News
10 gangster movies impossibili da dimenticare

Compie oggi 60 anni La vendetta del gangster (1961), diretto da Samuel Fuller. Pellicola dall’atmosfera cupa, da cui trapela un nichilismo senza speranza. Fuller ci propone un’analisi chirurgica del sottobosco criminale, ridando nuova vita al genere noir attraverso una storia di vendetta. Opera che, pur richiamando i film degli anni Quaranta, riesce a proporre un chiaro spaccato degli anni Sessanta proprio grazie alla rappresentazione della malavita organizzata come sindacato del crimine. In occasione di questa ricorrenza vogliamo proporvi i 10 film gangster che hanno fatto la storia della settima arte.

Le notti di Chicago (1927), diretto da Josef von Sternberg. Uno dei primi film del nascente genere gangster. Il cineasta di origine austriaca sa unire una dimensione vagamente onirica a un romanticismo malinconico e fatalista, imprimendo così alla narrazione un tono dolente. su tutto aleggia un'atmosfera da tragedia imminente, accentuata da un sapiente gioco di luci e ombre che dà alla narrazione un'aura cupa e fantasmatica.




Scarface – Lo sfregiato (1932), diretto da Howard Hawks. Uno dei capostipiti, nonché uno dei riferimenti assoluti, del gangster-movie: un film destinato a segnare la storia non solo di un genere specifico, bensì del cinema americano in toto. La pellicola afferma la possibilità di raccontare in modo ambiguo, trasversale e non moralmente schierato, la storia di uno o più criminali destinati a diventare magnetici antieroi.

 



Gangster story (1967), diretto da Arthur Penn. Film che ha inaugurato la stagione della New Hollywood. Tratto dai veri fatti di cronaca della Banda Barrow e arricchito da un taglio visivo vigoroso e aguzzo, di grande incisività e potenza.



Il padrino (1972), diretto da Francis Ford Coppola. La pellicola ha influenzato tutto il cinema successivo sui gangster e anche, paradossalmente, il reale mondo della criminalità, che ha cercato di emulare le gesta dei Corleone nell'estetica e negli atteggiamenti. Lugubre e solenne tragedia shakespeariana, dal ritmo sostenuto e dall'atmosfera cupissima, il film di Coppola è un'acuta riflessione sulla permeabilità del male come forza endemica che riesce a insinuarsi anche tra le maglie degli animi all'apparenza più miti e insospettabili.




Il padrino - Parte II (1974), diretto da Francis Ford Coppola. Film in cui i riti, i meccanismi e le regole della famiglia Corleone si fanno metafora complessa e astratta del potere capitalistico nella sua accezione più metafisica e assoluta. Non c'è differenza di sorta tra Mafia e Capitalismo, nel film di Coppola, in quanto entrambi sono meccanismi socioeconomici che impongono un servizio non richiesto per poi eliminare chi lo rifiuta e ridurre in sostanziale schiavitù chi se ne avvale.




C’era una volta in America (1984), diretto da Sergio Leone. L’opera che Leone sognò per tutta la vita, un testamento definitivo e una celebrazione dell'immaginario cinematografico americano: quarant'anni di storia tra amore, morte, amicizia, tradimenti e violenza, affrontati da uno sguardo lucido e sincero, attraverso un omaggio (che diventa ricodificazione) al genere del gangster movie.




Quei bravi ragazzi (1990), diretto da Martin Scorsese. Attraverso il racconto di trent'anni di storia della malavita italoamericanana, Scorsese ci propone una lucidissima analisi di un micromondo che ospita esseri di infinita meschinità e ormai privi di alcun senso dell'onore, un affresco socioculturale con dialoghi di sorprendente naturalismo che vanno ben oltre lo stereotipo etnico.



Bullet in the Head
(1990), diretto da John Woo. Sfumando i confini del cinema di genere (gangster-movie, action, film di guerra), il regista costruisce un immenso e crudele racconto sulla perdita dell'innocenza e sull'avidità umana. A una complessità drammaturgica che dona alla pellicola il sapore di un affresco tragico e straziante, si accompagnano uno stile iperrealista e dosi di massacri inaudite per gli standard occidentali, tra vendette e atrocità belliche.




Gomorra (2008), diretto da Matteo Garrone. Uno dei più grandi film italiani del decennio, una discesa agli inferi priva di sconti che tratteggia un intero Mondo rovesciato, quello della camorra, di rado raccontato con questa lineare onestà e spietata brutalità dal cinema, per non parlare dei media istituzionali, sempre in bilico tra stereotipia e approssimazione.




The Irishman (2019), diretto da Martin Scorsese. Vero e proprio canto funebre di Scorsese nei confronti del mafia-movie, genere che ha rappresentato una tappa importante della sua carriera, e non solo. Un estremo saluto a un tipo di cinema che non c’è più, accompagnato dai volti che hanno fatto grande proprio quel suo tipo di cinema: da De Niro a Pesci, passando anche per Harvey Keitel, fino ad arrivare al “padrino” Al Pacino.

Simone Manciulli

Maximal Interjector
Browser non supportato.