Twin Peaks 3: le vostre analisi!
06/05/2021
Durante il workshop dedicato all'approfondimento di Twin Peaks 3, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi su quest'opera di David Lynch: ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!
IN VIAGGIO VERSO CASA, IN VIAGGIO VERSO SÉ STESSI
di Claudia Carloni
È il 2017, Twin Peaks è pronta a tornare in scena. Dopo una lunga attesa il sogno di moltissimi fan nostalgici si avvera, nuovi appassionati che hanno recuperato la serie durante questi 25 anni sono pronti a sintonizzarsi sul piccolo schermo, il viaggio ha inizio!
Lasciate ogni aspettativa, voi che guardate: Lynch ci immerge in un mondo completamente nuovo, in una storia che neanche nelle nostre fantasie più ardite avremmo mai potuto immaginare, sfidando la nostra capacità di comprensione.
Le vicende si ramificano e non siamo più solo a Twin Peaks, ma in molti luoghi diversi, a volte surreali, a volte fin troppo crudi e realistici, a volte familiari. Twin Peaks diventa la meta in cui le vicende convergono, la casa a cui fare ritorno, e il luogo di svolta, per un ultimo inchino.
Anche nel format siamo di fronte a qualcosa di inedito, che va oltre la concezione classica di film e serie tv, un ibrido concepito come un unico grande film diviso in 18 parti, e solo guardandolo possiamo comprendere che è effettivamente così.
Il mondo è cambiato, anche il Cinema lo è e Lynch lo sa bene.
La realtà che vediamo è intrisa di violenza e brutalità più che mai, anche i giovani di Twin Peaks non sono più quelli di una volta: omicidi, suicidi, droga, pistole segnano la nuova generazione, che sembra molto più smarrita e molto meno genuina rispetto ai propri predecessori. Ci chiediamo dove siano gli eredi dei bookhouse boys pronti a proteggere i confini della città dalla criminalità e dai traffici illegali.
L'atmosfera della serie è più cupa, grigia, angosciante.
I colori vivaci e pittoreschi di Twin Peaks lasciano il posto alla tetra e spettrale New York, anche i colori del pavimento della Loggia sembrano diversi, non più un contrasto netto tra nero e bianco ma un avorio si alterna a un bordeaux scuro. Nuove sfumature, come nuovi sono gli scenari che si apriranno dalle famose tende rosse.
C' è qualcosa di strano, qualcosa di marcio nell'aria, qualcosa di putrido che intacca la vita delle persone, ma le cose possono ancora cambiare: Bad C. deve tornare nella Loggia, Laura deve tornare a casa, Dale Cooper deve tornare sé stesso.
Ed è proprio Cooper che fa da filo conduttore all' intera vicenda, in tutte le sue forme e manifestazioni, e per ben 16 puntate la sua coscienza sarà dormiente all'interno dell'involucro Dougie Jones.
Dougie è un personaggio al quale è impossibile non affezionarsi, con l' ingenuità e la purezza di un bambino, inconsapevole di ciò che gli accade intorno ma capace di vedere la verità e la bellezza, di commuoversi per la tristezza di Sonny Jim. Dougie non è solo l' ospite di Cooper ma è un personaggio estremamente positivo, divertente e buono, e anche se non riesce a comunicare con le parole percepisce, sente, comprende la realtà su un altro livello, le emozioni in fondo sono universali.
Momenti di grande tensione e mistero si alternano a scene strazianti e commoventi , ad altre raccapriccianti, altre ancora esilaranti: Lynch tocca tutte le corde del nostro animo e crea una storia piena di forti contrasti, così come è anche il mondo in cui viviamo. Le vicende che inizialmente ci sembrano scollegate tra loro ad un certo punto si svelano come facce della stessa realtà, in cui mentre un bambino viene investito e ucciso da un folle Richard Horne, l'amore tra Ed e Norma sopravvive al tempo e finalmente trionfa.
Tutto ha un suo riflesso, una doppia valenza, anche l'elettricità, che fino ad ora abbiamo intuito essere collegata al passaggio di forze negative, diventa l'elemento che risveglia Cooper e gli permette finalmente di essere parte attiva della storia.
