"Shining": le vostre analisi!
28/11/2021
Durante il workshop dedicato all'analisi del capolavoro di Stanley Kubrick abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi di "Shining": ecco il lavoro che ha meritato la pubblicazione!
I fratellini dell'Overlook: da 8½ a Youth, gli hotel di lusso nella storia del cinema
di Alessandro B
Il film Shining, basato sull'omonimo romanzo di Stephen King, è una delle opere più celebri di Stanley Kubrick. Il libro fu pubblicato nel 1977 e suscitò subito un grande interesse nel regista americano, tanto che la pellicola era già pronta nel 1980. Senza nulla togliere alla magistrale interpretazione di Jack Nicholson possiamo affermare che il vero protagonista del film sia la location in cui è ambientato. L'Overlook Hotel non è mai esistito nella realtà. Stephen King sembra sia stato ispirato da un breve soggiorno allo Stanley Hotel (proprio questo il nome!) un albergo storico in stile neogeorgiano tuttora in attività situato a Estes Park in Colorado e lo colloca nello stesso stato ad alcune ore di macchina da Boulder. Kubrick mandò dei collaboratori allo Stanley Hotel e in altri alberghi sulle Montagne Rocciose per valutare l'ipotesi di girare parte delle riprese in quei luoghi, ma dopo centinaia di fotografie (ed approfondite ricerche sulla storia di quei territori ed in particolare sui rapporti con i nativi americani) decise di ricostruire tutto in Inghilterra, negli Elstree Studios di Londra, sia la facciata esterna con il labirinto, sia gli interni. La sequenza aerea dei titoli di testa (utilizzata anche nel finale della prima versione di Blade Runner (1982)) è interamente girata al Glacier National Park in Montana, lungo la Sun Road mentre, potenza del cinema, si conclude in Oregon con l'inquadratura dall'alto del Timberline Lodge, sul Monte Hood (anche questo tuttora attivo). È proprio questo l'edificio che si vede varie volte in campo lungo, da notare evidenti differenze tra la vera location e la facciata costruita per l'occasione. L’Overlook Hotel è costituito da molti set, spesso comunicanti tra loro: la Colorado Lounge, la lobby con la reception, l'ufficio del direttore, la sala da ballo Gold, la cucina, la sala giochi, l’ala ovest con l'appartamento del custode, i corridoi, la Room 237 e alcuni esterni, tutto frutto del minuzioso lavoro dello stesso regista e del suo scenografo Roy Walker. Un altro set ispirato ad un luogo reale è il bagno rosso dove il protagonista incontra lo spettro di Grady, il precedente custode, che ricalca quello del Biltmore Hotel in Arizona. L'Overlook Hotel ritornerà in Doctor Sleep (2019) di Mike Flanagan, tratto dal libro omonimo in cui Stephen King racconta la vita di Dan Torrance ormai quarantenne. Nella parte finale di questo film vengono riprese inquadrature e musiche dell'opera di Kubrick e ne ritroviamo tutti i luoghi ed i fantasmi, riscattando parzialmente una prima parte molto convenzionale.
Se l'Overlook è diventato un'icona della storia del cinema, sono tanti gli alberghi e gli hotel di lusso memorabili che compaiono in decine di film; piuttosto che fare un lungo elenco (basti pensare solo ai film di James Bond), ci concentriamo su alcuni titoli ed autori dove la location scelta ha un chiaro significato artistico generalmente per sottolineare la solitudine dei protagonisti oppure perché consente al regista di presentare una galleria di personaggi singolari e bizzarri e poco conta se il film è stato girato in un vero hotel facilmente riconoscibile oppure su un set completamente costruito per l'occasione come fece Kubrick.
Il primo titolo che viene in mente è 8½: siamo nell'hotel di una nota località termale, il protagonista è un regista in crisi d'ispirazione, che sovrapponendo continuamente la dimensione della "realtà" con quella del ricordo e del sogno, incontra una serie interminabile di persone, medici, giornalisti, suore e sacerdoti di ogni tipo, il produttore e tanti collaboratori del film, amici, attori e attrici o aspiranti tali, e poi moglie, amante, genitori, e d'altra parte come viene ammesso all'inizio: - La mancanza di un'idea rende il film una suite di episodi assolutamente gratuiti... Il gioco rivela fin dall'inizio una povertà di ispirazione poetica.- L'alter ego dell'autore appare sempre più confuso e spaesato, fino a ritrovarsi assieme a tutti i suoi compagni di viaggio nella celebre sequenza finale.
