Aria di dopoguerra, ottimismo e musical e, infine, anche un’Europa un po’ da operetta vista dallo sguardo americano. Sarà stata forse questa la formula vincente di Un americano a Parigi di Vincente Minnelli, che dal 9 giugno torna in sala restaurato con Cinema di Valerio De Paolis.
Vincitore di sei premi Oscar (film, sceneggiatura, fotografia, costumi, scene e musiche) e considerato dall’American Film Institute tra i cento film americani più importanti della storia, l’indimenticabile musical di Minnelli è ricordato anche per le canzoni (cantate oltre che da Kelly anche dallo chansonnier Paul Guétary). Ovvero classici come Our Love Is Here To Stay, S’Wonderful, Embraceable You, Stairway To Paradise, I Got Rhythm. I balletti di Kelly, poi, davvero straordinari se si considera la fisicità massiccia del ballerino-attore-coreografo, sono ambientati in scenografie che richiamano i grandi quadri di impressionisti come Renoir, Monet e soprattutto Toulouse-Lautrec.
Opera di dolcissimo romanticismo e ispirazione visiva firmata da uno smagliante Vincente Minnelli, qui all’apice del proprio virtuosismo registico. Una scintillante giostra che il regista manipola a suo legittimo piacimento, un porta-gioie con meravigliose sequenze oniriche e un numero musicale conclusivo di quasi venti imponenti minuti girato con grazia e indicibile raffinatezza. Senza trascurare, inoltre, tutto il talento che gli sta attorno, a partire dai primordi: il film si ispira all’omonimo poema sinfonico (1928) di George Gershwin, le cui musiche (con parole del fratello Ira e aggiunte non accreditate di Saul Chaplin) reggono il vigoroso impianto stereofonico della meravigliosa operazione. Un luminoso modello di carezzevole sentimentalismo e irrefrenabile gioia di vivere.
Fonte: Ansa


