Workshop di critica - 1a edizione: le recensioni dei partecipanti
06/03/2017

Sabato 25 Febbraio, abbiamo ospitato alcuni utenti interessati a imparare a scrivere una recensione. Abbiamo proposto loro un workshop intensivo di quattro ore in cui imparare a strutturare una critica e mettersi alla prova con l’analisi di un film.

Riportiamo di seguito i lavori dei partecipanti che si sono cimentati con la scrittura:

MILLION DOLLAR BABY, di Clint Eastwood

Il pugilato è coraggio, sudore, sofferenza e sacrificio. Poche parole che descrivono il concetto di vita secondo Eastwood. Frankie, manager e allenatore di boxe, ha come unico amico Scrap, anche lui ex atleta, con cui gestisce una palestra. La vita dura e difficile che conduce verrà sconvolta all’improvviso da una trentenne motivata in cerca di riscatto, sia sociale che famigliare. Nonostante le divergenze inziali, nulla impedirà a Maggie di essere la sua (migliore) allieva; i due instaureranno un legame unico, come tra padre e figlia. Grazie a Frankie, Maggie acquisirà una sicurezza tale da permetterle di vincere tutti gli incontri e di lottare per quello che ha sempre sognato: diventare una campionessa. Tuttavia, si renderà conto molto presto che la posta in palio sarà davvero alta…
Eastwood dirige e interpreta un film capace di emozionare, appassionare e commuovere. Il ring si trasforma in una metafora sull’esistenza, che tratta uno degli argomenti più discussi e attuali: l’eutanasia. Si racconta di persone che sanno a chi e a cosa vanno incontro, persone che scelgono e che convivono con le conseguenze degli errori commessi. Il protagonista ora lo sa bene, la torta al limone ha un sapore più amaro del normale.

Andrea Carnemolla

 

ANIMALI NOTTURNI, di Tom Ford

Susan (Amy Adams) è una donna di successo che gestisce una galleria d’arte a Los Angeles. Vive in una elegante villa con Hutton (Armie Hammer), affermato uomo d’affari. Il loro matrimonio è in crisi e poco prima della partenza per lavoro di Hutton, Susan riceve un libro da parte dell’ex marito Edward (Jake Gyllenhaal). È la prima bozza di un romanzo intitolato “Animali Notturniâ€, scritto dallo stesso Edward e a lei dedicato. Il manoscritto, che narra delle tragiche vicissitudini di Tony (Jake Gyllenhaal) e la sua famiglia, travolgerà Susan e la porterà a rivivere e riconsiderare il suo passato.
Sono queste le premesse del thriller psicologico diretto da Tom Ford, noto stilista texano classe ‘61. Animali Notturni si svolge su tre piani narrativi splendidamente messi in scena e raccordati da un’attenta regia: il triste presente di Susan, il “maledetto†passato con Edward e l’agghiacciante finzione del romanzo ambientato nel deserto Americano. Tre fili che nel dipanarsi creano un continuo gioco di rimandi e parallelismi. I dubbi di Susan sulla fedeltà di Hutton e sul futuro del suo matrimonio si legano alla notte carica di tensione e ansia di una famiglia in balia di tre poco di buono raccontata nella prima parte del romanzo, le terrorizzanti suggestioni causate dal libro risvegliano tormentati ricordi della rottura con Edward, infine, la buia solitudine di Susan si specchia nella devastata e altrettanto solitaria storia di Tony narrata nella seconda parte del romanzo. L’alternarsi di queste tre intrecci non solo è fluido, merito di un ottimo montaggio, ma è soprattutto funzionale all’economia di una pellicola che riesce a mantenere alta la suspense e la curiosità dello spettatore anche a pochi minuti prima dall’arrivo dei titoli di coda.
La cupa ed elegante estetica di Tom Ford e il simbolismo in alcuni frangenti troppo sbandierato (la goccia di sangue delle primissime scene e l’imponente scritta “revenge†per citare i casi più espliciti) potrebbero far scivolare Animali Notturni in un noioso baratro, quello di un pretenzioso film di critica alla snob upperclass americana. Certo, il messaggio di sfiducia nei valori occidentali-protestanti che individuano nella carriera e nel denaro l’unico possibile successo nella vita è netto. Il film però si spinge oltre e affronta il tema con originalità e vigore.
Parliamo dei personaggi “buoni†del romanzo, di Tony e di Bobby (Michael Shannon). Dopo che la sua famiglia è vittima di tragici eventi, Tony è un uomo distrutto, la cui unica ragione di vita è ottenere giustizia. Ad aiutarlo c’è il detective Bobby Andes, un uomo solo al mondo, disposto anche a piegare la legge per punire i criminali. Sarà Andes, come uno spirito guida, a guidare Tony nel percorso da cittadino indifeso e pacifico a uomo forte e determinato. Non è però una trasformazione eroica quella a cui assistiamo, quanto una corruzione necessaria per sopravvivere. Tony (come Edward) è stato “punito†dal mondo e dalla società (e da Susan) per il suo essere docile e poco sicuro di sé. Per riscattarsi è costretto a cedere anch’egli alla violenza (fisica nel romanzo e psicologica nella realtà). Non ottiene quindi una rivincita ma piuttosto perpetra una vendetta, pagando, per altro, un altissimo prezzo.

