Il programma del Bergamo Film Meeting 2017
01/03/2017

E’ stata presentata questa mattina l’edizione 2017 del Bergamo Film Meeting, in programma dall’11 al 19 marzo. Sarà una rassegna ricchissima che lasciamo presentare alle parole degli organizzatori con la loro introduzione e la selezione dei film che faranno parte del concorso principale.

Introduzione

Trentacinquesima edizione di Bergamo Film Meeting. Un lasso di tempo significativo. Molti di coloro che lavorano oggi all’organizzazione del Festival, quando tutto è cominciato, non erano ancora nati, gli altri erano bambini. Non ci sembra azzardato affermare che il futuro è in piena azione. La storia di questa sfida – perché tale è sempre stata – l’abbiamo raccontata tante volte: in questi anni parecchie cose sono cambiate, qualcosa è rimasto, come se sul DNA originario si fossero aggiunte per via epigenetica altri “caratteri acquisitiâ€. Alle attività originarie, come la diffusione e l’approfondimento della cultura cinematografica e l’impegno perché alcuni film fossero distribuiti nelle sale dopo la loro presentazione, si sono via via aggiunti interventi capillari per la formazione del pubblico e il coinvolgimento soprattutto dei giovani, la realizzazione di iniziative durante tutto l’anno, come i corsi e i seminari, le sonorizzazioni di film dal vivo, i laboratori dedicati al cinema di animazione, i workshop, le collaborazioni con diversi soggetti pubblici e privati, l’editoria elettronica. Bergamo Film Meeting è in costante evoluzione, grazie a nuove energie, a chi sa e saprà innestare sul ceppo primigenio nuove opportunità di ricerca e di scoperta. Se guardiamo il programma di questa edizione, notiamo subito due novità, due sezioni che non esprimono registi, attori o brani di storia del cinema, ma che riguardano figure che hanno un ruolo fondamentale, sebbene poco esplorato, nei processi di produzione del film: lo sceneggiatore e il costumista. Due mestieri, due parti di importanza vitale, anche se il pubblico non è il più delle volte messo nella condizione di riconoscerne il contributo alla messa in scena e l’apporto, spesso fondamentale, alla buona riuscita di un film. Perciò ci sembra doveroso dare il giusto riconoscimento anche a queste altre “maestranzeâ€, a volte decisive per l’efficacia della resa narrativa e spettacolare. Bergamo Film Meeting intende, così, “zoomare†su aspetti che solitamente rimangono in ombra, perché poco considerati dalla riflessione critica, e portarvi l’attenzione degli spettatori, con la convinzione che assaporare più ingredienti contribuisca ad affinare il gusto cinematografico. Le due personalità artistiche prese in considerazione sono lo sceneggiatore Jean-Claude Carrière e il costumista Theodor PiÅ¡tÄ›k: al primo è dedicato un omaggio di una quindicina di film, al secondo un’esposizione di undici costumi originali utilizzati per i film Amadeus (1984) e Valmont (1989), integrata da alcuni bozzetti, sempre originali e sempre relativi ai due film citati. Entrambi i personaggi sono legati a MiloÅ¡ Forman, oggetto della retrospettiva principale di questa trentacinquesima edizione. Per raccontare Jean-Claude Carrière bisognerebbe parlare di più di cinquant’anni di cinema: dalla collaborazione con Luis Buñuel, passando per autori del calibro di Pierre Étaix, Marco Ferreri, Louis Malle, Jean-Luc Godard, Volker Schlöndorff, Andrzej Wajda, Peter Brook, Philippe Garrel fino, appunto, a MiloÅ¡ Forman. Le avventure cinematografiche di Forman e Carrière si intersecano in un cortometraggio e tre lungometraggi: La pince à ongles (1968, l’unico film di Carrière regista, dove quindi i ruoli sono invertiti), Taking Off (1971), Valmont (1989) e L’ultimo inquisitore (2006). Per Valmont lavora anche Theodor PiÅ¡tÄ›k, anche lui ceco, costume designer – come in inglese è chiamato chi disegna i costumi, dopo meticolose ricerche storiche e mettendoci di suo ideazione e creatività. Per Forman aveva già disegnato i costumi di Amadeus, vincendo l’Oscar per la categoria. Nel ridotto Gavazzeni del Teatro Donizetti il pubblico può gustare alcuni esemplari messi a disposizione da Tirelli Costumi e dalla Fondazione Tirelli Trappetti. Non poteva esserci luogo migliore per ospitare tale magnificenza e tali esempi di alto artigianato. È l’opportunità anche per capire cosa significa confezionare abiti per film di carattere storico e come tale lavoro, nella scelta dei modelli, dei tessuti e delle componenti coloristiche abbia un ruolo importante nella percezione della credibilità – o addirittura della veridicità – della macchina scenica. Il costume contribuisce a raccontare il personaggio, a restituire la storia, a ricreare l’atmosfera, a “ritoccare†gesti e comportamenti, a sottolineare l’espressività dei volti e a plasmare fisionomie e forme corporee. È affascinante vedere i costumi indossati dai manichini inseriti in una diversa scenografia, ma pensando alle immagini dei film. Dicevamo di MiloÅ¡ Forman. Di certo, uno dei registi più intriganti delle generazioni che in diversi Paesi europei sono passati attraverso l’esperienza delle varie Nouvelle vagues e che, dalla fine degli anni ‘50 a tutti gli anni ‘60, hanno cambiato il linguaggio e i modi del fare cinema. Il regista cecoslovacco, pur tra mille difficoltà, si impone subito all’attenzione internazionale conquistando premi ai maggiori festival e apprezzamenti da parte della critica. Quando avviene l’invasione del suo Paese da parte delle truppe del Patto di Varsavia, Forman decide di non farvi più ritorno. In America trova una nuova casa e, dopo l’insuccesso – immeritato, se visto con gli occhi di oggi – di Taking Off, arriva il grande exploit di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1971), che fa razzia di Oscar vincendo i cinque riconoscimenti più importanti. Il successo si ripeterà con Amadeus, che di Oscar ne vince