma per coerenza narrativa.
In conclusione, siamo schietti, non siamo di fronte a un capolavoro e nemmeno all’altezza di Hill House.
Ma non possiamo non consigliarne la visione, come progetto ambizioso, originale, e assolutamente un unicum nel panorama delle serie odierne. Ognuno di noi convive con i fantasmi dei propri errori, dei propri rimorsi, dei propri fallimenti e Flanagan ci da l’opportunità di fare un viaggio con loro; sta a voi decidere se salire o no a bordo di voi stessi.


Caterina De Sanctis

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