In occasione del suo ventesimo anniversario la Festa del Cinema di Roma, ha proposto una serie di film ed eventi di grande interesse.

Molti i temi di questo festival, uno di questi, declinato in varie situazioni ed epoche, unisce come un fil-rouge alcuni film e alcuni incontri con gli autori: lo scontro tra potere e libertà artistica. Tematica cruciale ancora applicata in molti, troppi , paesi ma che riguarda da vicino anche il cosiddetto mondo occidentale. La censura alla libertà di espressione, la repressione delle idee, e come , lo scarto alla norma, il mancato adeguamento al conformismo ideologico e/o politico, venga più o meno gravemente sanzionato.

Esempio principe, quello del regista iraniano Jafar Panahi protagonista di un' interessantissima masterclass col pubblico della Festa. Panahi che ha presentato a Roma il suo ultimo film: Un semplice incidente, vincitore della Palma d'oro al 78° Festival di Cannes, ha espresso un concetto tra i tanti, che ho trovato molto interessante: non ha fatto diretto riferimento alle conosciute repressioni a cui va ed è andato incontro in patria, ma ha tenuto a sottolineare l’importanza di percorrere nuove strade, inventarsi o reinventarsi delle alternative, delle opportunità espressive per realizzarle, che consentano di fare cinema (" l'unica cosa che so fare oltre a guidare"). Ed è ad esempio quello che ha realizzato in Taxi Teheran. Un' intuizione geniale che ha fatto della restrizione un'opportunità espressiva, una cifra stilistica perfettamente aderente al “suo” cinema sociale, creando un documentario che gli ha fatto vincere L'Orso d'oro nel 2015.

Altro autore che ha trattato il tema della repressione, è stato il regista Philippe Van Cutsen in Procès d’un jeune poète. Una messinscena ridotta al minimo, scarna e claustrofobica per rappresentare la storia vera del poeta Joseph Brodsky processato nella Russia del 1964 con l'accusa di parassitismo sociale. Brodsky visto come un pericoloso sovvertitore in quanto cercava di vivere della sua poesia scrivendo versi liberi (il suo vero crimine), poiché lavorava per mantenersi e per aiutare la famiglia, ma per lunghi periodi si dedicava alla scrittura, attirò l’interesse delle autorità, rappresentando lo scarto alla norma del bravo bolscevico, un parassita sociale da reprimere ed esiliare il più lontano possibile. E infatti venne condannato a cinque anni di lavori forzati e all'esilio siberiano. Poi assolto, emigrò successivamente negli Stati Uniti.

E a proposito di Stati Uniti, ultima citazione, non in termini d’importanza, ma altrettanto inquietante: il documentario The Librarians diretto da Kim A. Snyder sull'America attuale, si parla del 2022, e della censura imposta in Texas e in altri Stati, dagli amministratori politici rappresentanti del White Christian Nationalism supportati da attivisti, studenti e dal movimento ultranazionalista Moms for Liberty che hanno trasformato la resistenza per le libertà di espressione e informazione dei librai, che si sono rifiutati di rimuovere dalle biblioteche scolastiche i libri riguardanti temi come la razza, il razzismo, argomenti LQGBT, in un campo di battaglia fatto di pressioni e repressioni. Tutto girato con materiali di archivio e con le interviste ai protagonisti di questa caccia alle streghe, il documentario fa parlare i bibliotecari che si sono macchiati del crimine di credere nella libertà di informazione, messi sotto pressione addirittura con accuse di molestie, pedofilia etc. molti sono stati licenziati e molti hanno subito un linciaggio mediatico e minacce se si rifiutavano di rimuovere i libri. Sembra incredibile ma è una parte della realtà degli Stati Uniti di oggi in bilico tra futuro e nuovi echi maccartisti.

Insomma questa Festa del Cinema di Roma 2025 è stata un’edizione particolarmente ricca ed emozionante sotto molti aspetti, sia nelle tematiche che nella proposta di film che negli incontri con gli autori.

Mirta Maria Tealdi