Una volta ritrovato Cooper lo perdiamo di nuovo, finisce un ciclo narrativo e inaspettatamente proprio nell' ultima puntata ne comincia un altro, in cui Cooper non è più Cooper e Laura non è più Laura, niente è com' era prima.... o tutto è come è sempre stato?
E se in realtà esistessero Richard, Linda, Carrie Page mentre Cooper, Diane e Laura vivessero solo nel sogno di qualcuno?
O se tutti questi personaggi, con i loro doppi, le loro altre parti di sé, fossero vicini ad un'intuizione, al percepire di essere dentro un sogno e di doversi svegliare?
Ma allora chi è il sognatore?
L' antica frase :" siamo come i sognatori che sognano e vivono dentro un sogno" ci fa riflettere sulla natura del sogno: quando sogniamo cerchiamo di comprendere, interpretare, decodificare i simboli e le immagini apparentemente senza senso che animano i nostri sogni per capire cosa significhino per noi, e ricondurli in qualche modo alla realtà, proprio come facciamo di fronte ad un film. Twin Peaks allora è il nostro universo onirico, siamo noi i sognatori, sognatori consapevoli, che creano i propri significati e attribuiscono un senso alle vicende, dando realtà a quel sogno a occhi aperti nella nostra immaginazione e nei nostri cuori. Anche Lynch come artefice e demiurgo per eccellenza è il sognatore che proietta quel mondo e ci rende partecipi del suo sogno attraverso la visione, ma anche i personaggi come accade spesso a Twin Peaks, sono sognatori e attraverso il sogno entrano in altre dimensioni, in cui ricevono indizi che danno una direzione alle loro storie, e ci accompagnano nella loro realtà fittizia che anche quando sembra assurda va presa sul serio, e che a volte ci sembra vera.
Una delle scene più dense di significato è il sogno in bianco e nero di Cole, in cui vede sé stesso, o potremmo dire David Lynch rivede il suo personaggio che appartiene al passato della realtà finzionale, in mezzo a questo doppio sguardo tra Lynch e Cole ci siamo noi, Lynch guarda in camera e rompe la quarta parete, nello spazio sospeso del sogno presente e passato si incontrano…ma allora in che anno siamo?
Siamo dove vogliamo essere, e con noi i personaggi, siamo noi a decidere cosa guardare, basta riavvolgere la pellicola, come un nastro di Möbius, per ritrovarci di nuovo all'inizio della storia, premere il tasto play e ricominciare tutto da capo, perché il Cinema è un sogno senza fine.
Lynch chiude dei capitoli per aprirne degli altri, dà delle risposte per far emergere nuove domande, ci mostra, in alcune sequenze tra le più affascinanti ed evocative dell'intera serie, le origini del male senza dirci se è possibile sconfiggerlo. Ognuno di noi può creare il suo personale Twin Peaks, ed è proprio qui che risiede la magia, nell'intuire qualcosa che sappiamo essere estremamente importante senza averlo compreso del tutto, nel lasciarci travolgere dalle immagini e dai suoni sprofondando in un altro mondo.
Il sipario cala su Twin Peaks, e potremmo interpretare l' urlo finale di Laura come la presa di coscienza di qualcuno che capisce di essere in un sogno e di dover svanire per sempre, e la voce che la chiama potrebbe essere l' elemento che la risveglia e le fa ricordare che non può essere salvata, dal male non si può sfuggire perché il male lo abbiamo creato noi e permea la nostra realtà.
Le luci si spengono, tutto è buio, ma Twin Peaks non morirà mai, se ne sentirà parlare ancora per molti anni e continuerà a dare vita a dibattiti, interpretazioni, teorie , studi e analisi, come fanno le opere che lasciano il segno.
