Oltre Georges Méliès: i più suggestivi riferimenti sulla Luna al cinema
28/08/2020
«Vuole vedere la frontiera?»
«Sissignore, prima che scompaia»
È con queste parole che il tenente John Dunbar risponde alla domanda del maggiore Fambrough. Il film, divenuto ormai un classico del western, è Balla coi lupi (1990). Il mito della frontiera, malinconico e crepuscolare, è forse l’immaginario evocativo che con più efficacia riesce a far emergere il lato pionieristico dell’animo umano.

L’arrivo della ferrovia, proprio come il criptico monolite nero di 2001: Odissea nello spazio (1968), rappresenta l’inarrestabile corsa evolutiva che segna il tramonto di un mondo già passato, spingendo l’uomo a volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti. Nel capolavoro di Kubrick il viaggio dell’essere umano verso l’oltreuomo nietzschiano ha come tappa fondamentale la Luna: è proprio sulla superficie del satellite che un gruppo di astronauti entra in contatto con il misterioso blocco di pietra la cui natura, sia essa divina o cosmica, porterà a compimento il processo evolutivo dell’uomo con la nascita del “bambino delle stelle”.

Nel film First Man (2018) Damien Chazelle tratteggia l’intima storia di Neil Armstrong che, segnato dal lutto, decide di decollare verso quella che è l’ultima frontiera raggiunta dalla razza umana e proprio come John Dunbar, partito alla ricerca dell’America, finisce poi per trovare sé stesso. L’ossessione della continua ricerca, ma anche la fuga da una realtà a cui non sentiamo più di appartenere sono i fattori scatenanti che spingono l’uomo ad abbandonare le proprie radici per mettersi in viaggio.

L’universo cinematografico è punteggiato da storie più o meno stralunate: Man on the Moon (1999) di Miloš Forman è un inno ad Andy Kaufman, personaggio lunatico, surreale e controverso che nell’arco della sua carriera ha sempre cercato di svelare la falsità di un mondo fondato sull’apparenza («Se hai creduto che abbiano portato l’uomo sulla Luna. Se credi che non abbiano nulla da nascondere, allora niente è divertente» recita l’omonima canzone dei R.E.M., palese riferimento alla teoria complottistica sull’allunaggio).

Nell'album The Dark Side of the Moon (1973) dei Pink Floyd viene fatta una riflessione sull’animo umano: esso è eternamente in bilico fra le sue pulsioni benigne e il suo lato oscuro. Questa scelleratezza umana ci viene mostrata in Moon (2009), diretto da Duncan Jones, attraverso una storia che parla di cloni, tragiche persone la cui vita è segnata da una data di scadenza. La prosa di Kurt Vonnegut in Mattatoio n.5 riesce infine a evocare la follia umana attraverso l’immagine di una Dresda desolata, rasa al suolo in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale: «Dresda ormai era come la Luna, nient’altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni erano tutti morti. Così va la vita».

Simone Manciulli
«Sissignore, prima che scompaia»
È con queste parole che il tenente John Dunbar risponde alla domanda del maggiore Fambrough. Il film, divenuto ormai un classico del western, è Balla coi lupi (1990). Il mito della frontiera, malinconico e crepuscolare, è forse l’immaginario evocativo che con più efficacia riesce a far emergere il lato pionieristico dell’animo umano.

L’arrivo della ferrovia, proprio come il criptico monolite nero di 2001: Odissea nello spazio (1968), rappresenta l’inarrestabile corsa evolutiva che segna il tramonto di un mondo già passato, spingendo l’uomo a volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti. Nel capolavoro di Kubrick il viaggio dell’essere umano verso l’oltreuomo nietzschiano ha come tappa fondamentale la Luna: è proprio sulla superficie del satellite che un gruppo di astronauti entra in contatto con il misterioso blocco di pietra la cui natura, sia essa divina o cosmica, porterà a compimento il processo evolutivo dell’uomo con la nascita del “bambino delle stelle”.

Nel film First Man (2018) Damien Chazelle tratteggia l’intima storia di Neil Armstrong che, segnato dal lutto, decide di decollare verso quella che è l’ultima frontiera raggiunta dalla razza umana e proprio come John Dunbar, partito alla ricerca dell’America, finisce poi per trovare sé stesso. L’ossessione della continua ricerca, ma anche la fuga da una realtà a cui non sentiamo più di appartenere sono i fattori scatenanti che spingono l’uomo ad abbandonare le proprie radici per mettersi in viaggio.

L’universo cinematografico è punteggiato da storie più o meno stralunate: Man on the Moon (1999) di Miloš Forman è un inno ad Andy Kaufman, personaggio lunatico, surreale e controverso che nell’arco della sua carriera ha sempre cercato di svelare la falsità di un mondo fondato sull’apparenza («Se hai creduto che abbiano portato l’uomo sulla Luna. Se credi che non abbiano nulla da nascondere, allora niente è divertente» recita l’omonima canzone dei R.E.M., palese riferimento alla teoria complottistica sull’allunaggio).

Nell'album The Dark Side of the Moon (1973) dei Pink Floyd viene fatta una riflessione sull’animo umano: esso è eternamente in bilico fra le sue pulsioni benigne e il suo lato oscuro. Questa scelleratezza umana ci viene mostrata in Moon (2009), diretto da Duncan Jones, attraverso una storia che parla di cloni, tragiche persone la cui vita è segnata da una data di scadenza. La prosa di Kurt Vonnegut in Mattatoio n.5 riesce infine a evocare la follia umana attraverso l’immagine di una Dresda desolata, rasa al suolo in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale: «Dresda ormai era come la Luna, nient’altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni erano tutti morti. Così va la vita».

Simone Manciulli