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Baby 3: le nostre riflessioni sull'ultima stagione

Scattami una foto sì sono una modella
sfila sul mio corpo sì come in passerella
di notte vanitosa, di mattina aggressiva
di giorno una monella e una bambina cattiva






Cala il sipario sulle baby squillo dei Parioli: giunta alla terza stagione, la serie originale Netflix dedicata allo scandalo che nel 2013 sconvolse la Capitale – e l’Italia intera – è giunta al termine. Per fortuna.

Per quanto l’ultimo capitolo di Baby vada a colorarsi di tinte decisamente più accattivanti rispetto ai due precedenti, la “scandalosa” creatura Netflix non riesce infatti a lasciare il segno come auspicato (?). È l’ennesimo buco nell’acqua per la costola italiana del colosso streaming: fatta eccezione per la fortunata – ma comunque imperfetta – Suburra, Netflix Italia sembra confermare ancora una volta la propria incapacità a sfornare prodotti che si elevino oltre la mediocrità. Alcuni dei quali, peraltro, sono già stati cancellati (vedi Luna Nera) o parrebbero in procinto di chiudere i battenti.






Certe volte per riuscire ad andare avanti, bisogna tornare indietro





Dove eravamo rimasti? Servendoci di uno degli aforismi più dozzinali di questa terza stagione facciamo un breve recap: messa alle strette da Brando (Mirko Trovato) – il compagno di scuola l’ha ripresa in compagnia di uno dei suoi appuntamenti segreti – Chiara (Benedetta Porcaroli) decide di ricattare a sua volta il ragazzo, filmandone il padre (un Max Tortora riscoperto ancora una volta in efficaci vesti drammatiche) insieme a una baby squillo. Messo a tacere Brando, Chiara può ricongiungersi con Damiano (Riccardo Mandolini), il quale però comincia a sentire puzza di bruciato: basta poco perché il “bad boy” dell’Istituto Collodi scopra la pruriginosa doppia identità della fidanzata. Nel frattempo Ludovica (Alice Pagani), tradita dall’unico adulto del quale aveva deciso di fidarsi, si scopre sempre più vulnerabile. A “salvare” le due ragazze dal baratro interviene Fiore (Giuseooe Maggio) – pappone e "fidanzato" di Ludo – che offre loro maggiore sicurezza sul lavoro in cambio di protezione. È la quiete prima della tempesta: le indagini hanno già preso il via. Di lì a poco lo scandalo delle baby squillo sarà su tutti i giornali. 










Abbandonando le più smaccate dinamiche da teen drama, comunque mai adeguatamente amalgamate con la controparte più hard della vita precocemente e scandalosamente adulta delle due protagoniste, Baby 3 incentra il proprio racconto sulle indagini, il processo (sviscerato, purtroppo, soltanto nell’episodio conclusivo) e lo scandalo mediatico che ne consegue. Immediatamente viene da pensare che, forse, se la serie avesse optato sin dal principio per questa materia narrativa (magari adottando uno sguardo d’inchiesta svecchiato e al passo con i tempi?) il risultato complessivo sarebbe stato più coinvolgente. Trattasi comunque di utopia, conoscendo il target Netflix: un simile racconto, più circoscritto e decisamente meno pop, non avrebbe certo suscitato il medesimo appeal.











Da questo processo dipende il futuro di molte persone






Peccato che la risoluzione - giuridica e affettiva - dell’intera faccenda avvenga in un battito di ciglia, troncando sul nascere qualsiasi coinvolgimento emotivo e confermando la facilità con cui il prodotto in toto ha sempre ceduto all’approssimazione.

Tra archi narrativi sospesi, scambi dialogici alquanto discutibili e involuzioni dei personaggi completamente abbandonate a loro stesse (l’effettiva utilità del personaggio di Damiano onestamente ci sfugge, specie in quest’ultima stagione), Baby 3 ha il pregio (forse l’unico) di prendere di petto una questione che sino a questo momento era stata solo timidamente sfiorata, ovvero la piena consapevolezza delle proprie azioni da parte delle due giovani protagoniste, Chiara in primis.











A me le cose non sono successe, sono stata io a scegliere di farle. Quell'apatia mi faceva sentire adulta






Quella che agli occhi di tutti appare come una vittima percepisce se stessa se non come carnefice, perlomeno come padrona del proprio potere, del proprio corpo, della propria sensualità (emblematica, in questo senso, la scena della masturbazione sullo sfondo di innumerevoli messaggi whatsapp da parte di uomini che la desiderano). 

Piccole note positive a parte (è vero, lo ribadiamo: qualche miglioramento rispetto alle passate stagioni c’è stato), Baby 3 non riesce a svincolarsi dalle ingenuità e dall’anonima emulazione. 

Citazioni velate a Euphoria (il modello è chiaramente lontano anni luce); “sbirri buoni” che si prendono a cuore i destini delle giovani protagoniste (se lo Scialoja di Romanzo Criminale venisse trasferito nella Gubbio di Don Matteo ne uscirebbe l’ispettore Pietro Comini); passaggi stucchevoli al limite della sopportazione (la partita a beach volley durante la quale i protagonisti del Collodi si riscoprono improvvisamente tutti super amici); fughe in macchina sulle note di Achille Lauro (ci spiace, ma la sua Maleducata anziché aggiungere pepe alla minestra finisce per conferirle un gusto pretestuosamente pulp): il collettivo Grams non si concede alcuno sprint finale e ancora una volta non osa.

Il giusto epilogo per un racconto da sempre dimostratosi grossolano e inespressivo. Apprezziamo perlomeno la coerenza.




Viola Franchini

Maximal Interjector
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