JUNG A TWIN PEAKS, TRA L’EROE E L’OMBRA
di Guido Nosari
Per chi abbia avuto anche solo una lettura generica dell’opera dello psicanalista C.G. Jung, non risulta difficile individuare nella celebre serie televisiva “Twin Peaks” plurimi ed interessanti punti di incontro tra le rappresentazioni televisive di Lynch e l’apparato ideologico proposto dallo psicologo svizzero. E’ verosimile che il coautore di Twin Peaks, Mark Frost, abbia introdotto numerosi elementi afferenti all’opera junghiana (nel suo libro The Secrets of Twin Peaks lo stesso psicologo della cittadina, il Dr. Jacobi, si professa junghiano, pur rivelandosi decisamente sui generis in svariate occasioni..).
Già considerando i due autori nella loro personalità, è facile individuare vari “interessi” comuni, in primis la passione verso la ricerca costante verso una dimensione di “ulteriorità”, di ultra-sensibile. Ambedue coltivano un profondo e vivace interesse verso la meditazione di stampo orientale, in particolare Lynch da sempre ha riconosciuto il ruolo cardinale della meditazione trascendentale nel proprio processo creativo (paragonandolo spesso al “pescare le idee in acque profonde”, da cui il titolo di un suo testo autobiografico).
Allo stesso modo Jung va a pescare in un oceano simile ma forse ancor più vasto, l’inconscio collettivo, inteso come contenitore psichico universale, come parte dell'inconscio umano comune a quello di tutti gli altri esseri umani attraverso antenati condivisi. Sia Jung e il protagonista di Lynch, l’agente Cooper, usano i sogni come vettori per esplorare questo spazio arcano. Così come Jung descrive nei suoi scritti un sogno in cui egli esplora una caverna rinvenendovi i resti di una cultura primitiva che lo condurranno alla teoria degli archetipi (immagini ancestrali costituenti l’inconscio collettivo), l’agente Cooper viaggia più volte attraverso il sogno nella dimensione atemporale delle Logge, ove incontra figure ancestrali e multidimensionali quali il Nano e il Gigante che lo indirizzeranno nella sua indagine.
Oltre all’inconscio collettivo, svariati altri concetti dell’opera junghiana paiono concretarsi nella serie di Lynch, tra cui quello degli archetipi. Gli archetipi portano in sé la forza genetica delle soluzioni originarie già sperimentate dall'umanità, sedimentate a livello istintuale ma nel contempo volte all’evoluzione e connesse con l’anelito a ricercarne di nuove. Essi sono irrappresentabili ma lasciano, come gli elettroni in fisica, delle tracce: le rappresentazioni archetipiche, ovvero i simboli, capaci di modularsi in accordo ai tempi e alle culture in cui si attivano e che si traducono in un registro esplicito attraverso leggende, fiabe, racconti, sogni, film, disegni e quanto altro riesce a produrre la creatività artistica dell'uomo. Essi configurano una sorta di patrimonio spirituale e linguistico a disposizione di ogni individuo, nella sua accezione come di pensante originaria ed universale.
Nella foresta di sottotrame e tematiche che reggono la rigogliosa architettura di Twin Peaks, se ne possono riconoscere svariati, di archetipi, ma due in particolare risultano evidenti: l’Eroe e l’Ombra. Una delle colonne portanti sia la costante dialettica fra doppi, l’opposizione e l’interscambio fra personaggi tra loro collegati da relazioni di antitesi. Basti pensare al rapporto tra Mike e Bob, entrambi entità metafisiche prima unite da una comunione di intenti distruttivi e poi opposti, a seguito della “redenzione” del primo, in un rapporto di eterna contrapposizione. Oppure agli scambi sulla scena fra i protagonisti (in primis Cooper e Laura) ed i loro doppelganger, alter ego di natura malvagia generati nella Loggia Nera connotati da caratteristiche totalmente antitetiche a quelle dei personaggi di cui sono i cloni. Infine, alla dicotomia apparentemente transtemporale fra Loggia Bianca e Loggia Nera, le due polarità generative dell’incedere narrativo dell’universo di Lynch. Gli archetipi dell’Eroe e dell’Ombra ben evidenziano come luce ed ombra, pur essendo concettualmente antitetici, racchiudano in sé l’indivisibilità dei principi di positività e negatività.