Già nella sua opera seconda, Le conseguenze dell'amore (2004), Paolo Sorrentino aveva girato gran parte della storia in un albergo ordinato ma anonimo, per illustrare la vita solitaria di Titta di Girolamo/Toni Servillo, un commercialista eroinomane che da quasi dieci anni è costretto a fare da prestanome alla mafia, ma certamente l'opera più coerente con il nostro ragionamento è Youth (2015): il bilancio malinconico e crepuscolare della propria vita che stanno facendo l'anziano compositore interpretato da Michael Caine ed il suo amico regista, Harvey Keitel, e che li porterà a scelte completamente opposte è immerso in una location suggestiva ed inframmezzato da una lunga serie di comparse estemporanee che vanno dalla bellissima Miss Universo al decadente, ma ancora capace di strabiliare, Diego Armando Maradona.
Woody Allen ha girato decine di sequenze in vari hotel e ristoranti di New York ed anche nelle sue escursioni europee, ad esempio il Gritti Palace nell'amata Venezia in Everyone Says I Love You (1996); Las Vegas è la città degli alberghi del lusso, del gioco, della trasgressione, ma anche del deserto che la circonda in maniera inquietante: il primo titolo che viene in mente è Casinò (1995) di Martin Scorsese; una commedia romantica amata da intere generazioni, al di là del suo effettivo valore artistico è Pretty Woman (1990), in questo caso il grand hotel consente la graduale armonia tra due personaggi diversissimi e facilita il lieto fine di questa fiaba moderna. Nell'ambito del cinema statunitense la lista è lunghissima, volendo approfondire due autori per i quali questo tema sembra particolarmente importante, ci concentriamo brevemente su Sofia Coppola e Wes Anderson.
Già nell'episodio di New York Stories (1989), sceneggiato col padre era descritta la vita di una bambina, figlia di due artisti importanti, di fatto abbandonata in un grand hotel, con evidenti elementi autobiografici, ma il tema viene ripreso e sviluppato nelle sue opere più personali, Lost in Translation (2003) e Somewhere (2010). La prima racconta l'incontro di due solitudini: Bill Murray è un attore in declino che si trova proiettato in Giappone per girare un remunerativo spot pubblicitario, mentre Scarlett Johansson è una giovane moglie trascurata dal marito; nell'immenso Park Hyatt di Tokyo, nel mezzo di una città estranea e frenetica, si sviluppa tra i due un rapporto di sincero affetto e garbata attrazione prima di salutarsi con reciproco rimpianto. In Somewhere ritorna la bambina (Elle Fanning) figlia della star di Hollywood, che si trova sballottata da un continente all'altro, dal Chateau Marmont di Los Angeles al Principe di Savoia di Milano, nel tentativo di costruire un rapporto con il padre, attore solo e fragile, nonostante fama, denaro e belle donne.
Dopo avere lasciato tanti dei suoi personaggi a deprimersi in camere di alberghi e motel, Wes Anderson decide di realizzare un intero film tra le stanze di un hotel di lusso. Grand Budapest Hotel (2014) è un progetto complesso ed ambizioso, con 4 diversi piani temporali che si intersecano ed un cast numeroso e di prestigio. La facciata è un modellino animato in stop motion, mentre gli sfarzosi interni sono stati ricostruiti negli storici studi di Berlino. Tutto ruota attorno a Monsieur Gustave, concierge impeccabile ma disonesto e gigolò di lusso per le ricche ed anziane clienti e sul rapporto che si viene ad instaurare col giovane Zero, lobby boy che diventerà allievo, complice, narratore ed erede. E sarà proprio l'anziano Zero a raccontare l'intera storia di quarant'anni prima, quando nella Mitteleuropa degli anni Trenta il Grand Budapest era un modello di eleganza, ordine e precisione mentre alla fine degli anni Sessanta, è ridotto ad un edificio decadente di stile sovietico.
Per concludere un piccolo film italiano, che magari non entrerà nella storia della Settima Arte, ma che si adatta perfettamente a queste riflessioni: Viaggio sola (2013) di Maria Sole Tognazzi: Margherita Buy è una quarantenne single che viaggia in continuazione, ovviamente da sola, per ispezionare in incognito e poi recensire proprio alcuni dei più prestigiosi hotel a cinque stelle in giro per il mondo. In queste sue trasferte in luoghi da sogno che dovrebbero fornire emozioni uniche ed irripetibili, ma che troppo spesso appaiono freddi ed impersonali la protagonista fa i conti con la solitudine, con momenti di tristezza e malinconia, ma anche con la consapevolezza della propria libertà che le deriva dal non avere vincoli e dal potere decidere la propria vita con leggerezza, rimanendo sempre fedele a se stessa ed alla propria natura.
