The Idol, poche sfumature sul nulla
04/07/2023
Quando l’anteprima di The Idol è passata per Cannes lo scorso maggio, c’erano buone aspettative per questo nuovo prodotto HBO che si autodefiniva “di culto”, ma oltre alla spocchia della confezione qualche ragione sussisteva. Al timone di comando una delle personalità più interessanti ed esuberanti della recente televisione, Sam Levinson, già creatore dell’eccezionale Euphoria, accompagnato nientemeno che dalla star del pop The Weeknd, al secolo Abel Tesfaye, qui co-creatore e co-protagonista. L’idolo del titolo invece doveva essere la figlia d’arte Lily-Rose Depp, in cerca di un ruolo che la consacrasse. Attorno all’operazione un alone di provocazione e patina pop. Quali sono le ragioni quindi del totale fallimento di questa nuova miniserie, unanimemente ormai considerata un fiasco? Quale il motivo che ha portato non solo alla cancellazione di una seconda stagione ma soprattutto alla rimozione forzata di un sesto episodio? Si, perché la serie era stata annunciata in sei parti ma si è conclusa in cinque…

The Idol vuole raccontare un periodo della vita di Jocelyn (Depp), stella della musica mainstream, una sorta di Britney Spears aggiornata all’epoca di TikTok, ora al lavoro su un nuovo album e un nuovo tour. Il suo team di manager musicali la segue maniacalmente in ogni passaggio, dalle coreografie per un videoclip, alla cura dei suoi profili social, alla registrazione dei nuovi pezzi. Jocelyn però esce da un lutto, la perdita della madre, e con fatica trova la forza per alzarsi dal letto. Ecco che subentra l’incidente scatenante: l’incontro con Tedros (Tesfaye), il sedicente proprietario di un locale che prima la seduce e poi decide di diventare il suo nuovo produttore, escludendo tutto il vecchio entourage. Tedros vuole scatenare in lei le sue pulsioni più profonde tramite il sesso proibito, infiltrando in casa sua una combriccola di giovani tanto scapestrati quanto talentuosi, al suo seguito come una setta. Ma seguendo una pista di eccessi, il confine tra sperimentazione e abuso diventa sempre più labile.

Dopo le prime patinate, ogni tanto affascinanti, immagini di un jet-set hollywoodiano poco innovativo, subentra presto la sensazione di stare assistendo ad un 50 sfumature di grigio nel mondo del pop e del glamour, con non poche pretese di sofisticatezza. Il formalismo tecnico rimane sterile seguendo una protagonista che si rivela priva di vero fascino e personalità. Vorrebbe raccontare il suo malessere, le sue fragilità, ma piuttosto che trasmetterle decide di dichiararle fin da subito, fermandosi alla superficie. Il gioco sessuale che instaura con il suo nuovo amante diventa inutilmente malsano e punitivo, e francamente ripetitivo. Non è chiaro se lui voglia fagocitarla, sabotarla oppure servirla. Già dopo la prima puntata l’inconsistenza della serie emerge inevitabilmente e ci si chiede quale sia la direzione della narrazione, ammesso che ce ne sia veramente una. C’è un tentativo di romanticizzare la sofferenza che deriva dalla fama (“Mental illness is sexy” dirà cinicamente un personaggio all’inizio) che fallisce sfociando in retoriche scene che girano a vuoto, mentre le velleità di provocazione debordano nel trash. Non si può parlare nemmeno di eccessi fini a sé stessi, perché tali elementi sono così circoscritti e causali da non lasciare minimamente il segno. Insomma non concede nemmeno uno shock.

La Depp e Tesfaye, i due amanti maledetti, rasentano la mediocrità. Lei, annacquata da un perenne torpore sfiancante, lui, mai convincente, mentre evolve ai limiti del patetismo. La confusione regna sovrana: le prime due puntate sembrano costruire una relazione galvanizzante tra i protagonisti ma la seconda parte della serie dà l’impressione di voler denunciare comportamenti tossici e malsani del personaggio di Tesfaye. Fino ad arrivare al caos completo della quinta puntata, dominata da continui cambi di direzione ingiustificati, rendendo ancora più evidente la cesura prematura della serie. 

Che cosa rimane di The Idol? Il vuoto. Ma non il vuoto interiore di un personaggio tormentato, piuttosto il nulla, la mancanza di ispirazione sorretta dall’artificioso tentativo di dare un contenuto solo grazie ad una bella fotografia e scenografia. Non basta.

Sam Levinson voleva creare un prodotto generazionale, che parlasse di tensioni condivise, che fotografasse un’epoca. Ma piuttosto che ritrarre questa contemporaneità ha scelto di girare un lungo trailer, una lunga anteprima di The Idol dove si attende sempre che il vero show abbia inizio, rimanendo però delusi. 

Chi lo sa, forse un giorno questa miniserie verrà rivalutata come cult, per ora rimane un caotico vuoto glitterato. 



Cesare Bisantis

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