L'Eroe è il soggetto chiamato a reggere la numinosità, l'eccezionalità della libido archetipica, è colui che conclude felicemente il ciclo narrativo e ritorna vincitore dalla "missione impossibile", è il Luke Skywalker dell’interiorità. Tuttavia, come Jung sottolinea a più riprese, tale ruolo apparentemente luminoso non è scevro da elementi di oscurità nella sua più intima natura; la ricerca può difatti coinvolgere e possedere il soggetto oltre misura facendogli perdere di vista il significato del viaggio a favore (e disgraziatamente) della meta. Alla luce di questa narrazione, è quasi prevedibile che il luminoso agente Cooper, apparentemente volto a scacciare le ombre dalla cittadina di frontiera con la luce demiurgica della razionalità, finisca nel tragitto per restare imprigionato nel mondo della Loggia Nera, lasciando spazio alla sua antitesi oscura, Evil Cooper. Nella parossistica risata di Cooper di fronte allo specchio infranto, in finale di seconda stagione, è dipinta la parabola infelice dell’Eroe.
L’Ombra è il contenitore di tutto quello che ci è mancato nel bene e di tutto quello che abbiamo ricevuto nel male. É quindi il nostro Alter Ego, il Nemico, l’Antagonista, quello che nei miti e nelle fiabe interpreta il ruolo del villain e che spesso viene rappresentato sotto forma di mostro, drago o demone. Nella visione junghiana, ogni sofferenza dell’individuo di fatto deriva dal venire sopraffatti dall’aspetto negativo di un archetipo (il lato Ombra) che dobbiamo imparare prima a vedere e riconoscere, e poi a contrastare e dominare. La maggior parte della consistenza dell’Ombra deriva dalla repressione delle emozioni represse, che scivolano nell’inconscio ove acquistano progressivamente più potere. Riconoscere tali emozioni negative ed esprimerle in qualche modalità catartica è di fatto l’unico modo per entrare in contatto con emozioni positive che si trovano ad un livello più profondo. A differenza di quanto accade nel canonico sviluppo della narrativa occidentale, l’Ombra di per sé non risponde ad un’istanza di distruzione, bensì di integrazione. Il cattivo di fatto non può essere sconfitto, in quanto L’Ombra è parte integrante del soggetto, che necessita di essere armonizzata per consentire un’evoluzione positiva del soggetto. Allo stesso modo, i personaggi metafisici di Twin Peaks raggiungono una risoluzione delle loro ambiguità solo a fronte di un’integrazione delle loro componenti, anche di quelle più distruttive; questo vale in maniera sommamente evidente per la protagonista femminile, Laura Palmer, chiamata a conciliare le proprie condotte autodistruttive con l’immagine di perfezione sociale che da sempre aveva proposto al suo entourage sociale.
Questo è probabilmente l’ultimo e più importante concetto junghiano che ritroviamo in Twin Peaks: il processo di individuazione, ovvero il processo di integrazione dei vari elementi inconsci che consentono l’evoluzione come individui (intesi in senso etimologico come “unità armonica e indivisa”). In molti aspetti tale processo richiama la trasformazione alchemica del piombo in oro. La stanza rossa sembra quasi un catalizzatore in questo senso, uno spazio sacro che accelera questi processi (quello che Jung definisce un temenos) sia in senso positivo/integrazione che negativo/disintegrazione (basti pensare alla genesi dei doppelganger).
La terza stagione di Twin Peaks concede ampio spazio al tema delle individualità divise, alla rottura dell’equilibrio (balance) che per Lynch rappresenta una vera e propria ossessione. I personaggi principali hanno infatti raggiunto nel corso dell’arco narrativo un numero importante di alter ego (Cooper/ Bad Cooper/ Dougie oppure Laura/Maddy), a volte embricati nello stesso personaggio a volte distinti al punto da essere entità distintamente divise. L’integrazione dei vari “componenti” di Cooper raffigura in maniera efficace questo processo di individuazione, che coincide di fatto con la scomparsa delle “sottounità” intese singolarmente (come accade nell’episodio 17).