otto. Eppure, Forman non è un “regista allineatoâ€, una figura dell’establishment: i temi del conflitto generazionale, della ribellione, del disagio, dell’emarginazione, della follia, della provocazione, della repressione, della violenza sociale – tanto per citarne alcuni – sono sempre presenti nelle sue opere, anche se spesso sono conditi di ironia, comicità, e ispirati a una certa stravaganza anarchica. Insomma, siamo di fronte a un percorso artistico che merita di essere rivisto e riconsiderato, alla luce di tante suggestioni che continuano a “scavare†nella sensibilità contemporanea. L’attenzione per l’Europa – un corpo che cresce in maniera disomogenea, tra mille contraddizioni e conflitti di ogni genere – si traduce anche quest’anno nella proposta di una triade di autori: la francese Dominique Cabrera, l’islandese Dagur Kári e il greco Thanos Anastopoulos. Tre modi diversi di leggere il presente, di interpretarne la geografia e di Bergamo Film Meeting 35a edizione 6 tradurne la complessità. Nata in una famiglia di pied-noir, Cabrera è personalità multiforme, osservatrice attenta alle questioni politiche e al mondo del lavoro. Kári racconta con ironia le vicende di personaggi anticonformisti, disallineati per le loro fragilità e le tante difficoltà che incontrano a crescere in un mondo che li esclude e al quale non riescono ad adattarsi. Anastopoulos si muove tra storie di varia umanità, tra personaggi afflitti dalla crisi economica, disarmati e senza futuro, ma che ciononostante non perdono la forza di sopravvivere. Tutti e tre gli autori si immergono nella realtà, ostinatamente, per scandagliare le persone, le loro relazioni, le loro risposte a mondi spesso ostili, dove insieme alle sofferenze, alle rinunce, alle umiliazioni, alle paure, entrano in gioco la fantasia, la voglia di essere sé stessi, il bisogno dell’altro, il desiderio di una via d’uscita. La contrapposizione sembra caratterizzare l’Europa di oggi: un modus vivendi che ritroviamo nei micro-universi individuali e nei contesti sociali e ambientali con i quali si trovano a interagire. L’animazione è da alcuni anni uno dei piatti forti della programmazione. Una giovane animatrice estone, Chintis Lundgren, classe 1981, è la protagonista di questa edizione. I suoi animali coltivano i vizi, le passioni, le “deviazioniâ€, i difetti, le eccentricità che appartengono alla razza umana. Un modo simpatico e caustico di punzecchiare la nostra presunzione. I film della Mostra Concorso e della sezione Visti da Vicino raccontano cosa bolle in pentola nella produzione indipendente, sia per quanto riguarda la fiction che il documentario: quali registi danno prova di sé già dall’opera prima o seconda, quali cinematografie si affacciano sulla scena internazionale, quali tendenze stanno emergendo sul piano dello stile e del racconto, come la tecnologia digitale incide sulle strategie produttive e distributive. Il pubblico è ancora chiamato in prima persona a decretare i vincitori delle due sezioni, ai quali vengono assegnati i premi in denaro offerti da UBI – Banca Popolare di Bergamo per la sezione Concorso, e da CGIL Bergamo per la sezione Visti da Vicino. E poi ci sono le proposte in collaborazione con Bergamo Jazz – insieme, ci apriamo quest’anno alla contaminazione della live painting –, con GAMeCinema, toccando il cinema ungherese e intersecando la mostra dei costumi di PiÅ¡tÄ›k, con la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano per la finestra Europe, Now! Boys and Girls – The Best of CILECT Prize. Si rinnova la collaborazione con l’Associazione The Blank, che si muove attorno alla figura di Franco Vaccari, un artista noto in Italia e all’estero per l’uso innovativo della fotografia, del film e del video, al fine di coinvolgere il pubblico in ambienti e situazioni spiazzanti. E poi, ancora: l’ormai tradizionale appuntamento per i nottambuli con la Fantamaratona “licantropaâ€, le proposte di Kino Club per il pubblico dei giovanissimi, le anteprime. Infine, due novità: il Cinefurgone di Cinescatti, un progetto di Laboratorio 80 per il recupero e la valorizzazione degli archivi di famiglia, e il Premio Giulio Questi 2017. Stiamo altresì pensando di realizzare finalmente un progetto a cui stiamo lavorando da un po’ di tempo partendo dal Fondo Georges Simenon, donato da Gianni Da Campo all’Associazione Bergamo Film Meeting Onlus. Ci piacerebbe ogni anno organizzare una rassegna/incontro che abbia come tema il genere giallo, nella sua accezione più vasta e che comprende diversi sotto-generi come la detective story, il thriller nelle sue espressioni multiformi, il noir e le sue tante rivisitazioni, il poliziesco. La proiezione di Lo sciacallo (1962) di Jean-Pierre Melville, tratto dall’omonimo romanzo di Georges Simenon, vuole essere la prima pietra di una rassegna – che prevede anche incontri di approfondimento – che si terrà nella seconda metà di settembre. Potremmo citare anche le altre attività che si terranno nei prossimi mesi, ma l’elenco porterebbe via troppo spazio. Rimandiamo, quindi, al sito internet dell’Associazione, sempre aggiornato, dove ci sono tutte le indicazioni necessarie per seguire in tempo reale le diverse proposte. Ne approfittiamo, in ogni caso, per sottoporre all’attenzione del lettore la campagna di sostegno Support BFM, rivolta a chiunque volesse dare il suo contributo affinché l’Associazione possa rafforzare la sua struttura e favorire l’offerta di «un altro anno di grande cinema», in compagnia del pubblico, che ci aspettiamo sempre più ampio e fedele. Tornando al DNA di cui parlavamo all’inizio, ci preme segnalare l’uscita in sala nel novembre 2016 del film vincitore della scorsa edizione, Enklava, mentre sarà distribuito nel prossimo autunno il film che si è aggiudicato il secondo premio, Home Care. Meglio di così! Buon Bergamo Film Meeting 2017!

