True Detective: Night Country - La recensione
23/02/2024
Quando nel 2014 HBO lanciò la prima stagione di True Detective, interpretata da Matthew McConaughey e Woody Harrelson, scritta da Nic Pizzolatto e interamente diretta da Cary Joji Fukunaga, nessuno si aspettava l’impatto che avrebbe avuto nella storia della televisione e non solo. Il mondo delle serie TV era già in grande fermento da diversi anni (Breaking Bad è del 2008) ma quei primi otto episodi avrebbero creato un precedente, un caso unico nel mondo dell’audiovisivo che rappresenta tuttora un risultato tra i più alti mai raggiunti. Con le successive due stagioni Pizzolatto scelse di cambiare rotta, non adeguandosi al successo e modello della prima ma rischiando e declinando il tema in forme differenti. Purtroppo questi due successivi cicli, in particolare il secondo, delusero la maggior parte del pubblico e della critica, registrando anche un grosso calo di ascolti.
Il mito di True Detective però persiste ancora oggi. Citazioni dell’ormai iconico Rusty Cohle (“Time is a flat circle”) echeggiano nell’immaginario comune, si perde il conto delle influenze avute su altri prodotti e c’è una parte di pubblico affezionato che desidera altre gesta di questi tormentati investigatori americani. Ecco che allora in questo inizio del 2024, a 10 anni dall’esordio, esce la quarta stagione, o meglio, True Detective: Night Country, che già dal titolo vuole prendere le distanze da ciò che è stato precedentemente realizzato e fondare un capitolo interamente nuovo. Il mutamento più rilevante è subito annunciato dal cambio di gestione: Nic Pizzolatto qui veste solo i panni di executive producer e cede il timone di showrunner a Issa López, che dirige e scrive tutti e 6 gli episodi.
L’elemento femminile viene diffuso in quasi tutti gli aspetti della serie, a partire dalle due protagoniste, il capo della polizia Elisabeth Danvers, interpretata da una spigolosa e scorbutica Jodie Foster, e l'agente Evangeline Navarro, incarnata da una star esordiente, la nerboruta ex-campione peso medio Kali Reis. La prima e unica detective donna della show era stata fino ad ora Rachel McAdams nella seconda stagione.
L’azione, dopo l’umida Louisiana, la calda California e il polveroso Arkansas, si sposta nella gelida Ennis, cittadina dell’Alaska, altro elemento di immediata rottura con il passato. Non solo il freddo polare ma anche il buio, poiché le vicende si svolgono nei giorni in cui il sole non sorge mai e regna una perenne notte profonda. Il caso che riunisce i due personaggi è in tutti sensi agghiacciante: otto scienziati della stazione artica di ricerca Tsalal vengono inspiegabilmente trovati morti assiderati nella bufera di neve. Rimane ammantato di mistero lo scopo dei loro annosi studi e alcuni elementi sembrano collegare l’arcana tragedia a un precedente omicidio irrisolto di 6 anni prima.
Alcuni aspetti cardine tornano anche in questa quarta stagione: il tormento personale delle detective, l’indagine che riunisce due colleghe dal rapporto conflittuale e l’enigma che sembra affondare le radici nel passato. Le tematiche fondanti però hanno tutta una nuova linfa e dialogano spesso con alcune battaglie ideologiche contemporanee: l’inquinamento indotto dall’uomo avido e incurante dell’ambiente, la violenza brutale del genere maschile, represso e prepotente nei confronti della donna e infine l’isolamento delle minoranze etniche e della loro cultura, in questo caso quella dei nativi Iñupiat dell’Alaska. È un dialogo tutto odierno quello che questa stagione instaura con lo spettatore. La narrazione è intrisa di rabbia nei confronti delle repressioni subite ed è carica di una violenta voglia di rivalsa, di ricerca della giustizia nei confronti delle vittime di meccanismi dispotici. È una stagione che vuole dare voce e azione agli ultimi del confine più lontano del mondo.
Le intenzioni della nuova narratrice, Issa López, sono ben veicolate dal racconto profondo e credibile, non retorico e anzi arricchito da una scrittura consapevole e complessa. Ciò che passa in secondo piano però è l’aspetto noir e investigativo della detective story, asservito forse troppo alle nuove tematiche. True Detective in passato ha sempre avuto una matrice politica e di denuncia sociale, ma è stata anche profondamente imbevuta di influenze letterarie (Lovecraft e soprattutto Robert W. Chambers) e filosofiche (Nietzsche su tutti). Riferimenti che in Night Country sono completamente assenti. Qui manca un afflato autoriale che nasceva dalla penna di Pizzolatto, prima di tutto scrittore di raffinato talento (si legga il suo romanzo Galveston). López poi non vanta nemmeno una regia incisiva e la metafora del buio del paesaggio che rispecchia l’oscurità dei protagonisti è fin troppo ovvia.
Qui e là ci sono echi della bellissima Fargo, sicuramente un occhio a Twin Peaks, in modo evidente omaggi a La cosa di Carpenter e persino qualche strizzata d’occhio ai fan della prima ora con autocitazioni dalla serie. Nulla infine di realmente innovativo. Nonostante l’intreccio sia complesso e talvolta intrigante, questa Night Country non riesce ad essere memorabile e resta un nuovo capitolo che non lascia il segno, forse anche meno delle ingiustamente bistrattate stagioni 2 e 3, da riscoprire.