IN VIAGGIO VERSO CASA, IN VIAGGIO VERSO SÉ STESSI
di Claudia Carloni
È il 2017, Twin Peaks è pronta a tornare in scena. Dopo una lunga attesa il sogno di moltissimi fan nostalgici si avvera, nuovi appassionati che hanno recuperato la serie durante questi 25 anni sono pronti a sintonizzarsi sul piccolo schermo, il viaggio ha inizio!
Lasciate ogni aspettativa, voi che guardate: Lynch ci immerge in un mondo completamente nuovo, in una storia che neanche nelle nostre fantasie più ardite avremmo mai potuto immaginare, sfidando la nostra capacità di comprensione.
Le vicende si ramificano e non siamo più solo a Twin Peaks, ma in molti luoghi diversi, a volte surreali, a volte fin troppo crudi e realistici, a volte familiari. Twin Peaks diventa la meta in cui le vicende convergono, la casa a cui fare ritorno, e il luogo di svolta, per un ultimo inchino.
Anche nel format siamo di fronte a qualcosa di inedito, che va oltre la concezione classica di film e serie tv, un ibrido concepito come un unico grande film diviso in 18 parti, e solo guardandolo possiamo comprendere che è effettivamente così.
Il mondo è cambiato, anche il Cinema lo è e Lynch lo sa bene.
La realtà che vediamo è intrisa di violenza e brutalità più che mai, anche i giovani di Twin Peaks non sono più quelli di una volta: omicidi, suicidi, droga, pistole segnano la nuova generazione, che sembra molto più smarrita e molto meno genuina rispetto ai propri predecessori. Ci chiediamo dove siano gli eredi dei bookhouse boys pronti a proteggere i confini della città dalla criminalità e dai traffici illegali.
L'atmosfera della serie è più cupa, grigia, angosciante.
I colori vivaci e pittoreschi di Twin Peaks lasciano il posto alla tetra e spettrale New York, anche i colori del pavimento della Loggia sembrano diversi, non più un contrasto netto tra nero e bianco ma un avorio si alterna a un bordeaux scuro. Nuove sfumature, come nuovi sono gli scenari che si apriranno dalle famose tende rosse.
C' è qualcosa di strano, qualcosa di marcio nell'aria, qualcosa di putrido che intacca la vita delle persone, ma le cose possono ancora cambiare: Bad C. deve tornare nella Loggia, Laura deve tornare a casa, Dale Cooper deve tornare sé stesso.
Ed è proprio Cooper che fa da filo conduttore all' intera vicenda, in tutte le sue forme e manifestazioni, e per ben 16 puntate la sua coscienza sarà dormiente all'interno dell'involucro Dougie Jones.
Dougie è un personaggio al quale è impossibile non affezionarsi, con l' ingenuità e la purezza di un bambino, inconsapevole di ciò che gli accade intorno ma capace di vedere la verità e la bellezza, di commuoversi per la tristezza di Sonny Jim. Dougie non è solo l' ospite di Cooper ma è un personaggio estremamente positivo, divertente e buono, e anche se non riesce a comunicare con le parole percepisce, sente, comprende la realtà su un altro livello, le emozioni in fondo sono universali.
Momenti di grande tensione e mistero si alternano a scene strazianti e commoventi , ad altre raccapriccianti, altre ancora esilaranti: Lynch tocca tutte le corde del nostro animo e crea una storia piena di forti contrasti, così come è anche il mondo in cui viviamo. Le vicende che inizialmente ci sembrano scollegate tra loro ad un certo punto si svelano come facce della stessa realtà, in cui mentre un bambino viene investito e ucciso da un folle Richard Horne, l'amore tra Ed e Norma sopravvive al tempo e finalmente trionfa.
Tutto ha un suo riflesso, una doppia valenza, anche l'elettricità, che fino ad ora abbiamo intuito essere collegata al passaggio di forze negative, diventa l'elemento che risveglia Cooper e gli permette finalmente di essere parte attiva della storia.