Giorgio Fighera

 

MOULIN ROUGE!, di Baz Luhrmann

“Fratelli, a un tempo stesso, AMORE e MORTE ingenerò la sorte†– Giacomo Leopardi

A ormai sedici anni dalla sua uscita questo film resta una pietra splendente nella storia del cinema, se ancora all’ultima edizione degli Academy Awards di quest’anno è stato votato dal pubblico di Sky Cinema come il miglior musical di ogni tempo. Vincitore nel 2002 di due Oscar su otto nomination, ha ricevuto diversi premi e candidature, e Satine, stella del Moulin Rouge, resta ancora per la stessa Kidman il personaggio preferito da lei interpretato, come anche affermato in una recente intervista al Festival di Sanremo dello scorso anno.
Film anomalo per più ragioni, unisce a personaggi inventati altri realmente esistiti, fra cui spicca la figura del grande artista bohémien Toulouse-Lautrec (interpretato da John Leguizamo) – quasi coscienza di tutto il film, incarnando appieno le parole chiave che attraversano tutta la storia: Libertà – Bellezza – Verità – Amore, e comprende una colonna sonora che rivisita alcuni brani storici della musica pop (fra cui David Bowie), magistralmente interpretati da Nicole Kidman e Ewan McGregor, che raccontano una storia di amore oltre ogni tempo.
Muovendosi fra il presente dello scrittore Christian, che racconta i fatti successi un anno prima, ai tempi dell’estate dell’amore bohèmien di fine ‘800, e il passato sfarzoso del Moulin Rouge, fra balli, danze, canti spettacolari e anche surreali, con una velocità manipolata in ralenti e accelerato alternati, e con costumi a colori caldi, ben rappresentanti lo spirito del locale parigino, alla logica dell’amore per denaro e dello spettacolo che comunque e sempre deve andare avanti – leitmotiv diventa THE SHOW MUST GO ON -, mescola momenti di forte intensità emotiva in cui alla coralità si sostituiscono i primi piani dei due protagonisti e del loro amore, ostacolato in un crescendo di gioia duramente tenuta nascosta per obbedire alle regole dello show e di sofferenza/gelosia fino allo spettacolo finale stile Bollywood: chi verrà scelto dalla cortigiana Satine fra il ricco duca-maraja e il poeta-suonatore di sitar squattrinato?
Alla fine prevarrà una forza più oscura della gelosia e più forte dell’amore…
Comunque vada questo è il grande messaggio del film: la cosa più grande che si possa imparare è amare e lasciarsi amare…Un film che a distanza di anni non ha mai smesso di brillare, come lo splendore dei diamanti più pregiati.

Matteo Sisti

 

BUFFALO ’66, di Vincent Gallo

Billy Brown (Vincent Gallo) esce di prigione dopo cinque anni, condannato per un crimine mai commesso. Prima di entrare in carcere, l’uomo scommette un’ingente somma di denaro sulla vittoria dei Buffalo Bills al SuperBowl. Nei minuti finali della partita il giocatore Scott Wood sbaglia un tiro che condanna la squadra alla sconfitta e Billy a pagare una cifra che non possiede. Scopre in seguito che Wood era stato pagato per sbagliare il tiro di proposito. Una volta in libertà, Billy decide di cercare il giocatore e ucciderlo. I suoi piani di vendetta vengono stravolti dall’incontro con Layla (Christina Ricci), una timida ragazza stralunata. Il protagonista decide di rapirla, tentando di farla passare per la sua fidanzata agli occhi dei genitori, totalmente ignari del suo passato criminoso. Tra i due nascerà un insolito e profondo legame sentimentale.
Nevrotico film d’autore, Buffalo ’66 (1998) è il primo lungometraggio scritto, diretto, interpretato e musicato dall’eccentrico Vincent Gallo. Un film per certi aspetti “vansantianoâ€, fortemente autobiografico. Così come Van Sant ha ambientato i suoi lavori più rappresentativi nella città natale di Portland, Gallo sceglie di ambientare gli eventi nella Buffalo della sua infanzia. Il film parla con le immagini, i dialoghi sono minimali e ridotti all’osso. Una scelta narrativa che Gallo ripresenterà ancora più marcatamente nel lungometraggio The Brown Bunny (2003).
Un film lontano dagli standard hollywoodiani, dove i classici canoni della love story vengono completamenti ribaltati. In Buffalo ’66 Billy e Layla fanno i conti con la propria emarginazione sociale. È grazie alla loro solitudine che i due protagonisti si avvicinano, si legano e si salvano a vicenda. La malinconia è la chiave su cui si basa questo rapporto, il punto d’incontro tra due anime tristi e solitarie.
Buffalo ‘66 racconta una storia delicata e poetica che si svolge su uno sfondo triste e deprimente, dai tratti quasi grotteschi. I genitori di Billy, il padre pervertito (Ben Gazzara) e la madre (Anjelica Huston) ossessionata dal football, fanno da cornice a questa realtà tragicomica.
Il film è un piccolo gioiello del cinema indipendente americano. La scena finale, tra il noir e l’onirico, mette in mostra il talento stilistico dell’autore, che a volte si affida all’improvvisazione e non abbandona mai la sua vena di autentica follia, dando al film un’impronta unica e originale che non sfocia mai nello scontato.

Leonardo Ferrari

 

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