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I 5 migliori film di Olivier Assayas

Olivier Assayas è uno dei massimi eredi della tradizione della Nouvelle Vague, un ex critico dei Cahiers du cinéma e un acutissimo pensatore di cinema, oltre che un regista multiforme, eclettico, dallo sguardo da sempre giovane e aperto alla molteplicità dei formati e delle pratiche. 

In occasione del compleanno di Assayas, nato il 25 gennaio 1955, vi proponiamo una classifica con i suoi 5 titoli più belli!



5) L’heure d’été




Olivier Assayas ha spesso posto, al centro della sua poetica, il tempo e le sue implicazioni, lavorando sulla nostalgia e sul rimpianto in modo stimolante e non banale, analizzandone l’origine e le ricadute. Ne L’heure d’été tale aspetto è sviluppato in maniera impeccabile e fascinosa, con una narrazione avvolgente e sfaccettata, che concede il giusto spazio a una cura formale densa di significato, e che prende corpo attraverso le riflessioni legate al passato come luogo depositario della memoria, come archivio denso di sollecitazioni.


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4) Les destinées sentimentales




Tratto da un romanzo di Jacques Chardonne, è un inconsueto, inclassificabile film in costume probabilmente in bilico tra scivolone d’autore e capolavoro assoluto, capace però di una tale forza espressiva da spingere costantemente l’asticella verso il secondo dei due poli. Olivier Assayas, ancor prima che un regista, è stato un critico, incarnando uno dei rarissimi casi, persistenti a cavallo tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, in cui le due attività riescono a coesistere senza produrre laceranti scissioni d’identità e personalità. Sospeso, come si è giustamente scritto, tra porcellana e cognac, con punte eccezionali di languore («L’amore… non c’è nient’altro che l’amore nella vita… niente» è una delle frasi che fa da commiato struggente all’opera).


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3) Qualcosa nell’aria




Assayas torna sul lugo del delitto de L’eau froide (1994), ma il suo non è un semplice aggiornamento all’insegna di una più marcata maturità artistica. In Qualcosa nell’aria il regista prosegue infatti sulla scia intrapresa più di recente con Carlos (2010), e del Sessantotto non ci mostra tanto le contraddizioni interne e i soliti abusati luoghi comuni, quanto gli echi successivi, i postumi e le scorie rimaste addosso a chi era già nato ma ha dovuto scontare il peccato mortale di non aver potuto vivere direttamente quel momento irripetibile. Il suo “dopo maggio”, come recita emblematicamente il titolo originale, è per forza di cose malinconico, ma dietro lo spaesamento esistenziale dei giovani dell’epoca (perfettamente rispecchiati in dei volti scelti meravigliosamente) non esita a tirare stoccate alla società e a riflettere in filigrana su un intero periodo storico.


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2) L’eau froide




Quella di Olivier Assayas è una sinfonia coinvolta e partecipe in cui si respira l’odore inconfondibile di una giovinezza piena di visioni incontaminate e sguardi affamati, di aspirazioni scapigliate e scomposte, di speranze travolgenti e utopie trascinanti. Un paio di sequenze sono girate in modo magistrale e appaiono emblematiche di una spontaneità di fondo mai costruita, urgente e in grado di colpire direttamente al cuore con la sua purezza. Primo ruolo da protagonista per la già magnetica e bellissima Virginie Ledoyen. Colonna sonora di Bob Dylan, Nico, Alice Cooper, Janis Joplin.


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1) Sils Maria




Stupisce come il cinema di Olivier Assayas si sia spogliato negli anni di qualsiasi orpello, per abbracciare una limpidezza assoluta e sempre più nitida, perfettamente in linea con una profondità capace di sporcarsi le mani, in questo caso, anche con le complesse ramificazioni del mondo contemporaneo. La leggerezza di Assayas sembra senza peso, come le nuvole che attraversano il passo del Maloja in un bellissimo passaggio figurativo del film, ma possiede una consistenza tutta sua, concretissima e necessaria. Ciò che è stato, e ciò che è, dibattono dentro il film determinando rancori e sparizioni, dialoghi raffinatamente cesellati e sequenze d’impatto. L’ultima inquadratura, e in generale tutta l’ultima scena, certificano l’irreversibilità del passaggio di testimone più importante: nel futuro, piaccia o no, ci sarà sempre meno spazio per le sfumature.


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