Una volta ritrovato Cooper lo perdiamo di nuovo, finisce un ciclo narrativo e inaspettatamente proprio nell' ultima puntata ne comincia un altro, in cui Cooper non è più Cooper e Laura non è più Laura, niente è com' era prima.... o tutto è come è sempre stato?
E se in realtà esistessero Richard, Linda, Carrie Page mentre Cooper, Diane e Laura vivessero solo nel sogno di qualcuno?
O se tutti questi personaggi, con i loro doppi, le loro altre parti di sé, fossero vicini ad un'intuizione, al percepire di essere dentro un sogno e di doversi svegliare?
Ma allora chi è il sognatore?
L' antica frase :" siamo come i sognatori che sognano e vivono dentro un sogno" ci fa riflettere sulla natura del sogno: quando sogniamo cerchiamo di comprendere, interpretare, decodificare i simboli e le immagini apparentemente senza senso che animano i nostri sogni per capire cosa significhino per noi, e ricondurli in qualche modo alla realtà, proprio come facciamo di fronte ad un film. Twin Peaks allora è il nostro universo onirico, siamo noi i sognatori, sognatori consapevoli, che creano i propri significati e attribuiscono un senso alle vicende, dando realtà a quel sogno a occhi aperti nella nostra immaginazione e nei nostri cuori. Anche Lynch come artefice e demiurgo per eccellenza è il sognatore che proietta quel mondo e ci rende partecipi del suo sogno attraverso la visione, ma anche i personaggi come accade spesso a Twin Peaks, sono sognatori e attraverso il sogno entrano in altre dimensioni, in cui ricevono indizi che danno una direzione alle loro storie, e ci accompagnano nella loro realtà fittizia che anche quando sembra assurda va presa sul serio, e che a volte ci sembra vera.
Una delle scene più dense di significato è il sogno in bianco e nero di Cole, in cui vede sé stesso, o potremmo dire David Lynch rivede il suo personaggio che appartiene al passato della realtà finzionale, in mezzo a questo doppio sguardo tra Lynch e Cole ci siamo noi, Lynch guarda in camera e rompe la quarta parete, nello spazio sospeso del sogno presente e passato si incontrano…ma allora in che anno siamo?
Siamo dove vogliamo essere, e con noi i personaggi, siamo noi a decidere cosa guardare, basta riavvolgere la pellicola, come un nastro di Möbius, per ritrovarci di nuovo all'inizio della storia, premere il tasto play e ricominciare tutto da capo, perché il Cinema è un sogno senza fine.
Lynch chiude dei capitoli per aprirne degli altri, dà delle risposte per far emergere nuove domande, ci mostra, in alcune sequenze tra le più affascinanti ed evocative dell'intera serie, le origini del male senza dirci se è possibile sconfiggerlo. Ognuno di noi può creare il suo personale Twin Peaks, ed è proprio qui che risiede la magia, nell'intuire qualcosa che sappiamo essere estremamente importante senza averlo compreso del tutto, nel lasciarci travolgere dalle immagini e dai suoni sprofondando in un altro mondo.
Il sipario cala su Twin Peaks, e potremmo interpretare l' urlo finale di Laura come la presa di coscienza di qualcuno che capisce di essere in un sogno e di dover svanire per sempre, e la voce che la chiama potrebbe essere l' elemento che la risveglia e le fa ricordare che non può essere salvata, dal male non si può sfuggire perché il male lo abbiamo creato noi e permea la nostra realtà.
Le luci si spengono, tutto è buio, ma Twin Peaks non morirà mai, se ne sentirà parlare ancora per molti anni e continuerà a dare vita a dibattiti, interpretazioni, teorie , studi e analisi, come fanno le opere che lasciano il segno.
