The Fall: irrazionalità e fanatismo nel corto di Jonathan Glazer visibile su MUBI
29/12/2020
Spiegare irrazionalità e fanatismo al pubblico, come lo fa Jonathan Glazer. A The Fall (in italiano sia la colpa che la caduta), penultimo corto del regista inglese, datato 2019 e disponibile per soli 2 giorni ancora nello streaming della Library di MUBI, bastano poche accortezze semiotiche per riassumere in sette minuti la nefanda ossessione umana per il diverso, anello debole della catena sociale. Un uomo è preso di mira da the mob, la folla, destinazione: impiccagione e dipartita sul fondo di un pozzo.

Nel racconto-lampo e fulminante di The Fall, ognuno indossa una maschera nello stile del teatro greco, cioé a espressione unica. La scena si è già ripetuta altre volte, e sempre ancora si riverificherà. La precisione semiotica di Glazer insinua sotto la pelle dello spettatore la consapevolezza di uno iato tra i figuranti, vuoto che, grazie a prossemica e tecniche di regia, viene popolato di violenza rituale, e tribale. Come i giovani dati ciclicamente in pasto al Minotauro, a intervalli regolari la comunità fa ricadere su un solo outsider il peso della propria preservazione magico-scaramantica.

La camera si incunea tra strettoie, i pull-in sono lenti e angoscianti, l’immedesimazione è totale. Pare Kafka, dove la minaccia è personale e palpabile; eppure la causa rimane nascosta, non in un cielo immobile ma nelle fessure della psiche umana, tutta terrena. Ed è proprio dai cunicoli sotterranei che il regista indica un possibile punto di ripartenza…

Elisa Teneggi
Nel racconto-lampo e fulminante di The Fall, ognuno indossa una maschera nello stile del teatro greco, cioé a espressione unica. La scena si è già ripetuta altre volte, e sempre ancora si riverificherà. La precisione semiotica di Glazer insinua sotto la pelle dello spettatore la consapevolezza di uno iato tra i figuranti, vuoto che, grazie a prossemica e tecniche di regia, viene popolato di violenza rituale, e tribale. Come i giovani dati ciclicamente in pasto al Minotauro, a intervalli regolari la comunità fa ricadere su un solo outsider il peso della propria preservazione magico-scaramantica.

La camera si incunea tra strettoie, i pull-in sono lenti e angoscianti, l’immedesimazione è totale. Pare Kafka, dove la minaccia è personale e palpabile; eppure la causa rimane nascosta, non in un cielo immobile ma nelle fessure della psiche umana, tutta terrena. Ed è proprio dai cunicoli sotterranei che il regista indica un possibile punto di ripartenza…

Elisa Teneggi