
Da domani arriverà nelle sale italiane Rifkin’s Festival, il suo quarantanovesimo film. Per l’occasione, Woody Allen ha rilasciato interviste via Zoom anche a giornali italiani come La Stampa e la Repubblica.
Il protagonista del suo nuovissimo film, interpretato da Wallace Shawn, è un ex docente cinematografico nel pieno di un blocco creativo che gli impedisce di scrivere il suo primo romanzo: “Wallace Shawn è già apparso in altri miei film. All’inizio avevo in mente un attore più giovane di lui, poi però ho pensato che per uno cresciuto con il cinema europeo ci voleva uno con più anni, come me, anche se lui ne ha dieci in meno. I protagonisti delle mie storie hanno sempre qualche tratto della mia personalità: anche se non sono io a portarli sullo schermo mi sono familiari, ritrovo dubbi, ansie, umorismo” ha raccontato Allen.

Come sappiamo, tra i suoi artisti più amati ci sono alcuni dei più grandi registi del cinema europeo: Fellini e Bergman, ad esempio, sono da sempre citati dal regista americano come massime ispirazioni. Non a caso, anche questo film è ambientato in Europa: “Dopo la seconda guerra mondiale il cinema europeo era più maturo e innovativo dal punto di vista artistico. In Usa il cinema era ancora infantile, guidato principalmente dalla logica dei profitti. I film europei erano quindi più amati, per la tecnica e per i temi affrontati. Sono cresciuto in quell’epoca, quando tutti volevano vedere i film europei e non americani.”
Il regista si è detto felice per l’uscita in sala del suo film, riflettendo sulle nuove forme di fruizione cinematografica: “Sono cresciuto così, per me il modo corretto e più godibile di vedere i film è andare al cinema seduto con centinaia di persone davanti a uno schermo gigante. Vedere Il Padrino sul cellulare o in tv o al pc da solo sul divano significa negare l’intera estetica del cinema.”
A proposito dell’emergenza sanitaria, Allen ha svelato che la sua vita non è particolarmente cambiata: “Per me non è cambiato molto. Mi alzo la mattina, resto a casa, scrivo, cammino sul tapis roulant, suono il clarinetto, guardo il baseball in tv. Il mio è un lavoro solitario e domestico. Mi sono giusto mancati gli incontri con gli amici al ristorante.”

L’instancabile Allen, nel frattempo, è già pronto per il suo cinquantesimo film: “È già pronto. Avrei dovuto girarlo l’anno scorso a Parigi, ma il Covid ha cambiato i piani, appena sarà possibile lo riprenderemo. Non posso svelare molto. Sarà un film sulla falsariga, in senso generale, di Match Point. Un’idea che funziona in una città europea come Parigi. Spero che il pubblico lo apprezzerà. Faccio del mio meglio e sono fortunato: in cinquant’anni di carriera il pubblico finora si è quasi sempre divertito.”