JUNG A TWIN PEAKS, TRA L’EROE E L’OMBRA
di Guido Nosari
Per chi abbia avuto anche solo una lettura generica dell’opera dello psicanalista C.G. Jung, non risulta difficile individuare nella celebre serie televisiva “Twin Peaks” plurimi ed interessanti punti di incontro tra le rappresentazioni televisive di Lynch e l’apparato ideologico proposto dallo psicologo svizzero. E’ verosimile che il coautore di Twin Peaks, Mark Frost, abbia introdotto numerosi elementi afferenti all’opera junghiana (nel suo libro The Secrets of Twin Peaks lo stesso psicologo della cittadina, il Dr. Jacobi, si professa junghiano, pur rivelandosi decisamente sui generis in svariate occasioni..).
Già considerando i due autori nella loro personalità, è facile individuare vari “interessi” comuni, in primis la passione verso la ricerca costante verso una dimensione di “ulteriorità”, di ultra-sensibile. Ambedue coltivano un profondo e vivace interesse verso la meditazione di stampo orientale, in particolare Lynch da sempre ha riconosciuto il ruolo cardinale della meditazione trascendentale nel proprio processo creativo (paragonandolo spesso al “pescare le idee in acque profonde”, da cui il titolo di un suo testo autobiografico).
Allo stesso modo Jung va a pescare in un oceano simile ma forse ancor più vasto, l’inconscio collettivo, inteso come contenitore psichico universale, come parte dell'inconscio umano comune a quello di tutti gli altri esseri umani attraverso antenati condivisi. Sia Jung e il protagonista di Lynch, l’agente Cooper, usano i sogni come vettori per esplorare questo spazio arcano. Così come Jung descrive nei suoi scritti un sogno in cui egli esplora una caverna rinvenendovi i resti di una cultura primitiva che lo condurranno alla teoria degli archetipi (immagini ancestrali costituenti l’inconscio collettivo), l’agente Cooper viaggia più volte attraverso il sogno nella dimensione atemporale delle Logge, ove incontra figure ancestrali e multidimensionali quali il Nano e il Gigante che lo indirizzeranno nella sua indagine.
Oltre all’inconscio collettivo, svariati altri concetti dell’opera junghiana paiono concretarsi nella serie di Lynch, tra cui quello degli archetipi. Gli archetipi portano in sé la forza genetica delle soluzioni originarie già sperimentate dall'umanità, sedimentate a livello istintuale ma nel contempo volte all’evoluzione e connesse con l’anelito a ricercarne di nuove. Essi sono irrappresentabili ma lasciano, come gli elettroni in fisica, delle tracce: le rappresentazioni archetipiche, ovvero i simboli, capaci di modularsi in accordo ai tempi e alle culture in cui si attivano e che si traducono in un registro esplicito attraverso leggende, fiabe, racconti, sogni, film, disegni e quanto altro riesce a produrre la creatività artistica dell'uomo. Essi configurano una sorta di patrimonio spirituale e linguistico a disposizione di ogni individuo, nella sua accezione come di pensante originaria ed universale.
Nella foresta di sottotrame e tematiche che reggono la rigogliosa architettura di Twin Peaks, se ne possono riconoscere svariati, di archetipi, ma due in particolare risultano evidenti: l’Eroe e l’Ombra. Una delle colonne portanti sia la costante dialettica fra doppi, l’opposizione e l’interscambio fra personaggi tra loro collegati da relazioni di antitesi. Basti pensare al rapporto tra Mike e Bob, entrambi entità metafisiche prima unite da una comunione di intenti distruttivi e poi opposti, a seguito della “redenzione” del primo, in un rapporto di eterna contrapposizione. Oppure agli scambi sulla scena fra i protagonisti (in primis Cooper e Laura) ed i loro doppelganger, alter ego di natura malvagia generati nella Loggia Nera connotati da caratteristiche totalmente antitetiche a quelle dei personaggi di cui sono i cloni. Infine, alla dicotomia apparentemente transtemporale fra Loggia Bianca e Loggia Nera, le due polarità generative dell’incedere narrativo dell’universo di Lynch. Gli archetipi dell’Eroe e dell’Ombra ben evidenziano come luce ed ombra, pur essendo concettualmente antitetici, racchiudano in sé l’indivisibilità dei principi di positività e negatività.
