"Oppenheimer": tutto ciò che c’è da sapere per prepararsi all’uscita del film di Christopher Nolan
16/08/2023
Oppenheimer, il nuovissimo film di Christopher Nolan, uscirà nelle sale italiane il 23 agosto 2023. Scritto da Nolan stesso è ispirato al libro biografico premio Pulitzer Oppenheimer. Trionfo e caduta dell'inventore della bomba atomica di Kai Bird e Martin J. Sherwin (2005) e parla della vera (seppur romanzata) storia dell’inventore della bomba atomica: Julius Robert Oppenheimer.

Ma qual è, quindi, la vera storia di Oppie?

Sì, questo era il simpatico soprannome dato a J. Robert Oppenheimer, non propriamente adatto ad una delle figure più controversie del XX secolo.

STORIA

Nato a New York il 22 aprile 1904 da una benestante famiglia di origini ebraiche si è dimostrato fin da subito un prodigio: all’età di 12 anni era stato nominato membro onorario dal New York Mineralogical Club, successivamente si laureò ad Harvard con la lode e riuscì a conseguire il dottorato a soli 23 anni. Insomma, quello che potremmo definire il classico secchione introverso iscritto ai laboratori di fisica che schiva gli sport.

Iniziò fin da subito a lavorare come insegnante ma dopo che gli Stati Uniti si unirono agli Alleati, il generale Leslie Groves (direttore del Progetto Manhattan, interpretato da Matt Damon nel film) reclutò Oppenheimer al progetto presso il laboratorio clandestino di Los Alamos nel deserto del New Mexico, luogo personalmente raccomandato da Robert stesso che già possedeva un ranch vicino a Santa Fe. Insieme a lui lavorarono le migliori menti alleate il cui scopo era, per l’appunto, la realizzazione della bomba atomica. 

Lo definivano un uomo affascinante, dallo sguardo magnetico (non a caso è stato scelto l’azzeccatissimo Cillian Murphy per questo ruolo), che nutriva una profonda stima per qualsiasi persona facesse parte al processo di Los Alamos. Allo stesso tempo però snobbava le persone che riteneva intellettualmente inferiori: serviva il meglio per la realizzazione del progetto.

Il piano terminò il 16 luglio del 1945, giorno in cui venne fatto esplodere nel deserto del New Mexico il primo dispositivo atomico del Trinity test che, come riportato dal Laboratorio di Los Alamos, potrebbe ispirarsi ad una poesia di John Donne "Batter my heart, three-person'd God".

Il test segreto, purtroppo andò per il meglio, e circa 3 settimane più tardi, il 5 e 8 agosto 1945, Hiroshima e Nagasaki ne subirono le conseguenze. L’entusiasmo per la ben riuscita del progetto, però si tramutò presto in un incubo. Dopo questa data, infatti, in cui si stimano almeno 110.000 morti, Oppenheimer si pentì della portata del disastro e dedicò il resto della sua vita a battersi per l’opposizione alla bomba a Idrogeno (ben più potente rispetto a quelle a plutonio e uranio sganciate sul Giappone). 

Il pentimento, l’opposizione alla bomba H e la moglie filocomunista, furono buoni espedienti per essere accusato di implicazioni in attività antiamericane, fu considerato un pericolo per la nazione, per questo, nel 1954 (anni di tensione in piena Guerra Fredda), gli venne revocato il nulla osta di sicurezza.

Passò gli ultimi anni della sua vita come insegnante a Princeton e morì il 18 febbraio 1967, a soli 62 anni, nella sua casa in New Jersey per un cancro alla gola.

CURIOSITÀ

In un’intervista del 1965, Oppenheimer disse una delle sue frasi più celebri: “Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi” non è però una frase inedita ma, dato che era un grande appassionato di letteratura, oltre che di fisica, citò un verso del testo indù Bhagavad Gita.

Pur essendo nominato 3 volte (nel 1945, 1951, 1967) per il premio Nobel non lo vinse mai a differenza di 18 suoi colleghi di Los Alamos come riporta il sito stesso.

Quando venne fatta esplodere la prima bomba nel Trinity Test, i fisici partecipanti al progetto credevano che vi fosse una piccola probabilità di sterminare l’intera razza umana.

Dopo la resa incondizionata del Giappone il Presidente degli Stati Uniti chiamò J. R. Oppenheimer per congratularsi ma quei complimenti non furono graditi tanto che rispose: "Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue".

Un biopic in cui entrano in gioco l’ordine, il caos e l’ambiguità morale. Girato in 70mm proprio per essere fruito sul grande schermo, ora al cinema.

Articolo a cura di Sarah Vaia

Fonte: National Geographic, Wired, Los Alamos National Laboratory, Torino Scienza.

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