I fratellini dell'Overlook: da 8½ a Youth, gli hotel di lusso nella storia del cinema
di Alessandro B
Il film Shining, basato sull'omonimo romanzo di Stephen King, è una delle opere più celebri di Stanley Kubrick. Il libro fu pubblicato nel 1977 e suscitò subito un grande interesse nel regista americano, tanto che la pellicola era già pronta nel 1980. Senza nulla togliere alla magistrale interpretazione di Jack Nicholson possiamo affermare che il vero protagonista del film sia la location in cui è ambientato. L'Overlook Hotel non è mai esistito nella realtà. Stephen King sembra sia stato ispirato da un breve soggiorno allo Stanley Hotel (proprio questo il nome!) un albergo storico in stile neogeorgiano tuttora in attività situato a Estes Park in Colorado e lo colloca nello stesso stato ad alcune ore di macchina da Boulder. Kubrick mandò dei collaboratori allo Stanley Hotel e in altri alberghi sulle Montagne Rocciose per valutare l'ipotesi di girare parte delle riprese in quei luoghi, ma dopo centinaia di fotografie (ed approfondite ricerche sulla storia di quei territori ed in particolare sui rapporti con i nativi americani) decise di ricostruire tutto in Inghilterra, negli Elstree Studios di Londra, sia la facciata esterna con il labirinto, sia gli interni. La sequenza aerea dei titoli di testa (utilizzata anche nel finale della prima versione di Blade Runner (1982)) è interamente girata al Glacier National Park in Montana, lungo la Sun Road mentre, potenza del cinema, si conclude in Oregon con l'inquadratura dall'alto del Timberline Lodge, sul Monte Hood (anche questo tuttora attivo). È proprio questo l'edificio che si vede varie volte in campo lungo, da notare evidenti differenze tra la vera location e la facciata costruita per l'occasione. L’Overlook Hotel è costituito da molti set, spesso comunicanti tra loro: la Colorado Lounge, la lobby con la reception, l'ufficio del direttore, la sala da ballo Gold, la cucina, la sala giochi, l’ala ovest con l'appartamento del custode, i corridoi, la Room 237 e alcuni esterni, tutto frutto del minuzioso lavoro dello stesso regista e del suo scenografo Roy Walker. Un altro set ispirato ad un luogo reale è il bagno rosso dove il protagonista incontra lo spettro di Grady, il precedente custode, che ricalca quello del Biltmore Hotel in Arizona. L'Overlook Hotel ritornerà in Doctor Sleep (2019) di Mike Flanagan, tratto dal libro omonimo in cui Stephen King racconta la vita di Dan Torrance ormai quarantenne. Nella parte finale di questo film vengono riprese inquadrature e musiche dell'opera di Kubrick e ne ritroviamo tutti i luoghi ed i fantasmi, riscattando parzialmente una prima parte molto convenzionale.
Se l'Overlook è diventato un'icona della storia del cinema, sono tanti gli alberghi e gli hotel di lusso memorabili che compaiono in decine di film; piuttosto che fare un lungo elenco (basti pensare solo ai film di James Bond), ci concentriamo su alcuni titoli ed autori dove la location scelta ha un chiaro significato artistico generalmente per sottolineare la solitudine dei protagonisti oppure perché consente al regista di presentare una galleria di personaggi singolari e bizzarri e poco conta se il film è stato girato in un vero hotel facilmente riconoscibile oppure su un set completamente costruito per l'occasione come fece Kubrick.
Il primo titolo che viene in mente è 8½: siamo nell'hotel di una nota località termale, il protagonista è un regista in crisi d'ispirazione, che sovrapponendo continuamente la dimensione della "realtà" con quella del ricordo e del sogno, incontra una serie interminabile di persone, medici, giornalisti, suore e sacerdoti di ogni tipo, il produttore e tanti collaboratori del film, amici, attori e attrici o aspiranti tali, e poi moglie, amante, genitori, e d'altra parte come viene ammesso all'inizio: - La mancanza di un'idea rende il film una suite di episodi assolutamente gratuiti... Il gioco rivela fin dall'inizio una povertà di ispirazione poetica.- L'alter ego dell'autore appare sempre più confuso e spaesato, fino a ritrovarsi assieme a tutti i suoi compagni di viaggio nella celebre sequenza finale.