L'Eroe è il soggetto chiamato a reggere la numinosità, l'eccezionalità della libido archetipica, è colui che conclude felicemente il ciclo narrativo e ritorna vincitore dalla "missione impossibile", è il Luke Skywalker dell’interiorità. Tuttavia, come Jung sottolinea a più riprese, tale ruolo apparentemente luminoso non è scevro da elementi di oscurità nella sua più intima natura; la ricerca può difatti coinvolgere e possedere il soggetto oltre misura facendogli perdere di vista il significato del viaggio a favore (e disgraziatamente) della meta. Alla luce di questa narrazione, è quasi prevedibile che il luminoso agente Cooper, apparentemente volto a scacciare le ombre dalla cittadina di frontiera con la luce demiurgica della razionalità, finisca nel tragitto per restare imprigionato nel mondo della Loggia Nera, lasciando spazio alla sua antitesi oscura, Evil Cooper. Nella parossistica risata di Cooper di fronte allo specchio infranto, in finale di seconda stagione, è dipinta la parabola infelice dell’Eroe.
L’Ombra è il contenitore di tutto quello che ci è mancato nel bene e di tutto quello che abbiamo ricevuto nel male. É quindi il nostro Alter Ego, il Nemico, l’Antagonista, quello che nei miti e nelle fiabe interpreta il ruolo del villain e che spesso viene rappresentato sotto forma di mostro, drago o demone. Nella visione junghiana, ogni sofferenza dell’individuo di fatto deriva dal venire sopraffatti dall’aspetto negativo di un archetipo (il lato Ombra) che dobbiamo imparare prima a vedere e riconoscere, e poi a contrastare e dominare. La maggior parte della consistenza dell’Ombra deriva dalla repressione delle emozioni represse, che scivolano nell’inconscio ove acquistano progressivamente più potere. Riconoscere tali emozioni negative ed esprimerle in qualche modalità catartica è di fatto l’unico modo per entrare in contatto con emozioni positive che si trovano ad un livello più profondo. A differenza di quanto accade nel canonico sviluppo della narrativa occidentale, l’Ombra di per sé non risponde ad un’istanza di distruzione, bensì di integrazione. Il cattivo di fatto non può essere sconfitto, in quanto L’Ombra è parte integrante del soggetto, che necessita di essere armonizzata per consentire un’evoluzione positiva del soggetto. Allo stesso modo, i personaggi metafisici di Twin Peaks raggiungono una risoluzione delle loro ambiguità solo a fronte di un’integrazione delle loro componenti, anche di quelle più distruttive; questo vale in maniera sommamente evidente per la protagonista femminile, Laura Palmer, chiamata a conciliare le proprie condotte autodistruttive con l’immagine di perfezione sociale che da sempre aveva proposto al suo entourage sociale.
Questo è probabilmente l’ultimo e più importante concetto junghiano che ritroviamo in Twin Peaks: il processo di individuazione, ovvero il processo di integrazione dei vari elementi inconsci che consentono l’evoluzione come individui (intesi in senso etimologico come “unità armonica e indivisa”). In molti aspetti tale processo richiama la trasformazione alchemica del piombo in oro. La stanza rossa sembra quasi un catalizzatore in questo senso, uno spazio sacro che accelera questi processi (quello che Jung definisce un temenos) sia in senso positivo/integrazione che negativo/disintegrazione (basti pensare alla genesi dei doppelganger).
La terza stagione di Twin Peaks concede ampio spazio al tema delle individualità divise, alla rottura dell’equilibrio (balance) che per Lynch rappresenta una vera e propria ossessione. I personaggi principali hanno infatti raggiunto nel corso dell’arco narrativo un numero importante di alter ego (Cooper/ Bad Cooper/ Dougie oppure Laura/Maddy), a volte embricati nello stesso personaggio a volte distinti al punto da essere entità distintamente divise. L’integrazione dei vari “componenti” di Cooper raffigura in maniera efficace questo processo di individuazione, che coincide di fatto con la scomparsa delle “sottounità” intese singolarmente (come accade nell’episodio 17).