Scenes from the Life of Andy Warhol: quando Jonas Mekas immortalò il re della Pop Art
25/07/2020
A Jonas Mekas piaceva osservare la gente. Nato in Lituania nel 1922 e arrivato in America – New York, per la precisione – negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, Mekas nasce come poeta, ma, appena sbarcato Oltreoceano, si munisce di una camera Bolex e inizia a fissare su nastro immagini su immagini. Prima, sono scene della propria quotidianità; poi, si concentra sulle vite delle persone che gli stanno attorno: esponenti dell’avanguardia artistica newyorchese, famigliari, amici. Il ronzio della macchina da presa accompagna oziose serate di chiacchiere, cene a base di “dumplings” (la versione internazionale degli gnocchi), estati sulla spiaggia di Montauk (Long Island, NY). La filmografia di Mekas assume i contorni della diaristica personale senza mai abbandonare tecniche di montaggio, e ripresa, stranianti.
Cambi di passo, giochi di saturazione, uso sapiente di musiche e silenzi a sottolineare i ritmi della (non-)narrazione. Elementi tipici dello stile di Mekas, e che si possono ritrovare anche ne Scenes from the Life of Andy Warhol (1990), disponibile, insieme a un’ampia selezione di lavori del regista, sulla piattaforma di streaming MUBI. Spaziando tra gli Anni Sessanta e Ottanta, il corto di Mekas (la durata è di soli 36 minuti), come dichiarato nel titolo, prende le vesti di un album di famiglia. Una collezione di momenti e di volti per aprire inediti spiragli sulla vita di Andy Warhol, stretto amico di Mekas e padrino della Pop Art. Fa sorridere, vedere colui che tramutò in icona il ritratto di Marilyn Monroe dall’altra parte dello schermo.

Ma l’obiettivo di Mekas non è creare, come nell’arte di Warhol, una proliferazione di immagini affascinanti e inquietanti allo stesso tempo. Piuttosto, il regista scava nel proprio (documentato) vissuto e allinea ricordi strizzando l’occhio al libero flusso delle associazioni oniriche. Scomparso Warhol nel 1987, dell’amico Andy rimangono sequenze spezzate di immagini che, come sottolineato da una delle didascalie che il regista inserisce a contestualizzare il montato, sono solo ricordi. Lontano dall’essere un prodotto a uso personale di Mekas, Scenes from the Life of Andy Warhol coinvolge e catapulta intimamente lo spettatore nelle esistenze degli altri. “Questo è un documentario”, afferma a un certo punto una didascalia, solo per essere smentita dopo poco da una seconda affermazione: “Questo non è un documentario”.


Hitchcock diceva che il cinema era uguale alla vita, ma senza i pezzi noiosi dove nulla succede. Il film di Mekas ribalta questa frase e sottolinea l’importanza dei momenti inutili, non quelli non funzionali alle logiche della pellicola, bensì quelli in cui l’occhio della cinepresa altro non fa se non mostrare. Lo sguardo del regista è umano: un cine-occhio che, però, tradisce l’origine umana del suo osservatore. Scenes from the Life od Andy Warhol è, e non è, allo stesso tempo, un documentario. Innegabilmente, il film registra situazioni realmente accadute. Eppure la sua portata ricca, sottilmente lirica scardina le aspettative e genera empatia partendo da una semplice, fattuale constatazione: un amico ci ha lasciato. E questo è parte di ciò che è rimasto.

Elisa Teneggi
Cambi di passo, giochi di saturazione, uso sapiente di musiche e silenzi a sottolineare i ritmi della (non-)narrazione. Elementi tipici dello stile di Mekas, e che si possono ritrovare anche ne Scenes from the Life of Andy Warhol (1990), disponibile, insieme a un’ampia selezione di lavori del regista, sulla piattaforma di streaming MUBI. Spaziando tra gli Anni Sessanta e Ottanta, il corto di Mekas (la durata è di soli 36 minuti), come dichiarato nel titolo, prende le vesti di un album di famiglia. Una collezione di momenti e di volti per aprire inediti spiragli sulla vita di Andy Warhol, stretto amico di Mekas e padrino della Pop Art. Fa sorridere, vedere colui che tramutò in icona il ritratto di Marilyn Monroe dall’altra parte dello schermo.

Ma l’obiettivo di Mekas non è creare, come nell’arte di Warhol, una proliferazione di immagini affascinanti e inquietanti allo stesso tempo. Piuttosto, il regista scava nel proprio (documentato) vissuto e allinea ricordi strizzando l’occhio al libero flusso delle associazioni oniriche. Scomparso Warhol nel 1987, dell’amico Andy rimangono sequenze spezzate di immagini che, come sottolineato da una delle didascalie che il regista inserisce a contestualizzare il montato, sono solo ricordi. Lontano dall’essere un prodotto a uso personale di Mekas, Scenes from the Life of Andy Warhol coinvolge e catapulta intimamente lo spettatore nelle esistenze degli altri. “Questo è un documentario”, afferma a un certo punto una didascalia, solo per essere smentita dopo poco da una seconda affermazione: “Questo non è un documentario”.


Hitchcock diceva che il cinema era uguale alla vita, ma senza i pezzi noiosi dove nulla succede. Il film di Mekas ribalta questa frase e sottolinea l’importanza dei momenti inutili, non quelli non funzionali alle logiche della pellicola, bensì quelli in cui l’occhio della cinepresa altro non fa se non mostrare. Lo sguardo del regista è umano: un cine-occhio che, però, tradisce l’origine umana del suo osservatore. Scenes from the Life od Andy Warhol è, e non è, allo stesso tempo, un documentario. Innegabilmente, il film registra situazioni realmente accadute. Eppure la sua portata ricca, sottilmente lirica scardina le aspettative e genera empatia partendo da una semplice, fattuale constatazione: un amico ci ha lasciato. E questo è parte di ciò che è rimasto.

Elisa Teneggi