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Greta Garbo e Marlene Dietrich – Il fascino della seduzione negli anni '30
Greta Garbo e Marlene Dietrich, due inimitabili miti cinematografici, due dive tormentate immerse nei lustrini della Golden Age hollywoodiana, due magnetiche icone entrate nel mito. E, proprio negli anni '30, le due star per eccellenza si contendevano le platee di tutto il mondo, a suon di memorabili personaggi carichi di ambigua sensualità, di spirito anticonformista e di misteriosa malinconia, dando vita a una rivalità entrata nella storia.

Perché, allora, non proporre un "match" tra la Divina Garbo e Marlene Dietrich, attraverso i fotogrammi più belli dei loro film più iconici degli anni '30?

I MAGNIFICI 5 DI GRETA GARBO

Mata Hari di George Fitzmaurice (1931)



Ispirato alla vita di Mata Hari, celebre spia-danzatrice di origini olandesi, il film ha ottenuto, con il passare degli anni, lo status di cult grazie alla fascinosa presenza della sua protagonista, una Greta Garbo agghindata a lusso e in notevole forma, nonostante la pellicola sia un'esile avventura spionistica distante dalle sue corde abituali.

La regina Cristina di Rouben Mamoulian (1933)

 
Dopo aver interpretato Mata Hari, Greta Garbo, qui in una delle sue prove migliori, torna a vestire i panni di un personaggio storico. Ambientato nel XVII secolo, il film racconta di un mondo (quello del potere) prettamente fallocentrico, in cui la protagonista, per guadagnare maggiore autorevolezza, indossa abiti maschili e assume attitudini ben poco femminili. Ma è soltanto una posa, poiché, di fronte all'uomo amato, il lato femminile esce allo scoperto e la porta a trasgredire le norme di comportamento salde fino a quel giorno.

Anna Karenina di Clarence Brown (1935)



Se paragonato alla potenza delle pagine letterarie di Lev Tolstoj, il film è decisamente innocuo, ma i tempi di montaggio sono puntuali, la sceneggiatura efficace e, soprattutto, la Garbo è perfetta nel vestire i panni dell'eroina tormentata. Miglior film straniero alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia del 1935.

Margherita Gauthier di George Cukor (1936)



Uno struggente melodramma, tratto dal dramma La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, che commuove senza eccessi retorici e che appassiona dal primo all'ultimo minuto, grazie alla raffinata messinscena di George Cukor e all'intensa performance di una Greta Garbo all'apice della sua ispirazione artistica. Romanticismo d'altri tempi e confezione impeccabile.

Ninotchka di Ernst Lubitsch (1939)



«La Garbo ride!». Commedia romantica dal ritmo indiavolato, dalla straordinaria inventiva comica e dalla sempre pungente ironia, che prescinde da qualsiasi pretestuosa lettura antisovietica o pro-capitalista, Ninotchka è la quintessenza del cinema di Ernst Lubitsch, maestro assoluto dal tocco leggero e inconfondibile che qui gioca sapientemente con l'icona Garbo, prima parodiandola e poi reinventandola. Sceneggiatura di Charles Brackett, Walter Reisch e Billy Wilder. Un capolavoro da vedere e rivedere.

I MAGNIFICI 5 DI MARLENE DIETRICH

L'angelo azzurro di Josef von Sternberg (1930)



Primo lungometraggio del sodalizio artistico tra Josef von Sternberg e Marlene Dietrich, opera che lanciò l'attrice come diva internazionale e icona destinata a restare indelebilmente impressa nell'immaginario collettivo. Attraverso audaci inquadrature di taglio espressionista, che spesso la riprendono dal basso verso l'alto come una sorta di sfuggente divinità da adorare, la Dietrich è una memorabile Lola, danzatrice dalla notevole tensione erotica e dal fascino misterioso.

Shanghai Express di Josef von Sternberg (1932)



Il film commercialmente più fortunato dei sette firmati dal duo von Sternberg-Dietrich è una radicalizzazione del concetto di ricostruzione fittizia che sta alla base dell'idea di cinema del regista austriaco. La Cina di questa pellicola è visibilmente posticcia, sfacciatamente falsa (costruita in studio) e centrata metafora sul ruolo dell'apparenza nel vissuto di ogni giorno e nella produzione cinematografica.  Attraverso la fotografia di Lee Garnes (premiata con l'Oscar), von Sternberg esalta l'erotismo enigmatico e inafferrabile della Dietrich, che interpreta la indimenticabile prostituta Shanghai Lily, utilizzando il suo volto come una vera e propria tavolozza emozionale grazie anche al sapiente uso di luci, ombre e primi piani.

L'imperatrice Caterina di Josef von Sternberg (1934)



Il film in cui il barocchismo di von Sternberg raggiunge livelli decisamente radicali e diventa mezzo espressivo attraverso cui descrivere la potenza dell'erotismo come strumento di manipolazione e di esercizio dell'autorità. Il potere sessuale e quello politico sono quindi strettamente legati tra loro, Caterina, una Marlene Dietrich all'apice della forma, usa la propria carica sensuale per affermarsi e rivendicare il proprio ruolo in un mondo crudele e corrotto, mentre la narrazione è permeata da simbolismi arditi e piuttosto espliciti che manifestano il ruolo preponderante dell'eros e ne mettono in evidenza gli aspetti più seducenti e ambigui. Le scenografie eccessive ed espressioniste, la stilizzazione estrema, la cura maniacale dell'illuminazione, la messa in scena visivamente magniloquente e caratterizzata da complessi (e insoliti per l'epoca) movimenti di macchina permettono a von Sternberg di confezionare un'opera astratta e sperimentale, delirante e vagamente onirica, riflessione sulla ferocia della natura umana, predisposta alla prevaricazione e a nascondere tale inclinazione dietro una facciata di pomposa artificiosità. Capolavoro.

Desiderio di Frank Borzage (1936)



Conosciuto in Italia anche con il titolo di Canaglie di lusso, Desiderio è una commedia sentimentale prodotta e supervisionata da Ernst Lubitsch: il suo tocco, divenuto proverbiale, è infatti palese in una pellicola dal ritmo serrato e dall'andamento scoppiettante e irresistibile, oltre che spassionatamente divertente. Una chicca di gran classe, magnificamente interpretata da Marlene Dietrich e Gary Cooper, che mette in gioco, con perizia sopraffina, una parodia per profilare le differenze tra americani, ingenui e bonaccioni, ed europei, cinici e furbi, che con il loro fascino potrebbero abbindolare chiunque.

Angelo di Ernst Lubitsch (1937)



Lubitsch, al suo meglio, in questa meravigliosa pellicola porta alle estreme conseguenze il gioco delle allusioni e del non detto, dando vita a un melodramma in cui le reazioni emotive e gli impulsi passionali sono pressoché negati, confinati nel fuori campo. Un manuale di regia e sceneggiatura, da studiare e ammirare. Straordinario per la sua modernità, il film è un congegno perfetto nel teorizzare il rapporto di coppia (e del ménage à trois), l'ossessione per il desiderio e il significato del sentimento amoroso. Enigmatico e sfuggente, con una sequenza finale entrata nella storia del cinema. Marlene Dietrich, magnetica come non mai, è una presenza indimenticabile, ma Herbert Marshall e Melvyn Douglas non le sono da meno.

Davide Dubinelli 
Maximal Interjector
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