Anche questa volta HBO ha perso l’occasione di ricreare quell’evento mistico e inarrivabile che fu True Detective nel 2014. Che sia forse ora di ricercare quella magica congiunzione di cinema e TV in altre serie crime? Forse nella Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo appena presentata alla Berlinale?
Cesare Bisantis
Il mito di True Detective però persiste ancora oggi. Citazioni dell’ormai iconico Rusty Cohle (“Time is a flat circle”) echeggiano nell’immaginario comune, si perde il conto delle influenze avute su altri prodotti e c’è una parte di pubblico affezionato che desidera altre gesta di questi tormentati investigatori americani. Ecco che allora in questo inizio del 2024, a 10 anni dall’esordio, esce la quarta stagione, o meglio, True Detective: Night Country, che già dal titolo vuole prendere le distanze da ciò che è stato precedentemente realizzato e fondare un capitolo interamente nuovo. Il mutamento più rilevante è subito annunciato dal cambio di gestione: Nic Pizzolatto qui veste solo i panni di executive producer e cede il timone di showrunner a Issa López, che dirige e scrive tutti e 6 gli episodi.
L’elemento femminile viene diffuso in quasi tutti gli aspetti della serie, a partire dalle due protagoniste, il capo della polizia Elisabeth Danvers, interpretata da una spigolosa e scorbutica Jodie Foster, e l'agente Evangeline Navarro, incarnata da una star esordiente, la nerboruta ex-campione peso medio Kali Reis. La prima e unica detective donna della show era stata fino ad ora Rachel McAdams nella seconda stagione.
L’azione, dopo l’umida Louisiana, la calda California e il polveroso Arkansas, si sposta nella gelida Ennis, cittadina dell’Alaska, altro elemento di immediata rottura con il passato. Non solo il freddo polare ma anche il buio, poiché le vicende si svolgono nei giorni in cui il sole non sorge mai e regna una perenne notte profonda. Il caso che riunisce i due personaggi è in tutti sensi agghiacciante: otto scienziati della stazione artica di ricerca Tsalal vengono inspiegabilmente trovati morti assiderati nella bufera di neve. Rimane ammantato di mistero lo scopo dei loro annosi studi e alcuni elementi sembrano collegare l’arcana tragedia a un precedente omicidio irrisolto di 6 anni prima.
Alcuni aspetti cardine tornano anche in questa quarta stagione: il tormento personale delle detective, l’indagine che riunisce due colleghe dal rapporto conflittuale e l’enigma che sembra affondare le radici nel passato. Le tematiche fondanti però hanno tutta una nuova linfa e dialogano spesso con alcune battaglie ideologiche contemporanee: l’inquinamento indotto dall’uomo avido e incurante dell’ambiente, la violenza brutale del genere maschile, represso e prepotente nei confronti della donna e infine l’isolamento delle minoranze etniche e della loro cultura, in questo caso quella dei nativi Iñupiat dell’Alaska. È un dialogo tutto odierno quello che questa stagione instaura con lo spettatore. La narrazione è intrisa di rabbia nei confronti delle repressioni subite ed è carica di una violenta voglia di rivalsa, di ricerca della giustizia nei confronti delle vittime di meccanismi dispotici. È una stagione che vuole dare voce e azione agli ultimi del confine più lontano del mondo.
Le intenzioni della nuova narratrice, Issa López, sono ben veicolate dal racconto profondo e credibile, non retorico e anzi arricchito da una scrittura consapevole e complessa. Ciò che passa in secondo piano però è l’aspetto noir e investigativo della detective story, asservito forse troppo alle nuove tematiche. True Detective in passato ha sempre avuto una matrice politica e di denuncia sociale, ma è stata anche profondamente imbevuta di influenze letterarie (Lovecraft e soprattutto Robert W. Chambers) e filosofiche (Nietzsche su tutti). Riferimenti che in Night Country sono completamente assenti. Qui manca un afflato autoriale che nasceva dalla penna di Pizzolatto, prima di tutto scrittore di raffinato talento (si legga il suo romanzo Galveston). López poi non vanta nemmeno una regia incisiva e la metafora del buio del paesaggio che rispecchia l’oscurità dei protagonisti è fin troppo ovvia.
Qui e là ci sono echi della bellissima Fargo, sicuramente un occhio a Twin Peaks, in modo evidente omaggi a La cosa di Carpenter e persino qualche strizzata d’occhio ai fan della prima ora con autocitazioni dalla serie. Nulla infine di realmente innovativo. Nonostante l’intreccio sia complesso e talvolta intrigante, questa Night Country non riesce ad essere memorabile e resta un nuovo capitolo che non lascia il segno, forse anche meno delle ingiustamente bistrattate stagioni 2 e 3, da riscoprire.
Anche questa volta HBO ha perso l’occasione di ricreare quell’evento mistico e inarrivabile che fu True Detective nel 2014. Che sia forse ora di ricercare quella magica congiunzione di cinema e TV in altre serie crime? Forse nella Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo appena presentata alla Berlinale?
Cesare Bisantis