Già nella sua opera seconda, Le conseguenze dell'amore (2004), Paolo Sorrentino aveva girato gran parte della storia in un albergo ordinato ma anonimo, per illustrare la vita solitaria di Titta di Girolamo/Toni Servillo, un commercialista eroinomane che da quasi dieci anni è costretto a fare da prestanome alla mafia, ma certamente l'opera più coerente con il nostro ragionamento è Youth (2015): il bilancio malinconico e crepuscolare della propria vita che stanno facendo l'anziano compositore interpretato da Michael Caine ed il suo amico regista, Harvey Keitel, e che li porterà a scelte completamente opposte è immerso in una location suggestiva ed inframmezzato da una lunga serie di comparse estemporanee che vanno dalla bellissima Miss Universo al decadente, ma ancora capace di strabiliare, Diego Armando Maradona.
Woody Allen ha girato decine di sequenze in vari hotel e ristoranti di New York ed anche nelle sue escursioni europee, ad esempio il Gritti Palace nell'amata Venezia in Everyone Says I Love You (1996); Las Vegas è la città degli alberghi del lusso, del gioco, della trasgressione, ma anche del deserto che la circonda in maniera inquietante: il primo titolo che viene in mente è Casinò (1995) di Martin Scorsese; una commedia romantica amata da intere generazioni, al di là del suo effettivo valore artistico è Pretty Woman (1990), in questo caso il grand hotel consente la graduale armonia tra due personaggi diversissimi e facilita il lieto fine di questa fiaba moderna. Nell'ambito del cinema statunitense la lista è lunghissima, volendo approfondire due autori per i quali questo tema sembra particolarmente importante, ci concentriamo brevemente su Sofia Coppola e Wes Anderson.
Già nell'episodio di New York Stories (1989), sceneggiato col padre era descritta la vita di una bambina, figlia di due artisti importanti, di fatto abbandonata in un grand hotel, con evidenti elementi autobiografici, ma il tema viene ripreso e sviluppato nelle sue opere più personali, Lost in Translation (2003) e Somewhere (2010). La prima racconta l'incontro di due solitudini: Bill Murray è un attore in declino che si trova proiettato in Giappone per girare un remunerativo spot pubblicitario, mentre Scarlett Johansson è una giovane moglie trascurata dal marito; nell'immenso Park Hyatt di Tokyo, nel mezzo di una città estranea e frenetica, si sviluppa tra i due un rapporto di sincero affetto e garbata attrazione prima di salutarsi con reciproco rimpianto. In Somewhere ritorna la bambina (Elle Fanning) figlia della star di Hollywood, che si trova sballottata da un continente all'altro, dal Chateau Marmont di Los Angeles al Principe di Savoia di Milano, nel tentativo di costruire un rapporto con il padre, attore solo e fragile, nonostante fama, denaro e belle donne.
Dopo avere lasciato tanti dei suoi personaggi a deprimersi in camere di alberghi e motel, Wes Anderson decide di realizzare un intero film tra le stanze di un hotel di lusso. Grand Budapest Hotel (2014) è un progetto complesso ed ambizioso, con 4 diversi piani temporali che si intersecano ed un cast numeroso e di prestigio. La facciata è un modellino animato in stop motion, mentre gli sfarzosi interni sono stati ricostruiti negli storici studi di Berlino. Tutto ruota attorno a Monsieur Gustave, concierge impeccabile ma disonesto e gigolò di lusso per le ricche ed anziane clienti e sul rapporto che si viene ad instaurare col giovane Zero, lobby boy che diventerà allievo, complice, narratore ed erede. E sarà proprio l'anziano Zero a raccontare l'intera storia di quarant'anni prima, quando nella Mitteleuropa degli anni Trenta il Grand Budapest era un modello di eleganza, ordine e precisione mentre alla fine degli anni Sessanta, è ridotto ad un edificio decadente di stile sovietico.
Per concludere un piccolo film italiano, che magari non entrerà nella storia della Settima Arte, ma che si adatta perfettamente a queste riflessioni: Viaggio sola (2013) di Maria Sole Tognazzi: Margherita Buy è una quarantenne single che viaggia in continuazione, ovviamente da sola, per ispezionare in incognito e poi recensire proprio alcuni dei più prestigiosi hotel a cinque stelle in giro per il mondo. In queste sue trasferte in luoghi da sogno che dovrebbero fornire emozioni uniche ed irripetibili, ma che troppo spesso appaiono freddi ed impersonali la protagonista fa i conti con la solitudine, con momenti di tristezza e malinconia, ma anche con la consapevolezza della propria libertà che le deriva dal non avere vincoli e dal potere decidere la propria vita con leggerezza, rimanendo sempre fedele a se stessa ed alla propria natura.