 

MOSTRA CONCORSO

 

Come sempre riservata ai nuovi autori, la competizione internazionale presenta sette lungometraggi, inediti in Italia, che si caratterizzano per l’originalità linguistica e narrativa con cui affrontano i temi della contemporaneità. I 7 lungometraggi selezionati concorrono al Premio Bergamo Film Meeting, assegnato ai tre migliori film della sezione sulla base delle preferenze espresse dal pubblico. Al film vincitore, inoltre, andrà il Premio Bergamo Film Meeting – Banca Popolare di Bergamo, del valore di 5.000 euro, istituito come sostegno rivolto alle produzioni che investono nei giovani autori, nel cinema indipendente e di qualità.

 

Alba di Ana Cristina Barragán, Equador, Messico, Grecia 2016, 95’ – opera prima. Alba è una ragazzina introversa e solitaria che vive con la madre malata. Quando le sue condizioni si aggravano, Alba viene affidata al padre che non vede da quando aveva tre anni. Poi ci sono gli imbarazzi e le inadeguatezze, i racconti dei primi baci, i giochi crudeli degli adolescenti. Il film di esordio di una delle nuove promesse del cinema latinoamericano esplora con garbo le emozioni e le inquietudini preadolescenziali. Un coming of age trattato con sensibilità, misura e un’estrema cura per il dettaglio.

 

Voir du pays/The Stopover di Delphine e Muriel Coulin, Francia, Grecia 2016, 102′ – opera seconda.  Aurore e Marine sono due giovani soldatesse di ritorno dall’Afghanistan. Con la loro sezione trascorrono tre giorni a Cipro, in un hotel a cinque stelle, per un periodo di “decompressione†utile a dimenticare la guerra. Nessuno però si libera dalla violenza in modo così semplice. Un film coraggioso, che scava dentro la frustrazione e il disagio delle protagoniste; un’opera antimilitarista che parla di conflitti e dell’Europa di oggi. Opera seconda delle sorelle Coulin (17 ragazze), con Soko (la cantante di I’ll Kill Her) e Ariane Labed (Alps, The Lobster, Love Island, Malgré la nuit).

 

Marija di Michael Koch, Germania, Svizzera 2016, 101’ – opera prima. Marija, un’immigrata ucraina, sbarca il lunario facendo le pulizie in un albergo a Dortmund, ma sogna di aprire un salone da parrucchiera. Quando viene licenziata, il sogno vacilla. Costretta a cercare delle alternative per sopravvivere, Marija è pronta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo. Vigoroso ritratto di una donna affascinante e spregiudicata in un mondo irriverente e impermeabile alla tragedia umana. Il tema dell’immigrazione al centro di un’opera prima efficace ed elegante, con una protagonista (Margarita Breitkreiz) difficile da dimenticare.

 

Jätten/The Giant di Johannes Nyholm, Svezia, Danimarca 2016, 90’ – opera prima. Rikard è menomato da una rarissima deformità che gli limita drasticamente la parola, ma è anche un asso nel petanque (le bocce francesi). Quando l’amico Roland lo convince a partecipare ai Campionati Nordici con l’intenzione di vincerli, lui ci crede davvero. Anche perché accanto a sé ha un gigante alto 60 metri. Una favola scandinava bizzarra e commovente, ma anche un eccentrico film sportivo. Con Rocky Dennis (Dietro la maschera di Bogdanovich) e Joseph Merry (The Elephant Man di Lynch) come illustri precedenti. Straordinario lavoro di effetti speciali al trucco.

 

Waldstille di Martijn Maria Smits, Paesi Bassi 2016, 90’ – opera prima. La notte di Carnevale, Ben è coinvolto in un incidente stradale in cui perde la vita Tinka, la sua compagna. Dopo aver scontato la pena in carcere, Ben torna a Waldstille deciso a ristabilire un contatto con la sua bambina, ora affidata ai nonni materni. Rompere con il passato e superare i pregiudizi è per lui una vera e propria crociata di redenzione, ma il rischio di sbagliare ancora è altissimo. Un’opera prima scritta e diretta con mano sicura. Un film asciutto e compatto sulla colpa e sul perdono, che non indulge mai al sentimentalismo. Teso e commovente.

 

Toril di Laurent Teyssier, Francia 2016, 83’ – opera prima. Quando suo padre, contadino da generazioni e schiacciato dai debiti, cerca di togliersi la vita, Philippe, piccolo trafficante di marijuana, tenta di salvare le proprietà mettendosi in affari con uno spietato caïd di provincia. Un thriller assolato e rurale, dalla struttura tesa e imprevedibile, che è anche la radiografia sociale di un territorio. La Camargue in estate, la calura soffocante, i tori, il frinire delle cicale: siamo dalle parti di Audiard (Un sapore di ruggine e ossa). Perfetta padronanza della mdp. Con il sempre più bravo Vincent Rottiers (già visto in Le monde nous appartient a BFM 31, Mood Indigo e Dheepan).

 

Fale/Waves di Grzegorz Zariczny, Polonia 2016, 78′ – opera prima. Ania e Kasia studiano per diventare parrucchiere e fanno pratica come tirocinanti in un piccolo salone di periferia. A Nowa Huta, il desolato quartiere industriale dove vivono, non c’è molto da fare; e a casa, le cose non vanno meglio. Istantanea dolce-amara delle speranze frustrate della gioventù polacca. Un film drammatico eppure lieve, con famiglie disfunzionali e personaggi stravaganti in cerca di amore. Andamento sinuoso come le onde dei capelli a cui il titolo rimanda e hit pop-melodiche polacche. Opera prima del documentarista Grzegorz Zariczny.

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